L’intelligenza artificiale è destinata a diventare la nuova Arte

L’Intelligenza artificiale è destinata a diventare la nuova Arte. Non soppianterà la fotografia, così come la fotografia non ha soppiantato la pittura negli anni in cui Charles Baudelaire lanciava un preoccupato monito nei riguardi dell’incombente novità dei primi Ottocento, dopo quella lunga esposizione effettuata dalla finestra di Joseph Niépce, anno 1826. Baudelaire temeva che la fotografia avrebbe ucciso la creatività. Invece fu la fotografia a diventare creativa con l’avvento del simbolismo e del futurismo. Charles Baudelaire, senza che nessuno avesse superato definitivamente idee e metodi del suo tempo, aveva tuttavia avuto ragione.

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Joseph Niépce, 1826

Mentre scrivevo della copertina di Levels of Perception e delle bizzarre tesi difensive portate in aula dal suo ideatore, ero certo che l’argomento intelligenza artificiale avrebbe assunto di lì a poco tratti dominanti. Qualcuno doveva prendersi la briga di rompere il ghiaccio. Generalmente a farlo non è mai un artista che, in quanto tale, ritiene di poterci offrire l’essenza della sua Arte. È colui che annusa la direzione del vento e capisce che, tirandosi addosso un bel po’ di merda, ne gioverà in termini di pubblicità, punto. Non credo, però, che con i Pestilence sia andata in codesta maniera. Sicuramente è stata una di quelle coincidenze astrali fra il fare l’ennesimo sbrocco in un luogo pubblico, i soliti social, e il farlo, stavolta, nel momento giusto oltre che nell’ambito giusto. Patrick Mameli in sostanza ha centrato l’argomento, e ora, per qualche imprecisato motivo, si sta ricominciando a parlare dei Pestilence, che continuano dal canto loro a non pubblicare un album di spiccata personalità da quel controverso Spheres del 1993.

Il mondo è bello anche per questo, non trovate? Ma è una merda per tant’altri motivi che ora vi elencherò. Riassumiamo ciò che è accaduto nel lasso temporale intercorso fra la pubblicazione di quell’articolo e la data odierna. Innanzitutto i Pestilence hanno fatto tabula rasa con l’artwork di Levels of Perception, in un merda chiama merda generale destinato a non aver fine. La brutta copertina fatta con l’intelligenza artificiale è stata sostituita da una ancor più brutta, e rassomigliante all’artwork di un bootleg anni Novanta fatto dai fan dopo avere illegalmente registrato il concerto chiusi nel gabinetto del Whisky a go go. A unificare i due disegni è il solo pallone centrale, lo stesso che ricorre dai tempi di Testimony of the Ancients, probabilmente il contenuto della testa di Mameli rilevato in seguito a un’ecografia. Dunque non è stato abolito il prodotto finale ma anche l’idea alla sua base, perché, con buona probabilità, portarla a compimento sarebbe costato troppo. Il che dà totalmente ragione a quanto scritto nel mio articolo: non state abbracciando l’intelligenza artificiale per velleità artistiche ma per capire come risparmiare due o trecento euro.

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Veniamo ora agli Hour of Penance, che mi sono goduto poche settimane fa al Firenze Metal. Probabilmente tengo a mente le loro copertine ancor più della loro musica, un death metal ottimamente eseguito ma non del tipo per cui esco pazzo. Il 5 aprile prossimo uscirà Devotion, con Giacomo Torti in luogo di Davide Billia alla batteria e l’intelligenza artificiale a mettere una pietra – temporaneamente o in via definitiva, questo lo sanno loro – sopra alla fruttuosa collaborazione di natura grafica con l’ungherese Gyula Javancsàk. Se devo essere sincero gli Hour of Penance hanno ottenuto un risultato tutt’altro che scadente con la copertina di Devotion, limitandosi a inserirvi pochi elementi che costruissero un contesto cupo e tutto incentrato sulla figura e sul significato dei Totem. Trovo funzionale e concreta l’idea di cambiare regime dopo svariate copertine affidate al medesimo artista: di recente ho letto da qualche parte che Paolo Girardi farebbe copertine tutte uguali. Paolo Girardi ha sviluppato uno stile assai personale e quel che ottiene dipende, in una certa percentuale, da ciò che i musicisti gli commissionano. Anche a Scott Burns e Jim Morris chiesero per un decennio abbondante sempre gli stessi suoni, poiché erano il non plus ultra del death metal. Vediamo dunque di non rompere ora i coglioni a Paolo Girardi. O, in alternativa, di fare come gli Hour of Penance i quali hanno ricercato idee altrove, seppur senza risultati eclatanti.

Lo sbaglio degli Hour of Penance è stato, semmai ce ne fosse uno, la dichiarazione a Metal1 che ho letto, riportata su Metal Injection, il quattro marzo scorso. Secondo cui un’opinione orrenda sarebbe stata eretta in difesa di opere d’arte votate alla pigrizia. Il riferimento di Metal Injection era tutto a una frase espressa dal gruppo laziale, “dobbiamo accettare che non siamo necessari come esseri umani”. Se il riferimento era indirettamente rivolto ad artisti come Gyula Havanmcsàk, ne riparliamo il giorno in cui i dischi non li comporrete voi ma l’intelligenza artificiale.

Ritengo che l’argomento sia in procinto di dilagare, e sono dell’idea che molti gruppi stiano sondando il terreno in attesa di capire come meglio muoversi. I Pestilence pagano le loro decisioni affrettate e scriteriate; gli Hour of Penance il confronto con immagini meravigliosamente portate a compimento. Pensate che senza i social media i Pestilence avrebbero pubblicato una brutta copertina in un album del tutto inatteso, e che la cosa sarebbe passata in sordina nel giro di qualche mese. Al contrario abbiamo i Pestilence all’inferno a causa dei commenti che Patrick Mameli stesso ha richiesto ai suoi fan, confrontando quell’immondizia all’immediatezza e alla potenza del disegno di Squeal su Consuming Impulse.

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Il problema di fondo resta lo stesso: per portare a casa un buon risultato con l’intelligenza artificiale dovete comunque pagare un professionista in grado di domarla e spremerla. Uno che conosce la regola dei terzi, le curve di viraggio e il color grading, e che indirizza il software nella direzione ambita nei vari passaggi che intercorrono fra la bozza originaria e il prodotto finale. Altrimenti sarete solo musicisti che si improvvisano altro in virtù di un esiguo risparmio.

A questo punto vi rivolgo la domanda che avevo in testa ben prima di scrivere l’articolo: quanto vi interessa realmente la vostra Arte? Siete in grado di comporre un grande album ogni quattro o cinque anni supportato dai dovuti investimenti, concentrando il grosso dei ricavi nell’attività live e nel merchandising? Perché, se l’album a cadenza annuale o biennale andate a realizzarlo senza i necessari investimenti, e se vi ritrovate a programmare la batteria al computer per risparmiare e a mettere in copertina una porcata perché il grafico ha chiesto quattrocento euro, tanto vale a parer mio che quell’album lo facciate più avanti quando avrete da spenderci un minimo. Sentire i vostri suoni plastificati e osservare le copertine fatte col culo che nei prossimi dieci anni con certezza vedrò mi pone d’innanzi a una grottesca e orrenda visione d’insieme, che mi conferma che della musica che registrate non ve ne frega veramente un cazzo. Perché altrimenti ci mettereste l’anima, tutti voi stessi, un autentico batterista, un’immagine degna di essere ricordata nel tempo e strumenti che escono fuori – tutti dal primo all’ultimo – come fossimo lì sul palco a goderceli. Se non v’interessa tutto questo, la scena, a patto che essa ancora esista, non ha alcun bisogno di voi. Inutili esseri umani. (Marco Belardi)

4 commenti

  • Le parole di quei personaggi che hai citato non fanno altro che confermare quanto avevo scritto altrove sul discorso copertina dei Pestilence.

    Mi autocito:

    Il problema non è l’AI come non è internet, non è lo smartphone o il PC. Il problema è l’uso che se ne fa e l’imposizione di un pensiero unico sull’argomento (come su molti argomenti negli ultimi anni) e la deumanizzazione che si cerca di far avanzare con ogni nuovo progresso tecnologico. Dove il fattore umano da prima si usa per rendere indispensabile la nuova scoperta agli occhi dell’opinione pubblica. Poi viene usato per mettere chi è strumentale alla divulgazione di un certo prodotto, concetto o tecnologia contro chiunque avanzi dubbi o mostri perplessità. Poi, piano piano, il fattore umano viene abbandonato come se la nuova tecnologia in sé si fosse autogenerata e l’umanità fosse addirittura colpevole di non farne largo utilizzo. Fino al punto di sacrificare posti di lavoro e persino vite sulla via del progresso tecnologico che purtroppo, non solo non cammina di pari passo col progresso spirituale o sul piano umano, ma addirittura su questo fronte stiamo camminando all’indietro: la storia viene riscritta per renderla conforme alle necessità del momento, la censura viene applicata a piene mani con la scusa degli “standard della community” e delle “fake news” (come se ci fosse davvero qualcuno che conosce tutte le verità e può tacciare come menzogna qualsiasi forma di pensiero critico), le notizie vengono manipolate proprio da chi avrebbe assunto il ruolo di unico conoscitore delle verità (vedi fact checkers vari), gli studi scientifici o di settore vengono inquinati per portare ai risultati che devono essere ottenuti in base ai dettami di chi paga questi studi, ecc… ecc…
    Ci sarebbero decine e decine di altri esempi.
    Ed è facile scovare chi è caduto preda di una certa propaganda perché di solito etichetta con epiteti messi in voga da giornali, tv e social e ripete a pappagallo i soliti quattro slogan riferiti a quel dato argomento, senza mai l’ombra di un pensiero o argomentazione generati dall’osservazione.
    Quindi il problema non è la tecnologia in sé, il problema è che nel tentativo di stare a galla in un mondo sempre più confuso, non ci resta che imporci e abbracciare ciò che viene dipinto come socialmente accettabile (compresa la tecnologia stessa di cui presto perdiamo la padronanza per diventarne schiavi), perdendo di vista il rispetto verso noi stessi e gli altri e verso la centralità del ruolo degli esseri umani.
    In merito alla copertina, non ho mai ascoltato i Pestilence quindi mi interessa poco se non fosse che dietro questa vicenda si nascondono tanto sintomi di ciò che scrivevo sopra. Un mondo di plastica, dove tutto è facciata e dove all’attitudine e alla capacità di sostituisce l’apparenza. E l’apparire.
    Menti svuotate e spalancate all’accettazione critica di qualsiasi porcata viene imposta dall’alto.
    E felici sguazziamo nel mare della mediocrità in un mondo dove la virtù e l’eccellenza ormai vengono vissuti e visti come un difetto

    P. S. – lo so, lo so. Sono un boomer. Sono andato lungo. Ecc… Ecc… Ecc…

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    • No, non sei andato lungo. Semplicemente hai fatto un mischiafrancesca di cose slegate. L’impressione generale, piu` che di una denuncia, e` quella di “man yells at cloud”.
      Mo’ stanno tutti in fissa con la GenAI esattamente come 30 anni fa stavano tutti in fissa col 3D. Anno 2024: il 3D ha conquistato la sola animazione Disney. I giapponesi ancora gli danno sotto con i disegni. Alla fine e` rimasto spazio per tutti. Cavolo, Del Toro ha appena fatto persino un film stop motion su Pinocchio!Dai tempo al tempo per far sconfiare l’entusiasmo generale.
      Quando alla censura causata dalla “standardizzazione” dell’interazione che si vuole su internet, beh quella non c’entra niente col progresso tecnologico e/o sociale/spirituale. Semplicemente si sta cercando di rendere quella porzione di massa dell’internet esattamente come la TV, ossia un salotto bene dove non si manchi di rispetto a nessuno.Penalizzante per alcuni? Certo, ma anche necessario alla democratizzazione del mezzo. Cosi` si rende lo spazio di frequentazione sociale un “crepuscolo grigio” dove nulla emerge? Puo` darsi, ma puoi anche andare altrove grazie al cielo. Internet mica e` solo Meta. Su YouTube ci sono le (vorrei usare un’altra parola ma non mi viene in mente) puttane di OnlyFans che si fanno pubblicita` sul sito piu` “family friendly” del mondo senza venire censurate o altro, ci sara` pure il modo di portare pubblico a Metal Skunk senza doversi piegare a chissa` quale sopruso.
      Vedo solo tanta confusione e paura.

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      • manuelcolombo

        concordo, sottoscrivo e aggiungo, chi se le incula le copertine nel 2024, che ascoltiamo tutti in streaming?

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  • Concordo pienamente, e aggiungo, soprattutto per il caso dei Pestilence, che nessun software di AI trasforma un’idea di merda in qualcosa di prodigioso. A dimostrazione che, almeno fino a quando l’intelligenza artificiale non sarà in grado di pensare senza partire da un database definito, il discrimine resterà comunque l’inventiva, una capacità di cogliere e tradurre in segni un insieme di analogie, suggestioni e impressioni.

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