I migliori Rotting Christ del 2025: LUCIFER’S CHILD e ARAN ANGMAR
Al di là delle preferenze personali, è chiaro che negli ultimi anni i Rotting Christ si siano tendenzialmente incartati su sé stessi, ripetendo soluzioni asfittiche e tralasciando spunti che, se meglio sviluppati, avrebbero potuto portare a un percorso più promettente. Allo stesso tempo, però, gli stilemi tipici del gruppo dei fratelli Tolis sono molto diffusi nel black greco, e qui e lì troviamo bande capaci di reinterpretare i medesimi stilemi partendo proprio dai promettenti spunti di cui si parlava prima ed evitando gli errori in cui, per stanchezza o testardaggine, i Rotting Christ sembrano ormai impaludati. È un discorso che già avevamo fatto con gli Yoth Iria, che dopo un debutto interlocutorio sono finalmente sbocciati con Blazing Inferno, per quanto mi riguarda uno dei più bei dischi dell’anno passato.
I Lucifer’s Child me li ritrovai davanti ad un Black Winter Fest di qualche anno fa, e la sensazione di essere un gruppo molto ispirato dai Rotting Christ era acuita dal fatto che alla chitarra ci fosse George Emmanuel, turnista dal vivo degli stessi Rotting Christ nonché produttore di mezza scena greca. Ora è uscito il loro terzo album, The Illuminant, a distanza di sette anni dal precedente, e il vostro amatissimo ex postino ve lo consiglia caldamente. Siamo ai livelli dell’ultimo Yoth Iria, e anche le premesse sono le stesse: si prendono le cose migliori dei Rotting Christ da Theogonia in poi, se ne fa una summa e se ne valorizzano le potenzialità. L’esperimento è riuscito particolarmente bene, da ogni punto di vista. L’album è sufficientemente vario, alternandosi tra parti più cadenzate e altre più violente, ed è impreziosito da produzione e arrangiamenti che rendono bene l’atmosfera oscura, morbosa e occultistica tipica del black di quelle parti, in modo curato e moderno ma non plasticoso. Una nota di merito se la guadagna poi il cantante, Marios Dupont, e il suo stile personale e riconoscibile. I pezzi sono tutti belli ma la vera bomba è Ichor, giustamente scelta come singolo.
Poi ci sono gli Aran Angmar, che tecnicamente non si possono proprio definire greci al cento percento. Ma è greco uno dei due leader fondatori, Maahes (l’altro è olandese, per il resto ogni altro membro passato e presente è italiano) e questo loro terzo album Ordo Diabolicum è stato prodotto in Grecia da un produttore greco, Psychon, già chitarrista dei Septic Flesh. Ma soprattutto è greco il suono e il genere, forse anche più in stile-Rotting Christ rispetto ai Lucifer’s Child, anche se dal gruppo dei fratelli Tolis prendono maggiormente dagli ultimissimi dischi, quelli più robotici e ritualistici, dai ritmi spezzati e con influssi mediterranei specie nell’uso di una voce femminile che intona melodie orientaleggianti, diciamo così.
Rispetto ai sopradetti quasi-conterranei, gli Aran Angmar sono più bombastici, più pompati, con uno stile vocale che un spesso ricorda addirittura i Behemoth o, non so, certi Dimmu Borgir. Questo a volte rischia rendere tutto un po’ troppo cafone, ma le radici sono comunque ben piantate negli ultimi Rotting Christ, anche quando la chitarra prende il sopravvento con riff che sembrano usciti dalle mani di Sakis. Ordo Diabolicum sarebbe molto migliore con un parziale mutamento di approccio, quindi correggendo l’impostazione vocale, modificando il plasticosissimo suono della batteria e dando più spazio alla chitarra solista. Rimane comunque un disco molto gradevole e consigliato a tutti gli amanti del genere – e di quel gruppo là. (barg)


