I NECRODEATH ci mancheranno. Ma è giusto che ci dicano addio
Una settimana fa la duplice dichiarazione, firmata da Flegias e Peso, ha scosso come un boato il panorama metal italiano: i Necrodeath nel 2025 pubblicheranno un ultimo album, si imbarcheranno per il conseguente tour, dopodiché si scioglieranno. Se ci penso a mente fredda, e tralascio che Into the Macabre sia uno dei miei dischi preferiti di sempre, mi rendo conto che è tutto nella norma: da sempre sostengo di non voler mai vedere artisti estremi finire su un palco a ridosso dei sessanta o settanta anni d’età. Marco Pesenti, in arte Peso, per l’appunto è un classe 1965 e la sua onoratissima carriera l’ha fatta. Soltanto che la teoria è una cosa e l’atto pratico che ti toglie di mezzo una band che hai visto dal vivo almeno dieci volte, è un’altra. E questo scioglimento non equivale a quello del 1990 o giù di lì: anche analizzando il solo lato anagrafico se ne deduce che stavolta è definitiva, e che è giusto che sia così.
Per la cronaca i Necrodeath pubblicheranno il successore di Singin’ in the Pain, qui recensito dall’ottimo Stefano Mazza, mio spacciatore personale di aceto balsamico modenese, sempre sull’etichetta Time to Kill Records. Già quella era suonata come una rottura: se ci riflettete per un attimo il nome dei Necrodeath era stato un binomio indissolubile con la Scarlet dai tempi di Mater of all Evil, e dunque dal 2000, pur proseguendo con contratti brevissimi.

E poi ci sarà questo tour, stavolta indefinibile come promozionale nei riguardi dell’uscita ventura. A dire il vero li ho potuti ammirare in piena promozione di Singin’ in the Pain, un’esibizione non fra le loro migliori, e neanche in quell’occasione mi diedero l’impressione di voler spingere più di tanto l’album. Anzi, mi parvero in piena fase celebrativa di una carriera intera, come se la decisione fosse stata già ampiamente presa. Era l’aprile del 2023.
Chiudo con un aneddoto su uno dei miei batteristi preferiti, non per la tecnica in sé, perché oggi sono tutti più tecnici e veloci di Peso. Ma, al contrario di quanto avviene con lui, di quel che suonano cento batteristi moderni non ti rimane in testa niente, non un fill, non uno stile che sia anche solo vagamente personale. Marco Pesenti è un maestro di batteria, e se lo seguite sui social vi accorgerete che ha svariati progetti in serbo che gli consentono di lavorare come musicista a pieno regime. Progetti, con tutta probabilità, più compatibili rispetto ai Necrodeath con le esigenze di vita di una persona che prossimamente varcherà la soglia dei sessanta. Fra il 2016 e il 2019 li ho visti dal vivo più volte, sempre con l’attuale e consolidata formazione che comprende Gianluca Fontana e Pier Gonella. Al Circus di Scandicci, prima che il locale si trasferisse in zona Peretola, a Firenze, i Necrodeath fecero l’unico concerto vagamente sotto tono fra i tre che gli vidi inscenare in quel lasso temporale: a fine scaletta qualcuno alle spalle del palco lasciò spalancata una porta facendo arrivare a ridosso della batteria un’interminabile ventata d’aria gelida. Tutta sulla schiena di Peso, che per l’appunto era senza maglietta. Il batterista tirò una madonna a alta voce e urlò di chiudere quella cazzo di porta.

Fu una di quelle volte in cui lessi fra le righe il rovescio della medaglia di dovere affrontare un tour in qualità di uomini di mezza età: con i dischi che non vendono più come una volta è fondamentale piazzare le magliette alla bancarella del merchandising, e, soprattutto, è fondamentale farle tutte le date. Quaranta di febbre perché hai preso una frescata mentre suonavi perché qualcuno pensava d’essere “al Colosseo” non è neanche lontanamente prospettabile, come scenario. Sono quei piccoli dettagli che distinguono il musicista giovane che pensa a spaccare tutto, bere e scopare dal musicista professionista che deve far tornare la quadra e allo stesso tempo restituire un immaginario orrorifico ed estremo tale e quale a quello che i Necrodeath portano avanti da quando si chiamavano Ghostrider. Fuckin’ Clod figurava alla chitarra. Claudio Bonavita, più tardi.
È perfettamente sensato che i Necrodeath si sciolgano. Dopo quaranta anni d’attività devi anche solo avere una vaga idea di cosa buttare in pista il giorno in cui decidi di comporre un nuovo album, e la loro evoluzione si è portata avanti all’incirca fino agli anni di Idiosyncracy, dopodiché l’ovvia e funzionale retromarcia. The Age of Dead Christ l’ultimo album veramente degno di nota, con almeno tre pezzi tranquillamente riproponibili dal vivo a ogni set, cosa che non accadeva dai tempi di 100% Hell e delle sue Forever Slaves e Master of Morphine.
I miei migliori auguri per tutto quello che verrà, e ora speriamo di poterli vedere un’ultima volta, magari con Necrosadist e Graveyard of the Innocents e altri cavalli di battaglia in scaletta. (Marco Belardi)

Concordo su tutto e soprattutto su PESO. Se penso a Above the Lights dei Sadist ed a come la produzione del suono della batteria abbia rovinato il disco di death melodico italiano piu’ bello di sempre mi viene le lacrime. Anche li’ Peso, nonostante il suono dimmerda fece la differenza alla grande.
Invecchiamo e invecchiano anche i nostri miti; se ripenso che ascolto metal da quando Hetfield aveva i brufoli sul retro di copertina di Kill em all….
"Mi piace""Mi piace"
Non ho mai visto un loro concerto che abbia riempito un locale,neanche con la fama internazionale dei loro primi dischi.Oggi con un sold out non si riesce a guadagnare come un tempo.Non si decide di sciogliere una band solo per motivi anagrafici.
"Mi piace""Mi piace"