Questi sono gli Eroi di cui abbiamo bisogno: TRIUMPHER – Spirit Invictus
Già, praticamente ho detto tutto col titolo. Poco più di un anno solamente è passato dall’esordio, Storming the Walls, tra l’eroico ed il miracoloso, di una piccolissima formazione greca chiamata TRIUMPHER (il maiuscolo è un atto dovuto). Combattiva, anzi, spietata. Mi sembra che il Barg li abbia trattati già molto bene, con quel disco lì che era una discreta bomba e che se ti parte per caso nella playlist in macchina come niente ti trovi a cercar parcheggio alle Termopili. Però il secondo album, Spiritus Invictus, è meglio. E scusate se è poco. Perché vuol dire che è praticamente pazzesco. Che altro devi dire. No davvero. Potrei benissimo chiuderla qua e dirvi che se non correte ad ascoltarlo come minimo bisognerebbe considerare di ristabilire certe usanze che avevano luogo alla Rupe Tarpea. Se non lo avete già ascoltato, visto che non è che siamo proprio tempestivi, noialtri qua, significa che vi meritate che Ciro o Serse non trovino nemmeno la fila al casello, sulla loro strada diretta ad Occidente. Perché se IL METALLO oggi ha delle speranze di reggere alle ondate di canzonette in autotune e ritmetti fatti al telefono è grazie a pochi EROI che fanno scudo per noialtri, che possiamo restarcene nell’Agorà a gozzovigliare e dissertare di sofismi. Però occhio a stare troppo tranquilli:
I BRING POWER AND TOTAL DEATH / PILES OF SKULLS, MOUNTAINS OF SLAIN
I BRING POWER AND TOTAL DEATH / THE KING IS HERE, OPEN THE GATES
Chi bussa ai cancelli è MARS TRIUMPH (il maiuscolo è un atto dovuto), cantante, leader e spietato sovrano dei Triumpher. Che dal vivo si presenta come un guerriero acheo. Poi boh, il titolo dell’album è in latino ma non stona, anzi. Insomma, dicevo, Spirit Invictus è pure meglio di Storming the Walls. Meno dispersivo, anzi, per niente. Tutto durissimo, acciaio vero, ferocia guerriera. Violenza parrossistica ma, occhio, c’è una capacità melodica solida e per quanto riguarda l’Epica non si bada a spese.

Dopo l’intro d’atmosfera (atto dovuto anche questo), il vero e proprio atto di avvio alle ostilità, che risponde al nome di Arrival of the Avanger, è sì un inno al massacro, testa bassa, elmo calato e mazzate, ma ha pure tante caratteristiche che non si limitano al riprendere i momenti in cui l’acciaio dei Manowar è più temprato. A parte quelle sfumature orientali (l’Ellade è là, a un passo), ci sono quei dettagli di scrittura degni di una band che la sa già lunga. Tipo: l’alternare i versi cantati del ritornello con i giri strumentali sa di massacro, se ti ritrovi nella ressa, dal vivo. Ed è solo un dettaglio, una furbizia. Già dopo c’è Athena (1st Chapter) che è l’EPIC METAL forgiato nientemeno che da Polifemo per i suoi amichetti dell’Olimpo. No dai, a parte i giochetti e gli ammiccamenti per pescare chi tra i lettori ha letto o studiato certa roba (più o meno volentieri), stiamo parlando davvero di una delle forme migliori di metallo epico in giro. Questa canzone qua, questa su Atena, arriva a quei livelli di pathos che oggigiorno sono la cifra di certi teutoni come gli Atlantean Kodex e che ai coloni delle Americhe non riesce quasi mai in maniera così assoluta, nemmeno forse quando si impegnano proprio tanto. Solo, rispetto agli Eroi teutoni sopra menzionati, c’è meno mestizia. Meno nostalgia per un passato glorioso ma ormai passato, appunto. Quella dei Triumpher è Epica a testa alta, combattiva, ben presente. E gli ultimi ventitré o ventiquattro secoli di storia è come non contassero nulla. Loro sono ancora là, sulla costa di Maratona o sugli spalti di Tebe. Poi ok, non è che la civiltà greca fosse solo gloria bellica, ma vuoi fare epic metal parlando di filosofia? Magari sì, ma non i Triumpher, ché musicalmente parlando sono una specie di punto di arrivo del metallo epico e power americano. Pure un po’ più duro della media, qualche rafforzo tendente all’estremo ce lo senti, funzionale perché non si perda mai la tensione, nemmeno per un attimo.

Ma insomma, che vado ancora a raccontarvi di questo disco qua, tanto il senso dovrebbe esservi arrivato. Spirit Invictus è semplicemente un disco ottimo, “tellurico”, direbbe qualcuno. Sicuro sarà tra i migliori che ascolterete quest’anno, a conti fatti, e non temo smentite. Non ha un vero e proprio filler o caduta di tono, solo alcuni brani meno leggendari di quei tre o quattro che hanno davvero connotati clamorosi. Mitologici. Quindi niente, la parola “capolavoro” non la spendiamo nemmeno questa volta, ma questi signori qua ce l’hanno in canna, me lo sento. Due dischi del genere in due anni soltanto, coi ritmi che c’erano una volta, quando certi gruppi rilasciavano una bomba l’anno. Chi se lo può permettere un ritmo così, oggi. I Triumpher pare che possano. Spirit Invictus dura un soffio meno di quaranta minuti, quindi riesce benissimo a reggere la tensione bellica fino alle ultime note, senza dover divagare o fermarsi per davvero, manco un secondo. Quest’anno qui, comunque, ne stiamo assistendo a delle belle, sul campo di battaglia del Metallo epico. Se a fine anno, quando è il momento di assegnare un qualche gonfalone i guerrieri che si sono distinti maggiormente, possibile che se la vedranno con gli americani Savage Oath e sarà una tenzone durissima. Fuori dal dovere/piacere di dover classificare i dischi, io uno come Spirit Invictus lo consiglierei sia a un amico che a un nemico. Così magari ci intendiamo. (Lorenzo Centini)

Glorioso. Non serve aggiungere altro
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