La lista della spesa di Griffar: speciale Fiadh Productions
Capitoletto dedicato a tre uscite patrocinate dall’attivissima Fiadh Productions, etichetta americana underground d’impostazione vegana/naturalistica/ambientalista/inclusiva e via discorrendo. I tipi producono una marea di roba (date uno sguardo al loro Bandcamp), non necessariamente o non solo prettamente metal. Per l’acquisto in digitale vi rimandano direttamente allo spazio delle band, mentre da loro si possono comprare le edizioni fisiche dell’opera, sempre tenendo ben presente che i costi di spedizione dagli Stati Uniti sono proibitivi e che le loro tirature sono limitate ai confini dell’irrisorio (cioè vanno esaurite in un batter di ciglia). Acquistando più titoli si diluiscono un po’ le spese postali, ma il conto lievita comunque. Le bellezze del mercato globale… certo che, se uno è un collezionista, quando arriva il pacco e ci si rigira tra le mani oggetti che in pratica non esistono, un certo benessere psicologico c’è.
Parliamo di musica che è meglio. Esce per loro il debutto degli americani YFEL, progetto a cinque elementi rivolto al pubblico appassionato di black atmosferico di scuola americana che ha tra i suoi principali capostipiti gli Wolves in the Throne Room.
Anche per quanto riguarda le materie trattate nei testi (natura, agricoltura, folklore degli Appalachi, folklore celtico in generale, comportamenti dell’uomo) i punti di contatto sono evidenti. Beneath The Mountain’s Vigil offre cinque lunghi brani per una quarantina di minuti di musica brillante, coinvolgente ed evocativa. Viene dato grande spazio a una melodia il più maestosa e romanticamente agreste possibile, e questo si riversa in riff che piaceranno a chiunque apprezzi questo sottogenere di black metal. Volendo essere maligni si potrebbe dire che certi passaggi sono persino ruffiani come un gatto che si strofina contro le gambe perché la pappa che gli hai messo non è abbastanza o non troppo di suo gradimento, e allora vuole addomesticarti al suo regale volere. Tralasciando questi pensieri maliziosi, bisogna oggettivamente riportare che nel disco non ci sono difetti e che i pezzi piacciono parecchio, specialmente la lunga (oltre i 10 minuti) Battle of Blair Mountain e la conclusiva Eyes of the Moon. Tutto il disco è comunque ricolmo di spunti notevoli in grado di attirare l’attenzione; nel complesso il livello è piuttosto alto e vale sicuramente un po’ del vostro prezioso tempo.
In Pious Chains del quartetto irlandese EVERDEAD WOOD non è nuovissimo: se lo sono autoprodotti in digitale loro stessi nel 2022 e, come sempre accade in questi casi, è passato del tutto in sordina. Un motivo c’è a mio parere, ed è – per quanto assurdo vi possa sembrare – che non hanno pensato a farne una versione fisica fin da subito, per limitata che fosse. Anche (o per meglio dire soprattutto) perché poche copie attirano l’attenzione dei collezionisti, dopodiché qualcuno se la compra e se la mette in collezione, quindi il titolo viene visto dai followers (succede anche a me mio malgrado), il nome circola e da lì parte tutto. Ci pensa così la Fiadh, che ne realizza una tiratura limitata a 30 copie in cassetta. Un’uscita solo in digitale al giorno d’oggi, senza alcuna etichetta che ti promozioni il titolo, ha lo stesso impatto di un cucchiaino di zucchero sciolto nell’Oceano Pacifico.
Si dice Irlanda e vengono subito in mente i Primordial, è inevitabile, e anche gli Everdead Wood qualcosa debbono ai loro illustri compatrioti, ma nel loro disco c’è molto di più, c’è tantissima carne al fuoco, forse persino troppa. Troverete un po’ di black metal folkeggiante tipo Falkenbach o per l’appunto vecchi Primordial periodo Imrama, ma troverete anche prog rock puro, intrecci di chitarra (Primordial Archaic Reversion, con una strana coda di tre minuti di assoluto silenzio), heavy metal classico e anche death metal cadenzato di quello che fa fare le giravolte ai capelloni scapocciando fino a torcersi il collo; troverete passaggi acustici soffusi e crescendo post-rock (Spall na Spéir, pezzo di circa 8 minuti che cambia atmosfera tremila volte), fraseggi di chitarra solista che si prendono tutta la scena, blast beat a tutta manetta, mid-tempo powerthrash… Insomma, sembra che abbiano incluso nel disco tutto quello che gli piace ascoltare, il che, se da un lato è certamente un vantaggio, da un altro porta a una certa confusione. È un disco che va ascoltato bene, perché di idee e di riff vincenti ce ne sono a decine. A mio parere c’è qualche calo di troppo e la produzione un po’ slegata talvolta non agevola la fluidità dei pezzi, però non dargli neanche un minimo d’attenzione sarebbe immeritato.
Infine è doveroso parlare degli ATERRIMA, che nel circuito underground stanno ottenendo un’attenzione più che ragguardevole. È un side project di due dei tipi dei Weald and Woe (dei quali ho parlato non molto tempo fa). A Name Engraved in Cold Soil è il loro esordio e propone un melange di svariati generi di metal in prevalenza accostabili al death ed alle sue innumerevoli biforcazioni; soprattutto quello tecnico e dissonante che prendeva spunto dagli Atheist, dai Cynic dei primi passi e che si è spinto fino a cose più estreme tipo Gorguts e Spawn of Possession degli ultimi tempi, quando il loro obiettivo principale era mostrare al mondo quante migliaia di note si potessero suonare con uno strumento musicale nel minor tempo possibile. Tra le loro influenze indicano Dissection, John Coltrane (!), Ulver del passato e del presente e altro ancora. Si fatica perciò a capire come sia possibile che qualcuno li includa a forza nell’universo black metal, ma così è se vi pare.
Per quanto mi riguarda nel loro disco di black metal non c’è praticamente nulla e basta ascoltare la opener Virga per accorgersene; codesta tra l’altro ha una lunga coda prog/jazz fusion inserita in arrangiamenti prettamente techno death. Tutto il resto del disco segue questa falsariga, che poi ogni tanto compaia qualche monocorda in blast beat non implica che ci si addentri nei campi minati del black metal, perché in questo caso davvero non succede. Il disco è molto complesso e contorto e questo agevola ad accentuarne la violenza che si cela nel suo sottofondo, perché a tratti è dissonante come il più spinto dei dischi avantgarde metal (Another Strange Body, per esempio) solo estremizzato all’ennesima potenza. C’è melodia sì, ma non immediata e non facilmente assimilabile; la definirei piuttosto aspra e straniante come solo i gruppi prog death più sperimentali hanno saputo inventare. Intuirete che l’ascolto non è facilissimo, la musica scorrevole è altra e sono certo che gli Aterrima soddisferanno i palati più esigenti che al metal chiedono ibridazione, innovazione e distintività, caratteristiche che in questo album abbondano. Quarantanove minuti di musica che non lascia indifferenti. L’edizione di Fiadh è in cassetta limitata a 50 copie, oppure 30 CD. Buona caccia, alla prossima. (Griffar)




Copertina presa da un pittore della scuola dell’hudson river e materiale alla wolves in the throne room (si spera dei primi tempi). Inevitabile instabuy per gli Yfel. Grazie!
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“etichetta americana underground d’impostazione vegana/naturalistica/ambientalista/inclusiva”….eh niente, fa già ridere così…Chissà cosa ne penseranno Ohlin ed Aarseth, ben protetti da uno spesso strato di terreno gelato.
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Il mondo è andato avanti. Io non giudico o contesto nessuno per ciò che pensa, non mi riguarda. Ognuno la veda come preferisce, io parlo di musica.
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