Ne Obliviscaris // Walkways // Freedom of Fear @ Slaughter Club, Paderno Dugnano (MI) – 26.10.2024

Il tempo di mangiare qualcosa al volo – a Milano forse la chiamerebbero early dinner, oppure solo dinner considerando gli orari meneghini – passare a prendere il mio fidato sodale fratello del death metal e mi precipito allo Slaughter Club per vedere gli australiani Ne Obliviscaris, seguiti in questo tour dagli israeliani Walkways e dai connazionali Freedom of Fear.

Arrivo purtroppo in ritardo per i Freedom of Fear. Il gruppo di Adelaide mi interessava parecchio vista anche la vicinanza stilistica agli headliner. A differenziarli c’è forse una maggiore vicinanza al death melodico – che a volte mi ha ricordato certi In Mourning e certi Obscura – e uno stile maggiormente barocco e sinfonico. Considerando che i Freedom of Fear sono anche abbastanza più recenti come formazione, non è neanche da escludere che siano stati influenzati più o meno direttamente dai Ne Obliviscaris. Ad ogni modo, per chi apprezza il genere, il loro ultimo album Carpathia del 2022 è consigliatissimo.

Arrivo invece in tempo per i Walkways e lo Slaughter Club è già pressoché pieno. Il gruppo di Tel Aviv sposta le coordinate della serata di parecchio, suonando un alternative/nu metal che ha un effetto particolare: da una parte le sonorità e i suoni sono decisamente più moderni e compressi rispetto a quelli dei due gruppi australiani con cui girano l’Europa; dall’altro stilisticamente ci riportano comunque indietro di 15/20 anni. Nei loro momenti migliori ridanno qualche impressione à la Deftones, mentre per il resto richiamano altri generi in voga in quel periodo come il metalcore e il djent, con i loro breakdown, le voci pulite alternate a quelle in growl, i passaggi con gli arpeggini, ecc.

Dopo di loro è finalmente il momento dei Ne Obliviscaris. Li avevo già visti due volte, a Roma e a Montréal, ma non vedo comunque l’ora che inizino a suonare. In questo tour stanno riproponendo per intero, in occasione dei dieci anni dalla sua uscita, Citadel, che per me rimane il loro miglior album, nonché probabilmente uno dei migliori album metal quantomeno degli ultimi dieci anni. A questo seguirà anche la riproposizione di Exul, loro ultimo album uscito nel 2023 che, colpevolmente, non abbiamo recensito – e anche la loro ultima fatica si piazza in alto nella loro discografia, forse proprio al secondo posto.

Quando il bassista italiano Martino Garattoni sale sul palco viene accolto come una stella locale. Noto inoltre che il cantante è cambiato, a meno che non si sia fatto crescere la barba, i capelli non gli siano diventati ricci e non abbia messo su una ventina di chili – controllando poi in un secondo momento scopro che, apparentemente, lo statunitense James Dorton sostituisce l’efebo Xenoyr solo per i live. Ciononostante la riproposizione di Citadel non delude le aspettative e nei momenti più spinti di Pyrrhic e Devour Me Colossus (Part I): Blackholes partono pogo e moshpit. Terminato l’album del 2014, viene fatta una piccola pausa dove viene lasciata la parola a Martino che tesse le lodi dei compagni. Prima di annunciare l’ultima fatica del gruppo, la prima dove ha partecipato alla composizione, dichiara anche di essere entrato in pianta stabile nella formazione di Melbourne.

Exul viene infine riproposto altrettanto perfettamente – il mio amico che mi ha accompagnato non li seguiva proprio dal secondo album e rimane sorpreso dalla nitidezza e dalla precisione dei suoni. Personalmente, preferisco comunque Citadel, che riesce a essere un perfetto connubio tra tutte le componenti del loro stile, nonché ad avere dei riff particolarmente diretti e coinvolgenti. Exul da parte sua è più riccardone, se vogliamo: ha più assoli, soprattutto di chitarra, e suona maggiormente come un album che ti aspetteresti da una band progressive metal – né io né Charles l’abbiamo alla fine recensito proprio perché ci era piaciuto, ma ci era sembrato leggermente evanescente. Il pogo e il mosh pit si fanno infatti un po’ meno violenti e convinti, anche se noto con piacere che sono pieni di ragazzi giovani che non dovrebbero avere ancora perso le energie. A un certo punto Tim Charles, cantante e violinista, chiede di alzare la mano, prima a chi li avesse visti nel loro primo tour in Italia di spalla ai Cradle of Filth e dopo a chi era andato a vederli per la prima volta. Il numero di mani alzate è decisamente sproporzionato verso i secondi ed è un buon segno: i Ne Obliviscaris, una band che propone musica di estrema qualità, sono finalmente diventati un grande gruppo che attira nuove leve. (Edoardo)

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