Il ritorno di IHSAHN solista

Il 2024, trentennale del primo disco degli Emperor, vede il ritorno di Ihsahn con un nuovo disco, disponibile dal 16 febbraio sugli scaffali (anche, chiaramente, digitali). Annunciato da qualche mese, l’omonimo album ha chiaramente generato un hype smodato. In parte perché il suo diretto predecessore, Àmr, è stato pubblicato ben sei anni fa (se escludiamo i due mini Telemark e Pharos entrambi usciti nel 2020) e in parte perché lo stesso non ha riscosso poi così ampi consensi.

Ihsahn, a mio modo di vedere, rappresenta un tassello importante all’interno della discografia del Nostro, che lo descrive come il suo lavoro più tecnicamente difficile. Forse per questo risulta sin da subito essere anche uno dei suoi album più intimi, e non mi riesce difficile immaginare che questo nuovo lavoro si imporrà molto facilmente all’interno della sua discografia.

Ora, la scelta di integrare nella musica le parti per una intera orchestra sinfonica non si può certo considerare, oramai, una scelta di per sé innovativa. Ciò che risulta essere già più ardito, però, è la decisione di pubblicare il disco in due versioni completamente diverse. Ihsahn è infatti disponibile nella sua versione “principale”, con i brani cantati e suonati sia da strumentazione elettrica e batteria sia da una intera orchestra sinfonica, e una versione completamente eseguita solo da quest’ultima. C’è da dire che il lavoro fatto in fase di arrangiamento è stato ottimale. La sensazione è quella di sentire veramente due dischi diversi, quando, in realtà, le canzoni sono identiche ma completamente trasfigurate dal lavoro di riarrangiamento. Ho trovato questo esperimento molto più interessante rispetto al processo che ci è capitato osservare in più di una occasione in passato, ovvero band che scelgono di pubblicare un doppio album in cui il secondo disco contiene semplicemente la versione strumentale della medesima musica, privata delle parti vocali. Le note dolenti vengono solamente al momento di metter mano al portafogli: i due album sono venduti separatamente. Quindi, se volete sentirli in cd, doppia stangata sicura (a meno di riedizioni complete). Se invece volete acquistarli nell’unica edizione che li comprende entrambi, dovete puntare a una versione in quadruplo LP, limitata, con un costo non astronomico ma nemmeno indifferente.

Siamo apparentemente lontanissimi dagli Emperor, a cominciare dalla massiccia presenza di voce pulita, ma in realtà mi sembra ravvisare qualche lampo dei loro momenti più sperimentali, e specialmente del concetto musicale che sosteneva Prometheus. Ci muoviamo ancora all’interno degli ambienti musicali della tradizione solista di Ihsahn, quindi quelli di un progressive black metal dalla sonorità modernissime, ma in questo nuovo lavoro spiccano in modo particolare grandi caratteristiche cinematiche. Sebbene il disco proponga composizioni piuttosto complesse, più di Arktis e Das Seelenbrechen, per esempio, la cura e il lavoro certosino in fase di composizione ed esecuzione lo rendono però, apparentemente, più accessibile. Le tendenze progressive sono molto più accentuate, ma nonostante questo i brani si ascoltano con facilità. Non sono faticosi e, soprattutto, integrano perfettamente l’orchestra nelle dinamiche dei pezzi: le parti sinfoniche non sono meri orpelli ma elementi fondamentali di ogni composizione, e contribuiscono in vario modo sia arricchendone il soundstage sia amplificandone la tridimensionalità e la profondità.

Tutti questi elementi sono ben marcati in ogni brano del disco che, sebbene sposti l’asticella della qualità molto in alto, offre un destro agli ascoltatori più critici. Sul versante compositivo mi è sembrato che talvolta, per brevissimi momenti, il songwriting faccia perdere mordente ai brani – non necessariamente un male, ma stiamo comunque parlando di un disco metal – e, sul versante della produzione, il bel suono delle chitarre distorte sembra alle volte troppo morbido, e avrei preferito quindi sonorità più incisive.

Ihsahn è un disco che testimonia non solo l’audacia del suo autore, ma anche la sua maturità musicale. Un lavoro che necessita di svariati ascolti, che cresce a poco a poco e che ha bisogno di tempo e attenzione per essere apprezzato. Inoltre, sebbene non sia qualcosa di rivoluzionario, questo disco è di sicuro una delle opere più peculiari del panorama estremo. (Bartolo da Sassoferrato)

3 commenti

  • Recensione inappuntabile. Dite quello che volete ma a me il lavoro di Ihsahn solista è piaciuto sempre. Questo lo trovo particolarmente denso, grave, abbastanza ostico, ma anche le parti meno riuscite mi sembrano sempre “almeno” interessanti. Grande album.

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  • Ho fatto un po’ fatica.
    La libertà espressiva di Ihsahn (di cui si parlava qui in un pezzo di trainspotting del 2017) secondo me si è un po’ persa.
    Pezzi interessanti, melodie accattivanti, tutto valido. Però è sempre la stessa cosa da qualche anno.
    Amr era più azzardato e gli riconosco il valore del voler osare.
    Qui mi manca proprio questo pezzo e ne risente nel complesso.
    La versione orchestrale una mappazzonata inascoltabile per me…

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  • Secondo me ,non ha avuto il coraggio di farlo stampare in un ‘unica versione :quella orchestrale.Avrebbe sollevato polemiche,ma così è spesa doppia per alcuni fans.

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