Larger than Metal: Intervista a Tony Dunn degli SGÀILE

Sorpresi dall’ascolto di Traverse the Bealach, abbiamo contattato per un’intervista Tony Dunn, per parlare del suo nuovo album e del progetto Sgàile.

Allora Tony, com’è stato accolto Traverse The Bealach?

Beh, al momento è appena stato stampato…

Ehm, giusto… Quindi finora com’è andata?

Agli amici e ai colleghi che l’hanno ascoltato è piaciuto molto! È difficile dire se queste persone siano state soltanto gentili, però alcune delle valutazioni sull’album finora sono state davvero positive. Silence, come singolo, è stato accolto incredibilmente bene e sono piuttosto orgoglioso del riscontro che ho avuto.

E Lamentations by the Lochan? Io sono stato colpito da quello, prima di interessarmi al disco, ed è ancora la mia canzone preferita.

Anche Lamentations è stato ben accolto, ma penso che l’attenzione si sia raffreddata rapidamente perché è stato pubblicato a settembre, senza avere un vero seguito. Il pubblico ha risposto meglio a Silence perché c’era un album in uscita una sola settimana dopo. Non è tanto una questione di qualità della canzone, quanto piuttosto una questione di tempo o di pubblicazione, direi.

Ci puoi raccontare la tua carriera musicale?

Sono stato dentro e intorno alla scena metal di Glasgow fin dalla mia adolescenza e poi tutto è cambiato quando mi sono unito ai Falloch nel 2012. Ho imparato molto in un breve lasso di tempo, ho fatto dei tour e ho suonato a dei festival, poi sono passato a suonare con i Cnoc An Tursa e i Saor per alcuni anni, che è stata una cosa incredibilmente gratificante su più livelli. Alcune delle esperienze con Saor in particolare rimarranno con me per sempre e, dopo che ci siamo separati, ho deciso che avevo passato troppo tempo a suonare canzoni scritte da altri, quindi Sgàile è nato da quel desiderio di ricominciare a scrivere canzoni.

Da dove deriva il nome Sgàile?

Sgàile in gaelico scozzese significa “ombra”, ed è nato da alcune delle sensazioni che provavo quando suonavo con le band di cui ho parlato prima. La maggior parte di loro erano radicate nella scena black metal del Regno Unito e dell’Europa e, anche se mi sono divertito immensamente con ciascuna band, sentivo di non adattarmi al 100% a nessuna di loro, musicalmente parlando. A volte sul palco mi sentivo come l’ombra di me stesso, incapace di esprimere realmente la mia vera identità musicale a causa dei confini del genere. Quella parola, ombra, è diventata Sgàile come titolo provvisorio per il progetto, che poi è diventato sempre più importante per me e quindi ha finito per rimanere.

Il tuo nuovo sound è vario, stratificato ed è più ampio del metal – larger than metal: come definisci tu la musica degli Sgàile?

Onestamente, Sgàile è proprio la mia anima riversata in musica! Non mi sono mai sentito definito da nessun genere, sia che fosse dal punto di vista della scrittura o da quello dell’ascolto, e sono un po’ orgoglioso del fatto che ciò che creo non abbia alcun tipo di schema o percorso distinguibile. Mi piace la frase larger than metal, quindi grazie!

Prego… e quali sono le tue principali influenze musicali?

Devin Townsend è importantissimo per me, sia artisticamente che come persona. Devin è stato la mia principale fonte di ispirazione per decenni, ma vorrei arrivare a poter scrivere come gruppi tipo i Katatonia, i Porcupine Tree, gli Alcest o gli Insomnium. Queste band sono state in grado di creare una propria nicchia e creare album dopo album di musica stellare, ed è quello che spero di riuscire a fare in futuro. Adoro anche il post-rock strumentale, come If These Trees Could Talk, Cloudkicker e Tides From Nebula. Ad essere onesti, l’emozione che queste band sono in grado di trasmettere senza testi o una voce melodica è assolutamente sbalorditiva.

Ascoltandoti, ho sentito che la musica tradizionale è importante, almeno in parte, per la creazione delle tue melodie, ma penso che questo patrimonio storico che ti porti dietro sia ben integrato nella composizione. Ci racconti qualcosa di questo lato della tua musica?

È abbastanza difficile descrivere da dove provenga, se devo essere onesto. Forse è un po’ di patriottismo, forse è il fatto di aver passato molto tempo in gruppi metal celtici nel decennio prima di cominciare con Sgàile, o forse è semplicemente quello che viene fuori quando scrivo. Niente di tutto ciò è inventato o costruito per suonare così, è solo che a volte finisce per suonare un po’ scozzese!

Parliamo un po’ dei testi di Traverse the Bealach: ho letto che c’è un viaggiatore in una Scozia del futuro, che è solo, perché è l’ultimo sopravvissuto a un disastro o a una guerra, e mentre viaggia pensa, ricorda e rimane affascinato dai paesaggi e dalla natura, ma cosa sta cercando?

Non lo sa cosa sta cercando! Tutto quello che sa è che deve andare verso nord! Il viaggiatore nella storia è un personaggio vago che ho creato per tradurre su carta alcuni dei miei desideri, delle mie paure e curiosità. Adoro il trekking a lunga distanza e sono affascinato da alcuni dei sentieri remoti nel nord della Scozia, che spero di percorrere un giorno. Uno in particolare, di cui mi piace leggere e vedere video, è il sentiero di Cape Wrath, che gente proveniente da tutto il mondo tenta di completare. Sono anche incuriosito tantissimo dalla fantascienza, dai paesaggi post apocalittici e dalla letteratura distopica. Uno dei miei autori preferiti è Philip K Dick (famoso per Blade Runner) e la creazione della storia del viaggiatore è stato un modo per unire questi miei due interessi in qualcosa che potesse farmi concentrare sul contenuto dei testi. Detto questo, la storia è intenzionalmente vaga, poiché mi piace l’idea che resti ambigua e il fatto che possa essere aperta all’interpretazione. Se qualcuno ha delle idee su cosa potrebbe significare la storia, per favore lo condivida con me, sarebbe fantastico vedere come il pubblico possa interpretare questa storia!

L’ultimo brano Entangled in the Light mi suona abbastanza diverso dal resto dell’album. Anche il testo è diverso: alla fine del viaggio del protagonista, salta fuori qualcun altro e invece della narrazione in prima persona che si trova nei testi precedenti, dove c’è sempre un “io” che racconta, adesso c’è anche un “voi”. Ci aiuteresti a contestualizzarlo?

Ma certo! Entangled In The Light è la fine della storia, ovviamente, essendo la traccia finale. È bello sentire che tu abbia notato il passaggio dalla prima alla seconda persona, poiché è proprio un cambiamento intenzionale. In parole povere, da quando ho pubblicato il primo album ho avuto due figlie e volevo scrivere una canzone per loro, da qui il “voi” anziché il solo “io”. Nel contesto della storia, il viaggiatore trascorre del tempo pensando ai suoi cari mentre giunge alla fine del suo viaggio e la narrazione torna all'”io” per la seconda metà della canzone, mentre termina la sua contemplazione e va avanti per completare la sua ricerca. Procede attraverso il bealach, che in gaelico scozzese significa “valico di montagna”, per scoprire cosa c’è dopo.

Bene, noi abbiamo finito, tu che progetti hai adesso?

Tutto dipende da come verrà accolto Traverse the Bealach, penso. Mi piacerebbe portare gli Sgàile dal vivo e ho anche un gruppo di musicisti pronti per farlo, ma il progetto dovrà essere rappresentato adeguatamente. Non potrò fare molti spettacoli dal vivo, quindi tutti quelli che prenderemo l’impegno di fare dovranno essere speciali. Ho anche del materiale di base per le canzoni di un terzo album e potenzialmente anche un EP strumentale con alcune versioni acustiche di canzoni pubblicate in precedenza. È tutto molto presto, ma che sia live, o in studio, o entrambi, Sgàile sarà in giro per il prossimo futuro!

Grazie Tony per il tuo tempo e in bocca al lupo per il futuro.

Grazie a voi per le domande ponderate e per il vostro sincero interesse. (Stefano Mazza)

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