In Times New Roman, il peggior disco dei QUEENS OF THE STONE AGE
All’uscita di Villains non ne scrissi generalmente male. Da allora, francamente, non penso d’averlo riascoltato più di una o due volte, e credo che l’unico pezzo che occasionalmente ho rimesso volentieri sia The Evil has Landed, forse perché rassomigliante alle cose che Josh Homme compose con i Them Crooked Vultures. Il fatto è che Villains non era un brutto album, per quanto Homme si fosse sforzato di farlo suonare nel modo più sgradevole possibile per chi, come me, adorò la sua musica da Wretch fino a Songs for the Deaf. Villains aveva almeno quattro o cinque pezzi ma la volontà di Josh Homme di farne carne da macello (o, se preferiamo, da radio) non mi fece apprezzare neanche quelli.
Il nuovo album dei Queens of the Stone Age è similare nei risultati e nell’approccio a Era Vulgaris, il loro titolo minore per eccellenza. Aveva un singolo ricopiato dai Foo Fighters, Sick Sick Sick, che non ho mai potuto sopportare; aveva Make it with Chu importata dalle Desert Sessions pur d’importare qualcosa che facesse numero, le buone Turnin’ on the Screw e Misfit Love e la mia preferita in assoluto, 3’s & 7’s.
In Times New Roman non ha singoli ma ha delle idee. Il che non è necessariamente positivo, attenzione. Era Vulgaris era pieno d’idee, ma aveva soltanto quelle. I primi due singoli sono imbarazzanti e ne ho già scritto, pertanto non ci tornerò sopra. Ci sono canzoni migliori qui dentro ma niente che valga la pena d’un confronto con ciò che nei decenni è stato capace di scrivere Josh Homme. Credo che questo musicista, che considero un’istituzione della musica rock, negli ultimi anni abbia fatto parlare di sé per tutto fuorché per la musica. E lui questo lo sa benissimo.
Gli screzi all’aeroporto, quelli con la fotografa; prima ancora il Bataclan con lui che neanche era dietro la batteria degli Eagles of Death Metal in quella tragica serata del novembre 2015. Poi le cose più recenti, dal divorzio con Brody Dalle con tanto d’accuse di maltrattamenti ai figli e violenza fisica e psicologica a lei, culminata in una testata al rientro a casa, fino al tumore operato nel 2022 di cui ha parlato solo adesso, proprio a ridosso dell’uscita dell’album. Josh Homme mediaticamente fa molto clamore, forse se ne nutre, e con certezza fino al 2002/2003 non ne aveva alcun bisogno, perché era la sua musica a parlare, sempre. Il che ci porta dalle parti di un musicista che dal punto di vista artistico potremmo definire bollito.
Dicevamo delle canzonette. L’album si apre con Obscenery, una delle più deboli, lo stesso concetto di voler aprire un po’ di tempo fa con la fiacchissima Keep Your Eyes Peeled. Se lo faccia per provocazione o perché crede ciecamente in quei pezzi, francamente non lo so. Paper Machete ricaccia fuori distorsioni con un certo vigore, e, al netto del suo rockettino semplice e lineare, funziona non poco. Niente d’eclatante ma è di fatto fra le migliori del disco. Così come Negative Space, un mio pallino da quando ne avevo letto il titolo.
Dopodiché le più interessanti sono What the Peephole Say, buon motivo per cui poco sopra ho scritto che Josh Homme lo sa, e la conclusiva Straight Jacket Fitting, un titolo di merda oltre il quale si cela un buon pezzo di sei minuti stirato da una coda che lo munge sino ai nove, e fatto dello stesso blues che da sempre Josh Homme è in grado di domare. Straight Jacket Fitting è la certificazione che se Josh Homme vuole, può; senza far miracoli, ma può.
E allora giungo al punto. Sono vent’anni che la gente invoca la reunion dei Kyuss o che i Queens of the Stone Age, banalmente, si rimettano a fare loro stessi. Molti artisti, giunti a un punto cruciale della propria carriera, ovvero al punto in cui non fanno più i risultati di una volta, tornano sui propri passi e compongono quel che li ha resi famosi. Chiamatela paraculaggine. Io la chiamo onestà, verso i fan e verso se stessi. Josh Homme è talmente egocentrico e fissato col fare il cosiddetto salto, che codesto salto non l’ha fatto neppure con Villains, con tutti quei doppi sensi grafici e testuali sul Patto col Diavolo, ove il medesimo era rappresentato dall’industria discografica e dalle radio da classifica. E Villains è stato una sorta di calcio di rigore, di ora o mai più, pertanto non giustifico l’ostinazione con cui Homme rinuncia a fare l’unica cosa sensata che potrebbe salvargli la faccia. E cioè rimettersi a suonare stoner rock e non romperci più i coglioni con questa merda. E non la farà mai l’inversione di marcia, perché ne pagherebbero il prezzo il suo carisma e la sua personalità. E lui è uno che deve passare le ore allo specchio a pettinarsi il ciuffo, motivo per cui non ci conto più e m’aspetto che non riproponga più una Regular John sotto il sole cocente di un festival estivo a quei poveri cristi che Regular John se la aspetterebbero eccome, non per nostalgia, ma perché è semplicemente e infinitamente migliore di questa robaccia qua.
Noi che gli siamo devoti, o debitori per averci fatto scoprire centinaia di gruppi rock grazie a Blues for the Red Sun, un limite di sopportazione comunque ce l’abbiamo e la corda prima o poi era ovvio fosse destinata a rompersi. La prima volta che ho sentito scricchiolare, se ci ripenso, fu la presentazione del quarto album con il singolo Little Sister, che è pure un brano dignitosissimo, un classico. Ah, a proposito, il suo assolino stonato e dissonante è riproposto pari pari nel nuovo album.
Poco importa, quindi, se le sperimentazioni di Sicily o dell’orologio di Time & Place sono propositive o centrate; poco importa se la produzione è meravigliosa dopo tutto quel ripulisti pop di Villains; poco importa se sono sopravvissuto a una canzone di merda come Made to Parade nell’attesa che pure quella diventi singolo. Poco importa se l’album sta a metà fra la voglia di sperimentare di Era Vulgaris e il feeling oscuro anni Ottanta del suo buon successore, senza ripeterne per filo e per segno le influenze caratteristiche. Un disco come questo non offre motivi per ritornarci sopra per palese mancanza di contenuti, non cresce con gli ascolti ed è in definitiva il peggiore inciso da questo signore qua. Che si tiene stretta la sua line-up di onesti mestieranti e figurine, ormai rodatissima in quanto l’ultima new entry risale a Jon Theodore, ex Mars Volta, subentrato nel 2013 a quel bombardone di Joey Castillo.
Mi mancano l’alchimia con il basso di Nick Oliveri, e forse era proprio quella a render perfetta la chitarra di Josh Homme. Forse un giorno capirà che cosa significhi avere una squadra, altre figure di spicco e personalità al proprio fianco, e che solo a quel punto una band acquisisce un senso. Ripeto: Grohl, Lanegan, Oliveri. Ma a lui evidentemente interessano i riflettori su di sé, e quelli soltanto.
Il peggior disco dei Queens of the Stone Age, e se vi sta piacendo è palese che non abbiate vissuto sulla pelle quei tre. (Marco Belardi)





Sulla riunione dei Kyuss ci si poteva accontentare dei Vista Chino o i poco apprezzati Stoner.Ma con tutti i dischi che escono(Godflesh e Dodheimsgard,ad esempio) perché andare in fissa con gruppi che strizzano l’occhio alla classifica dei maggiori ascolti? Perché voi i dischi li ascoltate veramente?Che senso ha tutto questo,quando chiunque può ascoltare per bene un compact disc prima di comprarlo,magari dopo che è finito nella fascia economica?
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Non riesco capire come si possa fare una recensione così negativa,io che seguo i Queens da molto tempo,amo questo disco e dico che è molto ma molto meglio di era vulgaris e villains, voto alla recensione 0 .
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Condivido la stroncatura, non la valutazione su alcune canzoni (Carnavoyeur mi piace, Negative space per nulla..)
Speravo in qualcosa di meglio dopo il buon Villain, ma temevo che questa formula non stesse funzionando, e infatti non mi sembra funzioni… non c’è innovazione, ma annacquatura di forma e contenuti, secondo me.
Ma se magari ci spieghi cosa apprezzi, magari riusciamo a vederci meglio! Amo Homme, e non voglio vivere di nostalgia per i bei vecchi brani stoner 🙂
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In Arial black.
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Marco, ci sei andato giù pesante…a mio modestissimo parere.
Che i gusti non si discutano è fuori dubbio, ma questo album, a parte due o tre tracce (Sicily, Made to parade..), credo che sia un buon album e relegarlo addirittura all’ultimo posto assoluto (dietro Era Vulgaris), definirlo “merda”, non convince…
Poi, ovvio, non è paragonabile alle pietre miliari dei Queens, ma per me suona alla grande, e ti posso assicurare che li ho vissuti sulla pelle tutti…anche quelli dei Kyuss.
Un ultima cosa…lasciamo stare le faccende personali o il fatto che sia egocentrico, che vuole tutte le luci su di sé… bla bla bla, chi se ne fotte….
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ho fatto fatica a finirlo. piatto e tra i peggio scritti loro. inutile il recupero di un suono di ormai oltre un decennio fa
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Concordo dalla prima all’ultima parola. Vederlo da decenni ridotto a fare questa robba quando prima faceva cose spettacolari con i Kyuss e poi tre album eccezionali uno dopo l’altro con i suoi QOTSA e’ veramente triste. POi sto guardando le setlist di questi giorni… sono festival, quindi pochi pezzi… ma praticamente suona un solo brano da Rated R, nulla da QOSTA e un paio da Song For The Deaf, robba che fa passare la voglia anche di andare a vederli dal vivo
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Sono sincero, ho aperto l’articolo solo per leggere i commenti indignati dei fanboy, ma evidentemente sono arrivato troppo presto :D confido in una maggiore attività in serata. Dai che i presupposti per battere i 35 commenti del precedente articolo ci sono tutti :P
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Su Facebook ne trovi già tanti
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Pure io!
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Finalmente, bravo! Finalmente qualcuno che dice la verità!
Poche chiacchere! Chi ha vissuto i Quees of the Stone Age dall’inizio sa benissimo di cosa parla Marco Belardi nella sua recensione. Siamo stati tutti super fan di Joshua fin dai tempi della sua Ovation Ultra Gp nera, ma ora c’è bisogna che qualcuno lo dica: JOSH CI HAI ROTTO IL CAZZO CON STA MUSICA DI MERDA! Se sei contento te suonatela pure, ma chi ti ha amato per quello che di buono hai fatto in passato, ti ha già mandato affanculo da tempo. Per tutti gli altri, compratevi pure il CD e gongoleggiatevelo sul divano.
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certo che cominciare ad ascoltare Welcome to Sky Valley e poi seguire la parabola sino a qua ci si rimane proprio male. Vabé, meno male che ci sono sempre i Wo Fat
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Boh, leggo qua e là recensioni che ne parlano un gran bene. Ho provato ad ascoltarlo ieri e letteralmente non sono riuscito a finire nessuna traccia. Una noia e una banalità incredibili. Concordo con te sia nelle opinioni sul disco che sul fatto che il loro declino sia cominciato con Lullabies to paralyze. L’unico che personalmente trovo gradevole è Like clockwork. Il resto ignorabile, fino a quest’ultimo che trovo disprezzabile.
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conosco i qotsa fin dagli esordi..a me il disco piace!! non immediato ma dopo qualche ascolto decisamente divertente..trovo geniale la direzione presa negli ultimi 3 album (compreso questo)..non me ne frega di fanboy o detrattori..credo che la recensione sia creata un po’ a pennello per costruire polemica qua nei commenti :P detto questo ognuno ascolta quello che gli va di ascoltare, potremmo stare a disquisire millenni tra conservatori e progressisti della musica senza arrivare da nessuna parte..il gusto fortunatamente è personale, sempre. Buona giornata!
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Ma qualcuno riesce a sostanziarmi la genialità di riprendere i Franz Ferdinand nel 2023?
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Premetto che non mi pare un gran disco a primo ascolto, ma recensione ultra dozzinale farcita da uno sfogo lunghiiiissimo da megaboomer che farebbe accapponare la pelle a pino scotto
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I QOTSA con Homme, Oliveri, Van Leeuwen, Grohl rimane ad oggi il più grande gruppo rock in tutte le sue declinazioni del XXII secolo. Che Homme come musicista sia fenomenale e che come essere umano sia discutibile lo si sa dall’epoca dei Kyuss che mentre gli altri si divertivano a fumare i cannoni e godersi il momento lui registrava nome e pezzi a nome suo. Ergo i Kyuss sono Josh Homme. Poi per carità finiti i Kyuss se lui da zero ha creato i QOTSA e gli altri Kyuss al massimo date nei peggiori “bar di Caracas” sicuro ha una marcia in più degli altri. È un gran imprenditore. Anche Jack White lo è, solo che non risulta testa di cazzo come Josh. Il suo momento più basso per me rimane l’intervista a Vice x il Bataclan, che ma co era li a rischiare la pelle, dove si mette a piangere manco fosse un programma di Maria De Filippi. Se ne sono accorti anche a Vice che infatti hanno cancellato tutto dal web.
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Sì ok, let’s agree to disagree e tutto il resto, ma che gli altri membri dei Kyuss dopo lo scioglimento del gruppo abbiano fatto poco o niente non si può proprio sentire
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Diciamocelo i Kyuss dal secondo disco han fatto dischi fondamentali e il Mondo della Musica moderna non può sicuramente fare a meno dei primi 3 dei QOTSA anche se in realtà il secondo non vale il primo il terzo. Ora, se conto tutti i dischi solisti e i progetti paralleli di tutti gli ex membri dei Kyuss: Garcia, Oliveri, Bjork, Reader, Hernandez non ce n’è uno che abbia mai fatto un disco di cui il Mondo della Musica Moderna non può fare a meno. Io cero quando John Garcia all’ormai defunto Lo-Fi di Milano suonó praticamente davanti ai baristi e un mese fa Nick Oliveri ha suonato a Bergamo sotto casa mia in un posto da 30 persone riempito a suon di messaggi. Bjork non mi risulti sia la cosa più interessante degli ultimi anni ogni tanto fa un disco che può piacere solo ai fan più incalliti, Reader l’unica cosa che so è che tentò di entrare nei Metallica battuto da Trujillo vedi un po’ te. Su cicciobello Alfredo Hernandez non dico nulla perché alla fine viene dagli Yawning Men e secondo me fini nei Kyuss per fare un piacere ai nipotini.
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Beyoncé è meglio dei Queen of the Stone Age.
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Sinceramente, tra recensioni e commenti pensavo proprio che per leggere tante puttanate fosse necessario andare su fb, e invece no.
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