Sounds of the Forgotten: anche i WITHERFALL tradiscono il carro di buoi

Sto scrivendo io questo pezzo non solo perché ho avuto sempre grande stima di Dan Swanö, ma anche perché la sua ultima creatura, i Witherscape, ha sfornato due dischi veramente eccezionali. L’ultimo The Northern Sanctuary è ormai del 2016. Ero quindi veramente curioso di ascoltare il nuovo lavoro. Talmente curioso da soffiare la recensione al buon Belardi, che cavallerescamente si era offerto più volte di rimpiazzarmi. Talmente curioso da non rendermi conto che questi si chiamano Witherfall, li mortacci loro. Coi Witherscape e con Swanö, manco a dirlo, non c’entrano ‘na sega, se non il fatto che suonano metal e hanno tutti i capelli lunghi.

Questo quartetto/quintetto di Los Angeles potrebbe essere considerato un “supergruppo”, dato che annovera ex membri di White Wizzard, Into Eternity, Kobra and the Lotus e Circle II Circle. Lo avevo anche già sentito e il primo disco, a dire il vero, mi era anche piaciuto. Nocturnes and Requiems (2017) ci proponeva una band tecnicamente eccelsa, che suonava un thrash/prog metal costellato di shredding e quindi debitore della tradizione neoclassica. I suoni e la produzione non erano però eccessivamente ripuliti, e proprio la grana grezza, “sporca”, della registrazione faceva in modo che il disco non risultasse troppo plasticoso. Evidente, già in questa prima prova in studio, era la funambolica cazzimma dell’istrionico cantante, Joseph Michael, capace di passare teatralmente da un cantato energico e graffiante (con acuti di spessore) a mood più melodici, e accostabile, in quanto a stile, al miglior Rob Halford o a King Diamond. Dopo dei forzati cambi di formazione (il primo batterista, Adam Sagan, è infatti tragicamente deceduto a causa di un linfoma poco dopo la registrazione del primo album) e un altro paio di dischi, eccoci arrivare a questo Sounds of the Forgotten.

Il disco, per mia sfortuna, l’ho sentito tre volte. La cifra stilistica della band è rimasta praticamente immutata. I Witherfall continuano a proporre una miscela di thrash e progressive metal, ma la seconda componente ha preso decisamente il sopravvento. Stilisticamente, e anche dal punto di vista di scelta dei suoni, ora sono molto più vicini ai Nevermore di Dead Heart in a Dead World che ai Queensryche di Operation: Mindcrime, sebbene le canzoni abbiano una durata media di più di cinque minuti (contando anche i tre mini-interludi). Curiosamente, mentre mi documentavo in attesa di ascoltare questo ultimo lavoro, ho notato con un leggero fastidio che i Witherfall hanno pedissequamente avverato l’eventualità di cui mi parlava qualcuno non molto tempo fa in tempi non sospetti. Sounds of the Forgotten è stato preceduto da una smitragliata di singoli: sette, dicasi sette, singoli in cinque mesi. Il disco, compresi tre filler del cazzo, somma in totale dieci pezzi. Fate voi.

Poi, va benissimo, devi attirare la clientela: e niente la attira di più come u pilu, sembrerebbe. Lo possiamo infatti apprezzare nel bruttissimo video di They Will Let You Down nella fattispecie di un pezzo di figa sesquipedale mentre si fa la doccia e viene assassinata (originale). Ma anche in quello di Ceremony of Fire, dove un trio di… streghe esegue qualche rituale del diaulo, assassinando gente e ricevendone una qualche forma di piacere sessuale. Almeno, questo è quello che capisco dalle pose lascive, dagli sguardi languidi e dalle protesi in plastica (originale pure questo). La clientela estesa è attirata dal pilu e dai midtempo (o dai lentoni). E infatti in questo disco ce ne sono ben due (forse anche tre), tutti abbastanza sottotono. Emptiness Unobstructed, che dei Nevermore è il pezzo che più vi si avvicina, gli dà dieci a zero. Ed è uno dei pezzi meno ispirati dei mai troppo compianti Loomis, Dane e soci

Un disco noioso. Grandissima tecnica, come sempre, molta meno teatralità, ma il problema vero è che il tutto si pone al servizio di pezzi pallosissimi. Sopra la grigia media, Opulent (un filler!) e What have you Done?, l’ultimo brano, che ricorda da lontano i fasti del disco d’esordio. Credo che i Witherfall possano decisamente fare molto, molto meglio di così. I dischi precedenti infatti ce li mostrano in tutt’altro formato. Ma, nonostante tutto, validissimo album. Se non altro perché ora tutti, specialmente alla skunkredazione, sanno chi è Eve Marlowe. (Bartolo da Sassoferrato)

7 commenti

  • Parafrasando Marsellus Wallace, questi ce l’avrebbero tranquillamente potuta fare. Ma se non è accaduto in precedenza, con un quarto disco del genere, ormai è tardi.

    Un paio di dati di fatto: su Spotify attualmente hanno una media ascolti mensile che è poco più della metà di quella dei Necrophobic. La Century Media li ha scaricati già da un bel po’. Loro però sostengono che sono stati sfortunati: la pandemia, il tour saltato, lo spray per orsi, l’invasione di cavallette, la gente con le maglie dei ‘Tallica al concerto dei ‘Tallica e la psicosi collettiva che ha colpito pure Jon Schaffer.

    È sempre colpa delle contingenze e degli altri, insomma. Mica te le fai due cazzo di domande. Tipo: come mai Joseph Michael non è più in grado di scrivere due linee vocali in croce che non ti facciano bestemmiare dio? Come cazzo è che si mette a gorgheggiare dissonanze che ti si attaccano allo scroto? Vuoi fare Warrel Dane, certo. Hai pure cantato i suoi brani nei Sanctuary. Ma il risultato è una merda. Lo vogliamo dire? È una merda totale. E non c’entra la tecnica. Sia chiaro.

    E tu, chitarrista coi deliri di onnipotenza del tipo “ma noi, ahahahaha, non si sa bene cosa suoniamo. Mica siamo come gli altri che scelgono una direzione. Noi siamo melodic-dark-metal-salcazzo-nutella-prog-shred-neoclassico con un po’ di spritz alla veneziana”. Mica cazzi, oh.

    Ma datevi una regolata per dio. Che state buttando nel cesso un talento veramente notevole.

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  • Ma blog di belle donne?

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  • Palloso non poco.
    Questi sono quelli da “vorrei ma non posso”.

    Non spostarsi di una singola virgola dalla loro mattonella d’appartenenza lo trovo anche più delittuoso che non scrivere dei pezzi che potrebbero non essere i migliori.

    Il precedente, ascoltato a secco (cioè senza aver sentito i primi due) non mi dispiaque.

    Questo bocciatissimo.

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    • Certo che il disco il disco precedente è infinitamente migliore. C’è un Jim Morris lì, oltre alla supervisione del grassone “patriota” prima della scorreggia definitiva al cervello. Gente che se ti deve mandare affanculo quando canti come un gatto mammone infrocito o quando ti diverti a steccare i ritornelli nella logica del “famolo strano, alla Dane”, lo fa senza problemi.

      Sono anni che se ne parla qua sopra. Aridatece li produttori coi contro-cazzi.

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      • Ah beh, si credo che quei due signori li abbiano avuto un ruolo notevole…
        Il punto è che mi ha stracciato talmente le palle sto disco, che non mi sono proprio soffermato sui dettagli. Secondo me mancano proprio di anima i pezzi, sono banali e fotocopiati prima ancora di essere mal realizzati.

        Detto questo, tutti continuano a parlare di analogie con i Nevermore, ma io le sento poco ste analogie.
        Ci sento dentro molto più heavy classico, molti Iced Earth (più nel precedente invero), ma di Nevermore poco niente.

        Sui produttori che debbano fare il loro lavoro e che servano lo ben so.
        L’omologazione dei prodotti negli ultimi anni non so se è legata alla mancanza di inventiva o alle direttive di chi pubblica (e che deve vendere) o alla mancanza di gente di spessore.

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  • Ma chi poteva stroncare i Witherfall, se non i fini intellettuali di metalskunk??

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