I FLOTSAM & JETSAM prendono lo scalpo a Jennifer Aniston: I am the Weapon
Un periodo di forma smagliante tale a questo, i Flotsam & Jetsam l’hanno attraversato solamente agli esordi. Sono circa quindici anni che non ne steccano una: per ragioni del tutto differenti gli unici due album d’inediti che non mi hanno fatto saltare sulla sedia sono stati Ugly Noise e quello col coccodrillo in copertina. Nessuno dei due andava tuttavia al di sotto della sufficienza. The End of Chaos lo reputo bellissimo, e questo I am the Weapon gira attorno allo stesso aggettivo.
Quel che è stazionario nei Flotsam & Jetsam, un tempo Paradox, è lo stile. Ormai hanno compreso che la direzione intrapresa cinque anni fa avrebbe restituito dei gran frutti, e la manterranno finché gli album godranno dei medesimi standard qualitativi. In pratica i Flotsam & Jetsam oggigiorno suonano un metal classico iperpompato: non casuale la scelta di inserire Ken Mary alla batteria, lo stesso di Raise Your Fist and Yell di Alice Cooper e di Grin and Bear it di Impellitteri. Ma soprattutto lo stesso che incise per un lungo periodo con i Fifth Angel.
Il batterista è più giovane di quel pensassi, sebbene l’inizio della sua attività discografica risalga addirittura alla precisa metà degli Ottanta: ha cinquantasei anni, se li porta benissimo, in testa sembra tenere lo scalpo castano di Jennifer Aniston e pesta come un dannato. Ha anche un viziaccio: ve ne parlerò fra pochissimo.

Ken Mary ha spalancato ai Flotsam & Jetsam le porte del power metal, ed Eric Andrew Knutson, che è un cantante eccellente, le ha tenute aperte per tre album consecutivi con performance l’una migliore delle altre. Niente di fondamentalmente differente da quanto accaduto agli Artillery di The Face of Fear: il thrash metal sta godendo di una delle sue tante evoluzioni, e purtroppo sono in pochi, ma capaci, ad averci ficcato testa e piedi per iniettare forza e longevità in questa sua inedita incarnazione.
Rispetto al suo predecessore i brani girano meglio. Kings of the Underworld è l’unica che non ho apprezzato; title track e Gates of Hell le due bordate di inaudita violenza, accompagnate da un paio di riff di Michael Gilbert ai limiti, se non oltre i limiti, del death metal. Ma credo che quei due pezzi siano serviti esclusivamente a diversificare la portata principale, e a giustificare lo status della band all’interno del circuito thrash metal senza che qualche fondamentalista della prima ora si mettesse troppo a rompere i coglioni.
La batteria è mixata mixata ogni volta a un volume più alto che in passato, e questo è un bel problema. Non ha dinamiche, è iperprodotta e livellata, e sentirla così alta smaschera tutti gli altarini del caso. Se alzi la batteria così tanto deve godere di vita propria, deve essere quella del Black Album o quasi. Vi siete mai seduti dietro a una batteria, iniziando a picchiare sulle varie componenti? A seconda dell’angolo d’incidenza delle bacchette, della potenza data agli accenti, quelle pelli e quelle superfici restituiscono un suono che è vita pura. Una batteria morta come un file Midi non puoi alzarla così tanto, e penso che il problema sia dovuto a due gruppi di persone:
Gruppo A: i musicisti che, registrando nel minor tempo possibile, risparmiano un casino di soldi, o che, nella peggiore delle ipotesi, la batteria la programmano direttamente.
Gruppo B: quegli infami dei consumatori, incapaci di distinguere una batteria vera da una finta, o una vera violentata dal soggetto negligente che se ne è occupato.

Eric, una passata dall’oculista per favore faccela
Nel caso specifico dei Flotsam & Jetsam e di I am the Weapon alla produzione si segnala proprio la band, che ha registrato singolarmente gli strumenti. Dopodiché hanno passato tutto al solito Jacob Hansen, ex Invocator, e gli hanno incaricato di mixare e procedere col mastering.
Un tempo la gente correva ai Morrisound Studios per ottenere il miglior suono possibile; oggi si fa tutto in salotto e poi tocca passare da un produttore per i ritocchi finali. Ecco perché sentite produzioni anonime e non all’altezza, perché nessuno vuole più spenderci un soldo: i guadagni si fanno con i concerti, non con i dischi. E dato che i click su Spotify ricadono tutti sulle prime due o tre canzoni di ciascun disco, è già di per sé un miracolo se ne vengono ancora registrati.
A quel punto Jacob Hansen entra in studio col materiale dei Flotsam & Jetsam e si mette a mixarlo. Sente un profumo femminile pungente alle spalle, proprio dietro alla sedia su cui sta comodo: sono i capelli mossi e fluenti di Jennifer Aniston. Esclama quasi balbettando: “Ken Mary, sei tu?”.
Ken Mary lo minaccia, gli punta la pistola sullo schienale, ma a Jacob Hansen sembra che sia troppo bassa e centrale per essere una pistola. Lo accontenta, gli mixa altissima quella batteria finta e la fa sentire distintamente a tutto il mondo. Peccato, perché l’album sarebbe bellissimo in quasi ogni suo passaggio e sfaccettatura. Tra due o tre anni, secondo le mie stime, sentiremo suonare solamente Ken Mary, e in Danimarca ci sarà la tomba fresca di un produttore discografico scomparso per cause non proprio naturali. (Marco Belardi)

Che tristezza però le registrazioni fatte così. Un amico mi ha raccontato di una festa dove i dj mandano la musica direttamente in cuffia per la gente che balla e fuori silenzio. Ecco, quando faranno la stessa cosa con i concerti saremo veramente alla morte di tutto. Ma ci arriveremo.
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Mah, troppa finezza sulla questione batteria. Per il resto, davvero i Floatsam sono sulla cresta.
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Mi dispiace per voi che ascoltate gli album supercompressi da cd o piattaforme, ma io ho il vinile e la dinamica è ottima, la batteria non ha nessun problema, ed è una goduria da ascoltare, potete vedere la differenza qua
https://dr.loudness-war.info/?artist=flotsam+And+jetsam&album=
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