La lista della spesa di Griffar: PORTA NIGRA, ABYSSAL

I tedeschi PORTA NIGRA possono già permettersi dischi di lunghezza maggiore rispetto alla media, essendo Weltende il loro quarto full, patrocinato dall’olandese Soulseller records. Pur non spingendo la durata dei loro brani verso minutaggi estremi, Weltende dura 48 minuti, in virtù di nove composizioni di black metal aggressivo che ha svariati punti di contatto con i The Ruins of Beverast e  secondo me anche con i Der Weg Einer Freiheit, insomma con quel tipo di black metal tedesco più cerebrale, meno votato all’annientamento fisico dell’ascoltatore. Si parte fortissimo con Es ist Krieg che è uno dei brani più aggressivi del disco, ma già il successivo Götterblut ricorda più un up-tempo thrash metal, con riff di chitarra abbastanza contorti che si rincorrono freneticamente. Ancora più thrasheggiante Völkerbrand, quasi anni ’80 per l’impostazione e per il cantato abbaiato, dove compaiono anche tastiere, cori in voci pulite, cambi di tempo, lick di chitarra e pure una specie di stop’n’go. Da manuale.

Il pregio maggiore di Weltende è che non c’è un brano uguale all’altro nonostante l’imprinting black metal che aleggia su tutto il disco: è bellicoso, impetuoso e irruente ma non sconfina mai nel becero frastuono, anche perché i ragazzi sono strumentisti d’esperienza in grado di sfoggiare una tecnica notevole, oltre che compositori di assoluto livello come si era già potuto constatare nell’esordio Fin de Siecle, risalente al 2012 e definito da loro stessi decadent dark metal. L’impressione è che con il tempo si siano incattiviti, anche se non si privano del piacere di mettere in scaletta Bestienschlund, brano recitato e accompagnato da un arpeggio in chitarra pulita in stile black anni ’90, quando si usavano questi artifizi per smorzare un po’ la furia dei dischi e precisare che nonostante tutto si sapeva tenere in mano uno strumento musicale. Non proprio definibili come interludi, perché non erano strumentali e godevano di vita propria, come in questo caso. Poi si ripartiva più veloci di prima e succede anche qui, con la furiosa Die Himmlische Revolution. Tutto torna. Per grazia di qualche demone sono tornati anche i Porta Nigra, con un disco che è impensabile vi lasci indifferenti.

Tornano anche i furibondi inglesi ABYSSAL con il loro personalissimo blackened death/doom metal spesso acido e psichedelico, scalmanato e convulso. Siamo in campi minati frequentati da gente come Portal, Mithocondrion, Impetuous Ritual, Desolate Shrine tra gli altri. In grado di inserire nelle loro composizioni diverse sfumature eccellentemente amalgamate, gli Abyssal sono da sempre tra i migliori interpreti di questo genere e consiglio vivamente di recuperare anche i loro dischi precedenti se per sfortuna non li avete mai sentiti nominare.

Quest’ultimo loro episodio è uno split LP con i canadesi Ellorsith, uscito intorno a maggio per Dark Descent records, che è una label americana orientata al death e al brutal, e ci offre due brani (Sepulchorporeal – Ipatiev I e Oneirodynia – Ipatiev II) di classica impostazione Abyssal: pezzi smontati e ricostruiti, velocissimi o mortalmente lenti, con riff impastati, suoni lordi, tragici, impreziositi ogni tanto da sezioni sorprendentemente più melodiche. Sono validi anche i loro compagni di split, ma questo disco lo si compra per gli Abyssal senza alcun dubbio.

Sempre a loro firma segnalo anche lo split con i Tchornobog (quelli di Markov Soroka, ricordo un discreto hype nei loro confronti quando uscì il debutto eponimo), uscito a fine novembre dell’anno scorso per Lupus Lounge (Austere, Negura Bunget, Secrets of the Moon solo per citare qualcuno dei loro gruppi più famosi). Un solo brano da 24 minuti, Antechamber of the Wakeless Mind, il loro più complesso di sempre, dove il blackened death/doom incontra il progressive più psichedelico e disturbante, fino a sconfinamenti nel noise. Un pezzo che si può ascoltare ventimila volte ottenendone ventimila impressioni differenti, indefinibile. Per la sua complessità risulta piuttosto pesante, ma non ho dubbi che è esattamente quello che la band voleva ottenere. (Griffar)

Un commento

  • Avatar di VIDLON

    Grazie Griffar. Ogni articolo mi permette, grazie agli elenchi che fai dei gruppi simili ai protagonisti della recensione, di attingere a nuovi dischi o riscoprire vecchi album del genere più sensazionale…, quel raw/atmospheric/epic/melodic BLACK METAL. Quest’estate mi sono preso in edicola vari numeri delle riviste Vinile (Stonemusic.it, pensavo fosse una cagata per inculare il turista invece è molto interessante) e in spiaggia pensavo: “Ci vorrebbe un Griffar per compilare una rivista fatta di storie, collezioni, recensioni, discografie, emozioni, tutta Black Metal”

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