Avere vent’anni: NAER MATARON – River at Dash Scalding
Compleanno anche per i fin troppo sottovalutati greci Naer Mataron, il cui qui presente River at Dash Scalding simboleggia il terzo episodio di una discografia piuttosto nutrita che complessivamente annovera otto full, tre EP, un paio di split e due live album. L’ultimo capitolo della saga risale al 2019 ed attualmente lo status della band viene definito on hold, quindi ci sono forti probabilità che la loro avventura nel panorama black metal sia purtroppo conclusa. Sostengo che la band sia assai sottovalutata perché, ripensandoci e riascoltando i loro dischi (primo tra tutti il precedente Skotos Aenaon, una vera perla rara), mi accorgo che se i Naer Mataron non fossero mai esistiti la mia vita di appassionato di black metal sarebbe stata peggiore. Sarebbe mancato qualcosa, ci saremmo persi qualcosa di davvero valido, musica perfida che non lascia nemmeno il tempo di respirare tanto è violenta, forsennata, cruda e frenetica.
Forse influisce il fatto che il loro suono è molto meno greco di quello a cui siamo abituati: quando si parla di black metal greco pensiamo subito ai primi Rotting Christ, a Necromantia, ai Varathron; ben difficilmente vengono citati gruppi di minor blasone, sbagliando spesso come sempre fa chi pecca di troppa superficialità, tipo Nergal, Kawir o Thou Art Lord, giusto per citarne qualcuno di altrettanto meritevole. I Naer Mataron, come in seguito hanno fatto gli altrettanto sublimi Nocternity, si sono discostati dalla classica impostazione ellenica preferendo sviluppare il loro black metal su basi decisamente più nordiche. Per questo la loro musica è fredda e turbinosa come i classiconi norvegesi di stampo Immortal o svedesi versante Marduk, anche se non mancano parti rallentate e marziali come nel finale della lunga The Great Meridian Tide – quasi nove minuti – oppure nella successiva Revolt Against the Modern World, più breve, oscura e decisamente pesante, oppressiva. Altrove i brani sono proprio furiosi, lanciati a tutta velocità con solo parvenze di stacchi per moderarne la forza bruta e variare le partiture, evitando un continuo assalto frontale che su tempistiche non eccessive va anche bene ma difficilmente viene sopportato per tutto un disco di quasi cinquantacinque minuti.
Esclusa la intro non particolarmente significativa, sul disco sono presenti nove brani, caratterizzati da un songwriting vario e ispirato e da testi che si addentrano nella mitologia greca (ovviamente quella incentrata sulle forze del Male, dell’occulto e dell’oscurità, stiamo parlando di black metal, mica di Pollon combinaguai), ben suonato, cantato in screaming non eccessivamente acuto, registrato e prodotto in modo più che dignitoso.
Allora si ritorna al punto di partenza: cos’ha che non va River at Dash Scalding? Perché lo conoscono in pochissimi? Perché i Naer Mataron sono rimasti ad un livello di profondissimo underground? L’unica risposta che posso azzardare è: non lo so, ma tu vaglielo a far capire alla gente che ascoltare quattro o cinque dischi l’anno, per di più dei gruppi di maggior visibilità, è un errore. Ci si perdono gemme come questa, ci si perdono gruppi come i Naer Mataron che in quasi trent’anni di carriera non hanno mai sbagliato un riff, meno che mai un intero pezzo, e alla fine, dopo anni e anni di onorata militanza, gettano la spugna. (Griffar)

