Si fa presto a dire NWOTHM: copertine che sembrano i Judas Priest
I Judas Priest sono il Metal. Per certi versi, più ancora che i Maiden o i Sabbath. Lì ci senti anche altro, il prog, l’hard rock. Nei Priest, almeno da British Steel in poi, senti solo il Metallo. Puro. Distillato. Nient’altro. Hanno dettato il Canone, poche storie. Su tutto: le urla acutissime, le chitarre gemellate, il freno a mano di Dave Holland. Ma mica solo per la musica. Volete mettere il look? E più ancora, le copertine? Per lo meno da Screaming for Vengeance. British Steel ha una copertina perfetta, ok, ma è dall’album dell’82 che l’arte della copertina metal non è più la stessa. Compaiono i primi capisaldi. O, meglio, archetipi.
Archetipo #1: colori sparati (mai il verde, qui prevale il giallo).
Archetipo #2: una bestia robot, tipo cartone animato giapponese (qui un pennuto che si getta su una preda fuori campo).
Archetipo #3: artigli, qui quelli del pennuto, bene in evidenza. Anche se non è necessario che la specie della bestia, nel mondo reale, ne abbia.
Infine, archetipo #4: la scia solidificata del movimento, materializzata come fosse un giocattolo di plastica futurista. Già magnifica, la copertina di Screaming for Vengeance, ma il capolavoro vero, il Canone assoluto, arriva nel 1984 con Defenders of the Faith ed il suo inconfondibile Telegattone.

In realtà non è chiarissimo a prima vista che si tratti di un gatto, stavolta, perché la robotizzazione ha visto progressi. La bestia è tipo un carrarmato, tipo Tarkus degli ELP. Però secondo me è un gatto (archetipo #2). Soffia, tira fuori le unghie/artiglio d’acciaio (archetipo #3). Intanto l’influenza di Depero sulle scie plastificate è ancora più marcata (archetipo #4) e cambia del tutto la tonalità dominante, ma sempre un cazzotto in un occhio (archetipo #1). Incupendo tutto, ora prevalgono il rosso ed un colore tra blu metallico e viola elettrico. Di fatto c’è già tutto, ma qualcosa le copertine successive continueranno ad aggiungere, al Canone. Non tanto Turbo (colori sparati, artigli smaltati e scie solide). Ram it Down accentua il tono blu elettrico ed introduce le scintille (archetipo #5). E infine Painkiller, con il drago bestia/motocicletta/motosega, le scie infiammate (variante dell’archetipo #4), le scintille, un cielo viola carico di fulmini, che se esci coi capelli bagnati gli Dei del Metallo ti fulminano senza scampo (combinazione degli archetipi #1 e #5). Questa teoria la sto elaborando ora, in tempo reale. Attendo un dibattito accademico tra redazione e lettori per consolidarla scientificamente. Intanto la articolo un po’ meglio: non è necessario che tutti gli elementi compaiano contemporaneamente, per riconoscere il Canone. Alcuni non sono né necessari, né sufficienti, come gli archetipi #5 e #3. L’archetipo #1 è ovviamente necessario, ma certo non sufficiente. Al netto del #1, gli archetipi #2 e #4 non sono strettamente necessari, ma, specie se combinati, più che sufficienti. Ad ogni modo, tutte le teorie hanno bisogno di decantare e soprattutto di dati empirici e verificabili. È il metodo scientifico, dolcezza…

In realtà però, siamo sinceri, non è che siano andati subito tutti appresso alle grafiche dei Priest. Stava pure per esplodere il grunge, figuriamoci. Ora è diverso. Col revival NWOTHM è tutto un fiorire di band priestiane più o meno ortodosse. Pure chi all’epoca c’era e suonava diversamente ora ha il breviario di Downing e Tipton sul comodino. Figuriamoci i pischelli. Lo notavo già mesi fa, coi Riot City, fissati con certi Robocop zoomorfi che sparano i raggi laser dagli occhi. Sulle copertine di due dischi consecutivi hanno messo un pennuto su uno e un gattone sull’altro. Sarà un caso?
Ora, nei giorni scorsi stavo cominciando ad ascoltare i dischi arretrati salvati nella wishlist di Bandcamp. È un lavoro vero e proprio, ma tutto sommato semplice, di fatica. Scrivere uno sproloquio su una stronzata scritta sui social da un musicista che s’è bevuto il cervello è un’Arte che nessuno padroneggia come il Belardi. Insomma, cerco di recuperare gli arretrati e mi rendo conto che tante copertine di dischi più o meno NWOTHM si rifanno oggi al Canone. E il filo conduttore di questo ennesimo calderone è bello che servito.

Parto con la prova provata che non sto raccontando cazzate, con questa storia del Canone. Perché Survival of the Fittest dei THELEMITE piazza subito un Supertelegattone robot/samurai al centro della scena (archetipo#2). Più che un carrarmato pare un registratore di cassa (New Wave of Traditional Cash Register), per chi si ricorda la vita prima dei POS. Poi ci sono: il cielo viola carico, le saette, le scie di fumo (che però sono sghembe e non dritte e futuriste) e in primo piano, sotto la barbetta robot, una specie di artigli (o sono io che non capisco). In un colpo solo abbiamo ben cinque archetipi rappresentati. Strike, copertina priestiana perfetta, da manuale. E la musica?
La musica non è male. D’altronde, i Thelemite sono greci, il metallo classico è roba che fa per loro. Diciamo che parte davvero bene con la primissima canzone, Night of the Wolf, coi bei riff ed un bel coro. Facile ma bello, canterino. Roba da spandex fluo, polsini di spugna e capelli cotonati. Pura bambagia. È il vertice del disco, già all’inizio. Infatti dopo comincia a scendere lentamente, di velocità ed efficacia. Intendiamoci, nessuna cagata. Siamo dalle parti della NWOBHM più melodica e gagliarda, tipo Tigers of Pan Tang e Diamond Head. Energici, ma alla fine dei Priest senti qualcosa principalmente dove si rallenta, nella voce. Tipo in Living Without You (dejà vu in alcuni passaggi), che per il resto fa il verso a roba di maggior successo in classifica, in quegli anni. Disco onesto, band onesta, tutto sommato fresca e divertente. Un po’ anonima, forse.

Tornando alla nostra trattazione scientifica, altro esempio virtuoso, da manuale, è la copertina di Street Metal dei THRILLER. E mi tocca pure chiedere di non concentrarvi troppo sul nome della band e su quello dell’album, talmente perfetti da meritare quasi una trattazione a parte. Restando sulle grafiche, per prima cosa c’è una prevalenza di colori stracarichi, viola, rosso, giallo (archetipo #1). Il cielo è solcato da una specie di comete che lasciano scie che paiono quei bastoncelli fluorescenti di plastica, quelli che si vendono a certe feste (variante dell’archetipo #4). Non troviamo alcuna bestia, pennuta o felinide, né artigli (ahi). Però ci sono due ruote fiammeggianti (corollario all’archetipo #5). Paiono fatte di metallo liquido, viaggiano a grandissima velocità. Questa velocità fa prendere al metallo fuso forme che le fanno sembrare ruote dentate (tipo gli artigli dell’archetipo #3?). Cosa siano e da dove provengano queste ruote non è dato sapere. Però se ci fate caso paiono i copertoni/motosega di quelle della motocicletta/drago di Painkiller. Magari il tipo ha fatto un chioppo pazzesco qualche anno luce più in là e le ruote dentate proseguono per inerzia astrale. Chi lo sa. Per voi basta per richiamare l’archetipo #2? Magari devo inventarmene un altro. Ci devo pensare. Intanto, e la musica?
La musica è una discreta bombetta. Anzi, togliete “discreta”. I Thriller sono tedeschi e i tedeschi certe cose le fanno bene o non le fanno affatto. Qui il Canone Priestiano è spinto pure nella musica. Le canzoni sono otto e sono praticamente tutte e otto cazzute, tirate. Le melodie si stampano bene in mente. Non conta che ve le ricordiate anche dopo un anno dall’unica volta che le avete sentite (quelli sono i Priest). Conta che ti entrino in testa in anticipo, mentre le stai sentendo, che ti viene di cantare tutti i cori da subito. Il grosso del disco, o almeno una parte consistente, viaggia a velocità assurda, tipo Days are Gone. Ci sono cori maschi che i Priest non hanno, quasi hardcore. Ci stanno benissimo. Ci sono riff che sono benzina sul fuoco, tipo quelli di Aiming for Freedom e di City’s on Fire. Recuperatelo subito, prima che vi venga l’idea di elencare i vostri dischi di heavy classico preferiti, quest’anno. Rischia di piazzarsi in classifica niente male.

La copertina di Molten Rainbow degli ANTIOCH potrebbe quasi essere quella di un gruppo stoner o prog (magari non propri primi della classe, comunque). Invece rientra nel tema di oggi, rientra nel Canone delle copertine Priestiane. Per i più distratti, principalmente per gli artigli robot che squarciano il telo della copertina (archetipo #3). Che sia il pennuto di Screaming for Vengeance o il Supertelegattone tank di Defenders of the Faith poco importa: le unghie d’acciaio ben fresato denotano la priestianità della grafica. Ma da solo l’archetipo #3 non basterebbe. Assieme ai tre colori forti (giallo, rosso, viola) che dominano il campo (archetipo #1) invece sì. Ricordiamo, quest’ultima condizione non sufficiente ma necessaria. Per il resto, compare un pianeta un po’ troppo piccino per gli alieni che lo popolano, la scia stessa del pianeta (ancora allo stato gassoso e non a quello plasticoso). Un bel mischione poco ortodosso, rispetto al Canone priestiano. E la musica?
La musica degli Antioch, che sono canadesi, è più crucca di quella dei Thriller. Nel senso che il metallo priestiano, in questo caso senza troppa lode, né infamia, è bello mischiato con le cadenze birraiole/piratesche dei Running Wild. Parecchio nel tono della voce, alternato poi con gli strilli gallinacei talmente simili a quelli dei 3 Inches of Blood da far credere che il cantante sia lo stesso. No, e nemmeno il gruppo, purtroppo. Però è musica gradevole, dai. Musica da venerdì sera, birra, fanculo il resto. E fanculo se poi al sabato mattina resta poco, in memoria. (Lorenzo Centini)

Ecco. Io leggo articoli così, scritti senza tirare il fiato, quasi come un flusso di coscienza, e ci trovo del genio.
Sarà la birra del sabato sera con successivo caffè corretto e ammazzacaffè e ammazzaammazzacaffè e cicchettino post-ammazzaammazzacaffè ma io ci trovo parecchio genio.
Bravo il Belardi! Anche se l’articolo è di Centini, il Belardi oggi ci stava.
Ma bravo tanto alche il Centini che mi ha fatto leggere una cosa che io assumerei come un’assioma e a quel paese la trattazione scientifica.
È così e basta!
Bene…bello…bravo…buono…bis
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Io posso solo ringraziare il Centini per il trattatello, su cui concordo, e sui nomi ivi proposti.
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avevo letto in un articolo anni fa che le illustrazioni di Screaming For Vengeance e Defender facevano in realtà parte di un’unica grande illustrazione realizzata qualche tempo prima dell’82.
Probabilmente è una panzana ma è un’idea suggestiva
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Bell’articolo, molto divertente… anche se credo di essere uno dei pochi metallari a non amare particolarmente né i Priest né i Manowar. Le copertine suddette non le ho mai amate, molto meglio stailess o painkiller… comunque i Thelemite a mio parere rubano anche il font ai Savatage…
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è palesemente quello
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L’ultimo dei Riot City è clamoroso, così come anche l’ultimo dei Traveler (pur presentando il solo archetipo#2 e nemmeno troppo evidente).
Ancora aspetto una loro trattazione (inspiegabilmente assente) qui dove dovrebbero essere acclamati e venerati.
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