Restare ottimisti davanti all’umanità che svanisce: SGÀILE – Traverse The Bealach

Gli Sgàile sono un progetto di cui vi avevo parlato nelle anticipazioni di fine anno: sono un’idea del polistrumentista scozzese Tony Dunn (qui l’intervista), il quale in precedenza ha suonato in gruppi come Falloch, Saor, Cnoc An Tursa. Nel 2021 ha intrapreso la propria strada e ha pubblicato un ottimo disco di debutto come Sgàile, Ideals & Morality, dove si trovano già tutte le basi musicali dello stile che ritroviamo sviluppato oggi.

Il secondo album appena uscito, Traverse the Bealach, conferma e supera le buone aspettative che avevamo: è un lavoro di gran classe, che mostra una grande coerenza interna e una capacità compositiva solidissima. Il genere è un metal epico, potente, a volte vira verso il doom e a volte accelera anche con l’uso di blast beat, poi è giustamente influenzato dalla musica celtica della terra di origine di Tony, che emerge specialmente nelle scelte melodiche. Oltre a questo, il respiro compositivo è ampio, tanto che in alcuni momenti ha il coraggio di uscire dall’ambito del metal, per estendersi non soltanto al progressive, come ci si aspetta e come accade, ma anche oltre, in territori che possiamo chiamare d’avanguardia, ma in un modo del tutto coerente e ben inserito nel registro generale dell’album, rendendolo ancora più affascinante e completo, se non innovativo. La voce di Tony è cristallina e svetta benissimo sulla musica.

Traverse the Bealach ha il suono di un viaggio, di una traversata attraverso vari territori. Scopriamo difatti che l’album è un concept dove si sviluppa il racconto di un vagabondo, il quale s’incammina verso nord attraverso una Scozia del futuro, dopo un cataclisma, o una guerra. Durante il suo viaggio, il protagonista osserva il paesaggio e riflette sul suo destino. I temi che hanno ispirato Tony Dunn in realtà provengono dall’attualità, in particolare dall’ultima pandemia e dal cambiamento climatico, a cui si aggiunge il belardiano fascino per il trekking a lunga distanza. In effetti, leggendo i testi di questo disco ho anche imparato almeno due cose che non sapevo: ptarmigan è il nome inglese della pernice bianca (genere Lagopus), a cui si riferisce The Ptarmigan’s Cry, mentre l’effetto di Brocken, di cui parla l’omonima traccia, è un fenomeno ottico visibile in montagna, prodotto da una luce riflessa da una nuvola, o da una nebbia verso l’osservatore, in cui si vede l’ombra dell’osservatore ingrandita di molte volte. In italiano si chiama anche “gloria”. Poi dice che i metallari… (Stefano Mazza)

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