KRYPTONOMICON – Daemonolatria

Una piccola porzione delle mie preoccupazioni metallare deriva da Kryptonomicon ed Epitaph. Entrambi i gruppi hanno la mia profonda attenzione da anni, e, ahimé, entrambi hanno cambiato il cantante piuttosto di recente. Sugli Epitaph sono certo che sostituire Emiliano Cioffi a livello di presenza scenica sia pressoché impossibile, e chi ha avuto l’onore di vederli dal vivo probabilmente concorderà con me. Sui Kryptonomicon orfani di Luca Sterle dico che sono rimasto di sasso. Per anni ho associato il gruppo di Monfalcone alla figura imponente e spavalda di Luca Sterle con indosso la maglietta dei Celtic Frost, quasi a voler anticipare i contenuti del prodotto venduto. Immaginare ora i Kryptonomicon privati di Luca Sterle mi provoca un certo sconforto, allorché mi ritengo affezionato ai loro dischi, soprattutto al primo, al loro citazionismo e pure a certe foto promozionali. Bassista e chitarrista si spartiscono, a quanto pare, i compiti dietro al microfono. Il secondo, fra le altre cose, non è che Stefano Rumich, polistrumentista molto attivo sul web con i video della sua drum cam, in cui si diverte a reinterpretare fedelmente i classici del death metal. Un musicista particolarmente capace che sono ben felice mantenga il timone nei Kryptonomicon divenuti terzetto.

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Dovessi definire il fresco di stampa Daemonolatria direi che è il disco dell’avvenuta maturazione. Suoni in costante miglioramento senza scadere in evitabili plastificazioni e modernismi, e canzoni rodate dalla qualità media piuttosto alta. Satanama è quella che mi ha maggiormente colpito, anche perché è introdotta dal solito incipit orrorifico – stesso format visto in Portae Inferi due annetti fa – che è particolarmente funzionale al suono del gruppo italiano. Per il resto la componente Celtic Frost è ancora presente ma è relegata ad un piano inferiore, vuoi per una maggiore cura delle composizioni in sfavore del totale minimalismo, vuoi perché insistere in tal direzione alla terza pubblicazione su tre avrebbe comportato delle ritorsioni. I Celtic Frost li ritroviamo piuttosto nella titolistica: arrivate a The Emperor Rising e ditemi se non avete immediatamente ripensato a loro. 

Il comparto vocale non mi appassiona come in passato. Luca Sterle aveva svolto un lavoro encomiabile dosando teatralità e un sapiente utilizzo degli effetti. Quel che otteniamo in Daemonolatria al capitolo microfono è un risultato più che sufficiente, eppure ordinario. Non mancano i momenti di totale goduria, ad esempio il break di The Spreading Wind of Epidemic o l’accelerazione alla Morbid Tales di There’s no Life, There’s no Death.

Un album veloce, Daemonolatria, che conferma il buono stato di salute dei Kryptonomicon dopo aver subito uno choc  tutt’altro che di poco conto. Rimango dell’idea che il loro debutto Nekromantikos rimanga l’apice, anche laddove le composizioni rasentavano il plagio (l’inizio della meravigliosa Zeder) nei riguardi dei più volte citati Maestri. (Marco Belardi)

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