Musica di un certo livello #3: METSATOLL, INSOMNIUM

Ho deciso di riesumare Musica di un certo livello, perché mi occorreva un contenitore adeguato al doveroso riferire di recenti epiche produzioni che sebbene non si siano guadagnate uno spazio tutto loro sono comunque nobili al punto da non meritare di passare inosservate.

Posto che mi ascolto qualsiasi cosa anche vagamente epic – folk – viking – pagan – mythologycal – medieval – hystoric – swords – mazzate e sputi in faccia venga data alle stampe, l’unica realtà che mi sento di menzionare è quella degli estoni Metsatöll. Classicissima folk metal band che persiste su un genere oramai sovraccarico ma che molto dice sulla sua serissima ed esemplare attitudine metal. La principale caratteristica dei Metsatöll è indubbiamente la pronuncia di questa RRRoboante dei potenti cori metallici che peRRvadono tutto il disco e fanno da contraltare ai momenti di calma determinata da flauti, cetre e da cornamuse estoni. Il nome dell’album, Ulg, che non ho idea di cosa diavolo significhi, è così onomatopeico che porta in sé sicuramente una ferina imprecazione. Probabilmente vuol dire “crepa infame bastardo” o qualcosa del genere. Come quello precedente che si chiamava Aio di sarda eco. E a noi la limba sarda piace perché oltre al modo indicativo coniuga i verbi al vendicativo. Insomma Ulg non è niente di nuovo (gli In Extremo sono anni che fanno roba di questo genere, ma pure i Metsatöll sono in giro da parecchio) ciò nondimeno è l’incontestabile conferma dell’imperitura, tradizionale fin nel midollo con tanto di scacciapensieri al seguito, attitude di questi selvaggi lupi estoni. Guardatevi il video girato sott’acqua con epiche sirene e silvestri spiritelli, che è tutto un programma. That’s all folk(s).

Gli Insomnium li ascoltai ai tempi della prima uscita discografica In the Halls of Awaiting. Credo me li avesse passati proprio Ciccio Russo ai tempi dell’università, quando avevamo un sacco di tempo da dedicare ad un sontuoso cazzeggio e ascoltavamo qualsiasi cosa uscisse. Il disco mi piacque parecchio ma datosi che si era nei cosiddetti primi anni zero di death melodico ne avevo già piene le orecchie. Quando gli Insomnium uscivano dall’anonimato (diciamo così) nel genere era già stato detto e ripetuto tutto dai principali membri della cordata svedese. Dunque rientrare nel dimenticatoio era cosa prevedibile, come poi è puntualmente accaduto. Così è stato fino a quest’ultimo One For Sorrow. Ovviamente, da bravo imbrattacarte musicofilo, sono andato a riascoltarmi tutto il pregresso e devo confessare che è stato un passatempo a tratti faticoso e un po’ sonnolento. Sebbene venga spontanea la battuta col nome del gruppo, non posso dire veramente nulla di negativo nei confronti degli Insomnium. Non hanno mai toppato, piuttosto mantenuto un costante livello di qualità medio alta. L’ultimo lavoro l’ho preferito agli altri, anche al lordo dell’affezione che potevo nutrire nei confronti del primo. Denota una efficacia ed una immediatezza invidiabile, memore di epoche d’oro che oggi si va -e mi ci metto in prima fila- un po’ troppo spesso ad elogiare con atteggiamento revivalistico, tutto sommato inevitabile. Come disse giustamente Roberto, questi tizi finlandesi si fanno ascoltare facilmente ed inspiegabilmente, anche più di una volta: io lo sento e lo risento ormai da quando è uscito ma sempre mentre sto facendo dell’altro. Non è musica da sottofondo… o forse sì? Vabbé, a prescindere da questo penso che gli Insomnium meritino la vostra attenzione quindi, se non lo avete ancora fatto, andateveli a procurare come meglio credete. Forse non ci perderete il sonno ma nemmeno la salute (pardon, la battuta cretina alla fine è venuta fuori). (Charles)

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