Avere vent’anni: HAMMERFALL – One Crimson Night

Questo è stato il primo disco degli Hammerfall che ho ascoltato.

Me lo regalò mia cugina più grande (quanto più distante da una metallara ci possa essere) a Natale del 2003. Che sia andata a caso, pescando nel mucchio, o si sia fatta consigliare da un commesso di qualche negozio con una cultura musicale decisamente sopra la media (la maggior parte di loro se gli chiedi un disco degli Iron Maiden ti guarda con gli occhi da pesce lesso domandandosi dove ha già sentito questo nome), non ci è dato saperlo, e probabilmente se glielo chiedessi oggi non se lo ricorderebbe, sono pur sempre passati vent’anni (sigh!).

copertina

Quindi grazie, cara cugina, per avermi fatto scoprire quella che all’epoca era ancora una fantastica band (perché, ripetiamolo a gran voce: fino a quando Stefan Elmgren non ha abbandonato la nave per andare a cazzeggiare con gli aerei, gli Hammerfall non hanno sbagliato NULLA). Se per un periodo, anche su questo blog, il mio soprannome è stato Gabriele Hammerfall è anche grazie a te. Pensa se mi regalavi il solito shampoo, chissà dov’ero andato a finire a quest’ora.

Questo live è il cosiddetto piezz’e core. Un parente più grande che mi ha preso per mano e condotto per i prati verdi del metallo (già arati e disossati da Maiden, Korn e Slipknot) e spianato la strada per Rhapsody e Stratovarius (che arrivarono quasi subito, forse un mese dopo).

Facevo la terza media, giocavo a Pc Calcio e Scudetto su un computer di merda, non avevo manco i peli sul cazzo ma tanta, tantissima voglia di conoscere, scoprire, imparare. Adesso invece non gioco più a Scudetto, tantomeno a Pc Calcio, ho un bel portatile, quello sì, ma non scopro più nulla e soprattutto non imparo più nulla, in nessun ambito della vita, ma questa è un’altra storia che andrebbe raccontata con i Katatonia in sottofondo, non certo con gli Hammerfall.

Non menatemi, ma sono legato più a questo doppio live che ai primi album in studio dei templari svedesi.

Io bombe nucleari come Hearts on Fire, Renegade, Templars of Steel o la sottovalutatissima Hero’s Return (madonnaragazzimaquantocazzospaccahero’sreturnmannaggiatutto!!!) le ho ascoltate la prima volta qui; e vi dirò di più: ho storto più volte il naso quando ho sentito la loro versione in studio (per poi amare alla follia anche quella, vabbè, È NORMALE, ma vi confesso che ci vollero reiterati ascolti).

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Funziona tutto. I suoni spaccano, la band è in palla, il pubblico è partecipe e fomentato (del resto i nostri giocavano in casa), e la scaletta è da brividi. E come poteva essere altrimenti, aggiungo io. È come se la rivista MAX nel 2002 avesse fatto uscire un faldone con tutti i calendari sexy da officina usciti dal 1990 fino a quel momento. Avreste ancora il polso della mano destra dopo un’uscita del genere? Io non credo.

È vero, manca Trailblazers (che è un pezzone) ma glielo perdoniamo, dai. Un settembre di Anna Falchi che si è sfilato. (Gabriele Traversa)

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