Il nuovo DYING FETUS vi prende alle spalle e vi stordisce col cloroformio

La cosa che all’inizio di questo millennio mi fece restare sulla punta del cazzo il death metal, un genere che ho amato fin da ragazzetto in età prepuberale e che ancora amo molto, è stato l’avvento degli “sbrodoloni”, ovvero quelli che, a parte i suoni più o meno plasticosi subentrati con prepotenza proprio in quel periodo storico, mettevano sweeponi e altri ghirigori dove non c’entravano nulla. Quella roba lì, spesso infilata senza alcun criterio, non ha nulla a che fare col death metal e ne ha anzi infangato l’ottimo nome. Ringrazio Iddio o chi per lui che di recente, più o meno da una decina d’anni a questa parte, la gente ha ricominciato a sbattersene e, imparati almeno i fondamentali (se sei un chitarrista o un bassista) e trovato un buon batterista, ha ricominciato a fare un genere musicale la cui peculiarità è quella di puzzare di cadavere o di terra putrida.

Mi sento però di escludere i Dying Fetus da questa equazione, seppure indiscutibili capostipiti di tali aberrazioni. Loro hanno sempre, o quasi, spaccato culi, e gli si perdona l’occasionale sfoggio di perizia perché il loro intento è comunque quello di essere disgustosi e metterti a disagio o farti male, e se lo fanno con una tecnica che fa paura allora ben vengano.

Per loro il calo ci fu, comprensibilmente, con l’abbandono di ben tre quarti di formazione da un giorno all’altro, proprio agli albori del millennio corrente. Una cosa che avrebbe devastato chiunque, ma non il buon John Gallagher che, rimboccatosi le maniche, ha tirato fuori una serie di album di cui praticamente non fregava un cazzo a nessuno e che sinceramente manco ricordo, ma lentamente ed inesorabilmente ha ricominciato a macinare la strada. E di strada ne ha fatta, fino a questo Make Them Beg For Death (i titoli vi stupiranno sempre con effetti speciali). E oggi il nostro amico si prende anche una rivincita sugli ex colleghi che lo abbandonarono, visto che i Misery Index dopo una partenza a razzo si sono adagiati sul livello “robetta” oramai da un po’.

Già Reign Supreme aveva bei suoni ed era groovoso proprio nei punti giusti, pur non mancando le proverbiali sbrodolate di cui sopra. Wrong One to Fuck With era stata una scossa di assestamento notevole ed ecco che oggi ci ritroviamo tra le mani (o nella libreria del vostro servizio di streaming preferito) questo nuovo disco. Il responso: una bomba. Esibizionismi ridotti all’essenziale, tecnica comunque presente, pezzi killer, titoli bellissimi (Throw Them in The Van) e fomento sempre altissimo, senza cali. Suoni belli e claustrofobici, cattiveria a mille e tutte quelle cose che ci piacciono.

Azzardo a dire che questo album suona sì dal punto di vista sonico come un figlio dei suoi tempi ma non avrebbe sfigurato affatto con su il logo dei Suffocation e se fosse uscito alla metà degli anni novanta. Mantiene certamente il groove d’ordinanza, senza quale i Dying Fetus non avrebbero senso, ma è meno “mosheggiante”, nel complesso, dei suoi diretti predecessori (non che mosheggiare sia una cosa negativa, ben inteso). Alla fine dei conti ci ritroviamo davanti un lavoro davvero eccellente che resterà nel vostro vano porta cd o sul piatto del vostro giradischi per un bel po’, e di questi tempi se non è un miracolo poco ci manca. (Piero Tola)

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