MANILLA ROAD – Mysterium (Shadow Kingdom)

manilla-road-mysteriumSecondo me questi con le costolette di maiale ci vanno forte. Nel senso: ci sono certe cose che, a dispetto di quello che uno può pensare dell’America o degli americani, sti qua sanno fare  proprio bene.  Non tantissime eh, che poi alla fine sono una manica di sveglioni.

Comunque una di queste è il barbecue, che lì più o meno è come, boh? la pasta da noi, diciamo: diffusissimo in ogni dove. Uno degli straclassici del barbecue, nonché prova del nove per ogni vero pitmaster che si rispetti, sono le costolette di maiale in low and slow, ovvero cotte a fuoco indiretto con  una temperatura relativamente bassa, tenuta costante per uno svariato numero di ore. Ovviamente le costolette di maiale cotte al barbecue per sei/sette ore in low and slow, magari mentre ti sfondi di birre con i convenuti chiacchierando di cazzate con lo stereo a palla che vomita liriche su paganità varie, vichinghi, draghi sputafuoco, battaglie all’ultimo sangue, barbari, troll, folletti e blablabla, beh,  sono molto, molto true. Accattatevi un barbecue come si deve e provateci se non l’avete mai fatto. Perché  la costoletta al barbecue in low and slow vi rimarrà nel cuore, fidatevi. Una roba che si stacca dall’osso solo a guardarla, tenerissima, gustosissima, da mani unte e bisunte (che mica coltello e forchetta, no?), cintura slacciata, panza che straborda e sorriso ebete stampato in faccia.

Ribs

(ditemi che non avete l’acquolina in bocca, se avete coraggio)

In ogni caso, che dicevo? Ah sì, i Manilla Road. Questi tra alti e bassi vanno in giro dal millenovecentosettantaqualcosa, cioè roba che la maggior parte di voi amici lettori manco era un concetto nelle mutande dei vostri padri.  Cofondatori dell’epic metal a stelle e strisce, gente che leggeva avidamente letteratura fantastica e riversava poi l’amore per Robert E. Howard e, più in generale, per tutta quella sword and sorcery spuntata nei primi anni trenta dello scorso secolo sulle pagine di Weird Tales, in sala prove. Questi ci hanno sempre creduto un casino, specie il chitarrista/cantante Mark “The Shark” Shelton, autore di musiche e testi, che tra cambi di formazione e rimpasti vari è sempre rimasto al timone del gruppo da più di trent’anni, pur se con una decina d’anni di fermo biologico a cavallo dei novanta. Se andate sul loro sito e date una letta alla biografia scritta di suo pugno vi si scioglierà il cuore, perché avrete l’impressione che  ve ne stia parlando tra un costatina e l’altra, in confidenza, con gli inizi quando ancora non c’era niente e men che meno l’epic metal, il gruppetto alle superiori, il tizio che gli ha insegnato i trucchetti con la chitarra, le prime prove embrionali perennemente ciucchi, le cassettine demo, e tutto quanto il resto, pure fatti personalissimi tipo il divorzio dalla moglie. Cioè, capite, questo è uno che ogni tanto scrive pure ‘by the gods‘ come intercalare, oppure ‘Hail Crom!’: come fai a non volergli bene? Eh? 

The Shark

(Mark “The Shark” Shelton)

Epperò canta di merda, c’è poco da fare. Io gli voglio bene e tutto, ma quanto cazzo canta male. Al di là dell’aspetto musicale propriamente detto, la voce del nostro mi ha sempre tenuto lontano dai Manilla Road. Voglio dire, ci sono cantanti sgraziati che comunque rendono, e mi viene in mente Messiah Marcolin, oppure il compianto Michael Grant degli Onwards. Che ne so, Ozzy. Ozzy lo conoscete tutti, no? Embè tutto mi potreste dire di lui tranne che canti bene. Eppure funziona.  Ecco, “The Shark” no. Svociato, monocorde, è passabile solo sui registri bassi e quasi unicamente sulle parti acustiche, altrimenti è un pianto totale, davvero.  Ed infatti anche il da poco uscito Mysterium non cambia le carte in tavola: apprezzabile musicalmente, inascoltabile per la voce, nonostante ci sia anche un certo Bryan “Hellroadie” Patrick ad aiutare col microfono, che col senno di poi magari era meglio perderlo che trovarlo, sperando che come roadie sia meglio che come cantante. Ed è un bel peccato, perché pezzi come Hermitage, la veloce Stand Your Ground, Only The Brave, ma soprattutto la bella The Battle of Bonchester Bridge, semiballad meravigliosa letteralmente rovinata nel crescendo elettrico dalla voce del nostro, avrebbero avuto ben altra resa con un cantante degno di questo nome ad occuparsi delle parti vocali.

Insomma, io a Mark voglio bene e probabilmente ci passerei ore ed ore a parlare dei Manilla Road, di sword & sorcery, Howard, Sprague de Camp, Lovecraft e compagnia assortita, magari davanti ad un paio di birre mentre si cuociono le costatine nel barbecue, spaparanzati su una sdraio. Basta che non canta se si sbronza, per carità di Crom e delle mie povere orecchie.
(Cesare Carrozzi)

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