Avere vent’anni: SLIPKNOT – Vol. 3: the Subliminal Verses

Nel maggio 2004 ero all’apice del mio fanatismo per gli Slipknot.

Li avevo scoperti da meno di un anno, col folle e indimenticabile omonimo, che mi fece comprare Iowa ad occhi chiusi, murandomelo nello stereo col calcestruzzo, e poi, pochissimi giorni dopo l’uscita, questo qui, in un Messaggerie Musicali (vecchio tempio dei dischi al centro di Roma) strapieno e ancora molto lontano dalla chiusura.

The Subliminal Verses è il disco della svolta, una svolta odiata per certi VERSES (vabbè, dopo questa mandatemi un’infestazione di blatte a casa). Ci sono gli Slipknot PRIMA di The Subliminal Verses e gli Slipknot DI e DOPO The Subliminal Verses (tanti notarono l’odiata svolta già con Iowa, ma non sono particolarmente d’accordo con loro).

Prima di The Subliminal Verses ci sono gli Slipknot furiosi, nichilisti, maleducati e anarcoidi che vogliono solo veder bruciare il mondo e i borghesi giudicanti; praticamente i messia degli adolescenti occidentali più anticonformisti e bellicosi di quell’epoca. Sofferenza e teppismo con una spruzzata di salsa barbecue e patatine fritte. Per me si collocano, non musicalmente parlando ma per attitudine, intenti propagandistici e pubblico di riferimento, nello stesso solco tracciato da Marilyn Manson ben prima di loro, ma con meno componente religiosa e più follia distruttiva.

Il “facciamo come ci pare, non ci rompete il cazzo e a Messa la domenica ce vai te co tu zia quella rotta in culo!” portato all’estremo (con la zia rotta in culo che finisce scorticata viva nella vasca da bagno al piano di sopra, per intenderci.)

Con The Subliminal Verses (e l’arrivo di Rick Rubin alla produzione, non dimentichiamocelo) si arrivò invece ad una sorta di negoziazione. The Subliminal Verses fu un chiaro: “Ok, a Messa non c’andate, alle comunioni nemmeno, neppure a guardare le vetrine del centro commerciale di Des Moines, ma la zia rotta in culo non la scorticate viva, uno, due schiaffoni vanno bene, pure un calcio nelle terga, ma poi la lasciate perdere. Anzi, poi ve ne pentite e chiedete scusa!”. Capite anche voi, anche senza conoscere il disco, che fu un coraggioso tentativo di rimettere i leoni nella gabbia, di spegnere l’incendio.

Infatti il coraggio non manca a The Subliminal Verses, ma questa normalizzazione forzata riuscì solo parzialmente. Perché è proprio nei momenti più incazzati che gli Slipknot continuarono a dare il meglio di loro. The Blister Exists, Welcome, Opium of the People (ritornello escluso), Duality (anche qui ritornello escluso), Pulse of the Maggots, sono brani gagliardi e tosti. Certo, più melodici e strutturati di un brano a caso del primo omonimo, ma hanno comunque testosterone e cazzimma, nulla da dire.

Il problema è che poi arrivarono “le scuse” di cui sopra: le ballad Circle, Vermillion pt.1 e pt.2 all’epoca mi piacquero assai, ma ero accecato dal mio fanatismo adolescenziale, che mi avrebbe fatto perdonare agli Slipknot pure una cover di Fabio Concato: in realtà non si possono sentire. Sono fuori fuoco, soporifere. Si vede che non ci credono neanche loro più di tanto.

Quindi è difficile dare un giudizio univoco a The Subliminal Verses. È un disco con alcune scelte azzeccate, ma anche tante sbagliate, o quantomeno controverse. Ci sono dei riff spaccaculo, ma anche tante dormite. C’è coraggio ma anche snaturamento, c’è cazzimma ma anche normalizzazione forzata, un tentativo di aprirsi al pubblico borghese e giudicante che fino al giorno prima avevano preso a mazzate sui denti. E coi dischi successivi continuarono su questa scia, con un sound più definito, oltre che moderno, ma ormai definitivamente lontano dalle zie scorticate vive e le scuole date alle fiamme.

Io a distanza di vent’anni ancora non l’ho ben capito ‘sto disco, pur conoscendolo a memoria. E anche adesso che lo sto riascoltando per l’ennesima volta, gli interrogativi aumentano anziché diminuire. (Gabriele Traversa)

Un commento

  • il loro ultimo grande album, “all hope is gone” è piacevole ma nulla di pù e dopo il nulla purtoppo. L’album l’ho consumato ma “Circle” e “Vermilion” acustica le ho quasi sempre skippate

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