THE HALO EFFECT – March of the Unheard
La cosa divertente del death metal melodico è che è sostanzialmente poco più che power metal, a volte anche heavy metal classicissimo, con il growl/scream sopra. Cioè, alla fine è molto “semplice”, nel senso che, se funzionano le melodie, non è che ci sia molto da inventarsi per tirar su un pezzo decente, o anche tutto un disco, o proprio una carriera. Questo concetto Jesper Strömblad lo ha intuito già trent’anni fa e ci ha, molto opportunamente, costruito tutta la vita da musicista, e anche quando ha tolto dall’equazione la voce strillata il risultato l’ha ottenuto comunque, vedi ad esempio gli Hammerfall. Che poi personalmente gli Hammerfall mi facciano mediamente cacare è un altro discorso, anche perché il mio problema con loro risiede sostanzialmente nella voce di Joacim Cans, che proprio non reggo, però ecco, a livello di struttura dei pezzi, tolto ovviamente il fatto che i primi dischi degli Hammerfall hanno dentro anche tanto di Oscar Dronjak, risulta evidente quanto Strömblad abbia ben capito come far funzionare il giochino.
E allora qual è il problema, se risulta tutto replicabile come nel più classico dei procedimenti scientifici? Quello di cui la scienza, a differenza della musica, non si nutre: ispirazione, estro, la capacità di tirar fuori pezzi con melodie che ti si ficcano nel cervello e il tiro giusto da fartelo esplodere in mille pezzi; e purtroppo questa capacità Strömblad l’ha persa da tempo. Chiariamoci, March of the Unheard non è un brutto disco, solo che scorre via innocuo come l’acqua che ti portano al ristorante non appena ti fanno accomodare: ti disseta, come no, ma giusto quello. Direte voi: “E mica è poco!”, chiaro che poco non è, ma uno al ristorante non ci va a bere solo acqua, ecco. Poi non so a voi, ma a me Stanne quando canta pulito con quella cazzo di voce da piagnone urta davvero il sistema nervoso, anche se su March of the Unheard almeno di voce pulita non ce n’è molta, giusto un paio di pezzi tra cui Between Directions, ed è un peccato visto che potenzialmente poteva essere uno dei migliori dei disco. Tirando le somme è un disco sufficiente, ma soprattutto fa piacere sapere che Strömblad ha ancora il fegato buono per scrivere pezzi e suonare: non tutto è perduto nel fondo di un bicchiere, quindi. (Cesare Carrozzi)


In accordo totale. Hammerfall mi piacciono musicalmente, voce insopportabile.
Questi The halo effect ineccepibili, ma acqua. Però spero facciano esattamente quello: anzi, tutta sta spasmodica ricerca del nuovo genera schiere di aborti. Fate bene quel che sapete fare, mica è poco.
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Però Strömblad ha scritto zero o poco più di questo disco. È quasi tutta farina del sacco di Engelin.
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Music & Lyrics by The Halo Effect, così recitano i credits sul disco (che ho comprato), per cui: chi sostiene, e l’ho letto anche io in giro, che Stromblad non scrive manco la propria firma sta nel novero delle illazioni. E personalmente nei primi quattro brani (e non solo) la sua mano ce la sento parecchio.
A me il disco è piaciuto molto più del primo. Detto questo l’analisi di Cesare ci sta.
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Ok, grazie per la precisazione. In effetti una “Detonate” sembra proprio venire dall’arsenale di Strömblad (è “Pinball map” parte 2)
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Disco da tenersi stretto, per chi è “nostalgico” di certe sonorità. Io personalmente la mano di Jesper la sento in diversi pezzi, qualche filler c’è, ma è grasso che cola da tutte le parti.
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