Celebrare il Sole Invitto coi 50 anni di Wicker Man

Mighty god of the sun, bountiful goddess of our orchards, accept our sacrifice and make our blossoms fruit.

Telefonate notturne. Riunioni-fiume di redazione. Brainstorming straordinari con Ciccio Russo. Quest’anno per il pezzo dedicato al Natal al Sole Invitto ci siamo scervellati mica poco. Di più, metteteci che a dicembre 2023 fanno 50 anni dall’uscita di Wicker Man. Per la precisione, uscito nelle sale il 6 dicembre 1973. Il Quarto Potere del cinema horror, secondo alcuni. Secondo noi è Quarto Potere ad essere il Wicker Man del cinema che, per ragioni incomprensibili, non è horror. Insomma, una coincidenza da far tremare le ginocchia al redattore incaricato di scriverne (quindi a me). Di Wicker Man ci auguriamo che sappiate tutto, anche se non è ancora possibile fare test preventivi sui nuovi lettori e sui loro fondamentali. Ma ci stiamo lavorando. No, dai, si scherza (risate). In realtà che non si sia visto un piccolo film low budget inglese dei ’70, mai distribuito in versione italiana, ci sta. Non è una colpa (ancora no). Ci pensiamo noi allora a celebrarne il mezzo secolo e con esso ad augurarvi buone festività pagane (impegnativi a tavola i Saturnali?). E magari, sia per chi di Wicker Man non sa legittimamente un cazzo, sia per chi almeno l’ha visto, a proporre dei percorsi per guardare oggi il film da diversi punti di vista, magari proprio durante le feste (per chi ne ha, per chi ha tempo libero). Già, perché il filmetto in questione ha un’importanza mostruosa e un’influenza gigantesca su tutto il nostro mondo. Come andiamo di seguito a dimostrare. Seguono immancabilmente alcuni spoiler.

Primo percorso: gli omaggi dei vostri musicisti preferiti

Quando nel 2000 gli IRON MAIDEN sono tornati assieme a Dickinson e Smith l’hanno fatto con un bel riff, una strofa che ricordava un po’ Spreading the Disease dei Queensrÿche e un ritornello composto da una frasetta breve ripetuta allo sfinimento (era solo l’inizio). Ammesso sia sfuggito a suo tempo, ora non sfuggirà ai più attenti che quel brano si intitolasse proprio The Wicker Man e che tanto sulle grafiche del singolo che nel video facesse bella mostra l’uomo di vimini incendiato ed eddiezzato. In ambito mainstream non fu nemmeno l’unica citazione palese e clamorosa.

Nel 2016 i RADIOHEAD celebravano il loro ritorno, a cinque anni dall’uscita del loro album ingiustamente più sottovalutato, con A Moon Shaped Moon. Primo singolo fu una canzone, Burn the Witch, composta essenzialmente di archi campionati, che di stregato non aveva solo il titolo. E il video era, guarda un po’, una bella reinterpretazione, con simpatici pupazzetti colorati in plastilina e montati in stop motion, proprio del nostro film preferito. Effetto straniante che il finale drammatico sia messo in scena con la tecnica di un cartone per bambini. E occhio che non ho ancora spoilerato nulla.

Tornando al nostro mondo, ma scendendo più giù, in una fascia di popolarità sicuramente non di massa, altri omaggi e testimonianze di ispirazione tratta da Wicker Man non mancano. Prendete gli AVA INFERI, il progetto doom sinfonico di Blasphemer assieme al mezzo soprano portoghese Carmen Susana Simões. Nell’album Onyx recensito a suo tempo da Charles, per me il brano migliore è The Heathen Island. Il tema pagano, richiamato nel titolo, è portato avanti ovviamente anche nel testo. Non solo, il brano è introdotto da diversi campionamenti dalla famigerata scena finale del film del ’73. Altri campionamenti, ma tratti dalla stessa scena, introducono già nell’incipit, Trumpets of Doggerland, anche il maestoso secondo album dei nostri beniamini ATLANTEAN KODEX, quel The White Goddess per cui il Barg gridò al miracolo e noi ci convincemmo a convertirci al metallo epico. L’incipit funge proprio da introduzione a Sol Invictus (ecco) ed è incentrato su alcune battute recitate da Christopher Lee nel film, ma anche sul suono riconoscibilissimo del corno suonato da uno dei partecipanti al rito finale del film (ecco, inizio a farmi scappare qualcosa). Pure i MARDUK iniziano con un campionamento di quella scena il loro album del 1998, Nightwing. In particolare la canzone Slay the Nazarene, inaugurata proprio dal sermone improvvisato da parte del disperatissimo sergente Howie. Quanto effetto riescano a raccogliere le sue disperatissime parole c’è lo raccontano i Marduk. Non mi sembrano granché empatici.

Scendiamo ad un livello ancora più sotterraneo, quasi esoterico. Ma no, non parliamo di popolarità (gli Atlantean Kodex ce li caghiamo in pochi e questa è una delle ragioni per cui l’Uomo merita l’estinzione). Parliamo semmai di quella musica che si ascolta, ma senza andarlo a dire troppo in giro: il neofolk. Fu Tony Wakeford in persona, in un’intervista recuperata dall’enciclopedico Ciccio Russo, a dire che Black Easter, dall’esordio dei suoi SOL INVICTUS (l’album Against the Modern World del 1988) fosse ispirato da quei “quattro o cinque film horror inglesi veramente buoni”. Tra cui Wicker Man. Perché in quei film i satanisti sono ricchi e potenti, di successo, dominatori, non come i satanisti veri, lui dice, che sono poracci. Comunque chi ha visto il film sa che Lord Summerisle non è esattamente un satanista. Però è vero che sfrutta il culto pagano creato (o ricreato) dal suo avo per ricchezza e potere (“benessere” direbbe lui, come direbbero oggi altri vampiri della vita vera). Però ecco, ops, ho iniziato a spoilerare. Siete avvertiti. Invece di/dei BLOOD AXIS non abbiamo scovato interviste. In The Gospel of Inhumanity, il brano che dà il titolo all’album omonimo del 1995, altri campionamenti sono però così inconfondibili da non necessitare di spiegazioni. La scena è la stessa, ma pochi minuti o secondi dopo rispetto alle battute recuperate da Ava Inferi ed Atlantean Kodex. A Michael J. Moynihan non interessa il fervore messianico del culto pagano, ma la disperazione lancinante dei sacrificati, umani e non. È l’invocazione del sergente Howie ad aprire un disco con cui il musicista americano dichiara una volta di più il suo amore per l’Umanità. Le urla del sergente e delle bestie intrappolate con lui nell’uomo di vimini dato alle fiamme. E a nulla servono le preghiere (più avanti sempre nel brano).

Secondo percorso: una colonna sonora epocale

L’importanza della colonna sonora di Wicker Man forse non è secondaria rispetto a quella della pellicola intera. Ne fu autore Paul Giovanni, musicista, ma anche regista e sceneggiatore teatrale di Atlantic City, New Jersey (quella della canzone di Springsteen). Poco albionico, eppure la sua colonna sonora è un miracolo di inglesitudine. Nel contesto in cui il folk inglese veniva ripreso da formazioni come Pentangle e Fairport Convention (e, al limite, Comus), Giovanni diede il nome Magnet all’ensemble di musicisti radunati, tutta gente competente. La colonna sonora segue ovviamente i mille saliscendi emotivi di un film complesso come Wicker Man, che è anche, in fondo, un musical. Quindi la colonna sonora è piena di canzoni. Dall’iniziale, serena e licenziosa Corn Rigs (in realtà una reinterpretazione di uno standard scozzese classico), alla goliardica The Landlord’s Daughter, dell’eros lunare di Willow’s Song alla mia preferita: il folk dolente, straziante di Jently Johnny. Cantata da Giovanni stesso, questa qui (come Corn Rigs), che compare nelle scene tagliate dalla versione uscita in sala (e recuperate nei cut successivi), proprio nell’atto di cantarla. In una scena che è comunque, anch’essa, celebrazione dell’eros (ci torniamo). Ma la colonna sonora va scoperta un po’ tutta quanta. Se riascoltata dopo la visione del film (un film indimenticabile) si riesce a riviverlo tutto, scena per scena.

Oltre alla bellezza pura e alla compiutezza del matrimonio sacro tra musica e immagini, quella di Paul Giovanni ha rappresentato poi un caposaldo per le future scene psychedelic folk e neofolk. Ma pure per tanto mainstream. Così non stupiscano le cover di Willow’s Song eseguite da Isobel Campbell, Doves, Sneaker Pimps (qualcuno li ricorda?). Noi preferiamo suggerirvi però la versione registrata da Nature and Organisation assieme alla musa neofolk per antonomasia, l’inquietante Rose McDowall. Versione fedelissima, tra l’altro. C’era poco da aggiungere, evidentemente.

Terzo percorso: ma quindi cos’è questo Folk Horror?

Bella domanda. Beh, però legittima, finora abbiamo parlato solo di musica. Folk Horror è una definizione dei tempi nostri, tempi in cui si trovano definizioni per cose che sono sempre esistite nella realtà e PAM, ora esistono anche nei media (l’altra realtà). Folk Horror è quel filone cinematografico che per far spaventare noialtri va a riprendere miti ancestrali ed incubi popolari, in ambientazioni prevalentemente agresti. Che poi che novità è, alla fine l’origine dei racconti dell’orrore si trova spesso in figure mitiche, create dal passaparola e dalle nonnine scocciate dai nipotini chiassosi (l’Uomo Nero, i racconti del filò). Poi, stabilito che l’orrore folk non fosse realmente una novità (Il Demonio di Brunello Rondi era di dieci anni prima, per dire), mettiamo sul piatto anche che, prevalentemente, è un affare inglese.

Quindi, anche se il discorso si è allargato e a ritroso è andato a pescare titoli da altre cinematografie, convenzionalmente il Folk Horror, nel cinema, si fa risalire a tre titoli: Blood on Satan’s Claws, Witchfinder General (sì, quello di Matthew Hopkins) e, appunto, The Wicker Man. Dei tre, però, il più famoso ed influente è proprio il nostro uomo di vimini. Che, riscoperto negli ultimi venti anni, ha ispirato davvero tanto cinema horror moderno. Magari nomi come Ari Aster o Dave Eggers non vi dicono nulla. O magari vi causano orticaria. Magari nemmeno digerite il cinema di paura coreano. Ma titoli come The VVitch, The Wailing o Midsommar (un remake non dichiarato, invero pizzoso) sono figli del nostro uomo di vimini. Poi se dovessi consigliarvi un film meno noto ma molto appropriato, sceglierei Kill List, del 2011. Perché albionico. E perché inquietante e disturbante lo è per davvero. Degno di essere menzionato nella stessa frase col titolo del ’73. E no, se ve lo state chiedendo, io il remake di Wicker Man con Nicolas Cage non l’ho visto.

Quarto percorso: dalla primavera hippy all’autunno Wicca

E poi tutta questa storia del Folk Horror trascende il cinema. Vedete Instagram, per esempio. È pieno di maghi, maghette e spiritualità agreste in pillole. In Albione c’è pure tutto un fiorire di fanzines che esplorano l’occulto, gli arcani di campagna, i megaliti, etc. Tipo Hellebore, Grimoire Silvanus, Weird Walk. Tutto quel mondo deve parecchio a Wicker Man, perché poi in realtà non è che sia solo un musicarello horror. E paura nemmeno la fa, per larga parte della durata. A meno che non siate bigotti quanto il protagonista, il sergente Howie. C’è questa comunità isolana che “ha deciso” di abbandonare il culto cristiano monoteista per recuperare culti pagani preesistenti e ricollegare i propri cicli di vita alla terra, alla fertilità dei campi ed a quella degli uomini. Così, oltre al rispetto della terra (vero o presunto), rifiorisce pure un desiderio carnale libero (o libertino, o liberato, vedete voi). Così le canzoni licenziose da osteria (Landlord’s Daughter) non sono piccole libertà regalate dell’alcool come sulla terraferma. Sono preamboli di riti di accoppiamento tra umani non monogami e di iniziazione sessuale. Ecco quindi che una delle scene (giustamente) più famose del film è proprio quella in cui la landlord’s daughter, impersonata da Britt Ekland, ignuda nella sua camera da letto, a fianco di quella del sergente Howie, canta proprio Willow’s Song e, come fosse una moderna sirena, poco ci manca che non riesca ad indurlo definitivamente in tentazione. C’è da dire che la Ekland, doppiata nelle parti recitate come in quelle canore, è anche sostituita da una controfigura nelle inquadrature più pruriginose. Nonostante questo, Rod Stewart, suo fidanzato dell’epoca, cercò comunque di ostacolare la distribuzione del film.

Insomma, Wicker Man sta proprio storicamente in un punto di passaggio, quello tra l’era hippie e quanto è avvenuto dopo rispetto a quegli ideali di libertà e connessione con la natura. Con gli ideali di pace e amore dei ’60 definitivamente andati a male tra violenza (Altamont, Manson) e satanismo (visto Invocation of my Demon Brother di Kenneth Anger?), Wicker Man mette in scena un sincretismo pagano che cerca di dare un senso a quegli ideali che parevano averlo perso. Mette insieme riti differenti, di epoche e luoghi differenti (d’altronde, il Sol Invictus era roba latina, per dire) in un corpus iconografico che è diventato poi universale, con culti tipo il Wicca o altre credenze extrareligiose che propongono un ritorno agli Antichi e alla Natura senza declinarsi molto in realtà tra luoghi e culture (internazionalismo pagano). La stessa storia dell’uomo di paglia, in fondo, troverebbe fondamento da una citazione tratta dai resoconti di Giulio Cesare, che, per quel che so, aveva obiettivi propagandistici più che etnografici. E chissà cosa avrebbe detto lui, che con quella storia voleva forse terrorizzare i suoi connazionali e giustificare i massacri compiuti all’estero, a sapere che, due millenni dopo, gente abbiente, crema della società e della notorietà, avrebbe pagato lo stipendio di un mese di un plebeo per sentirsi più libera e pagana otto giorni in un festival in mezzo al deserto chiamato Burning Man. Ogni epoca ha il suo paganesimo. Questa qui adora il denaro e piccoli idoli sotto forma di schermi illuminati.

Quinto percorso: qualunque religione è oppio per il popolo

Proprio quel rapporto tra libertà e schiavitù, economica, sociale e religiosa, è forse la parte migliore del film. Quella in assoluto meno banale. Considerando che tanti hanno tratto ispirazione anche da film come questo, vedendoci una storia di liberazione dal giogo delle religioni costituite e delle società radicate e opprimenti, per le proprie speculazioni paganeggianti, a ben vedere il significato del film pare un altro. Persino opposto. O quanto meno beffardo. Se infatti il sergente Howie, o meglio il suo rigore sociale e la sua fede religiosa, vengono costantemente messi alla prova, Lord Summerisle, custode di questa “nuova” religione, pare muovere tutto, come un maestro di marionette, dal comfort della sua magione principesca. In fondo viene fuori che questa libertà, questo ritorno all’essenziale dell’uomo e del suo rapporto con la Natura, è usato proprio per mascherare e giustificare una coltivazione contronatura (lo denuncia chiaramente Howie in una scena recuperata nel director’s cut). E anche per assicurare un ordine sociale e l’obbedienza del popolo. E se serve un sacrificio, che sia. Dunque Howie, che per buona parte del film abbiamo ritenuto un mentecatto, facendo il tifo per gli altri, finisce per farsi lui novello Cristo, sacrificato nel modo più atroce per salvare, almeno per un anno, la posizione di una nuova classe dirigente, apparentemente diversa. E se questo non è un rovesciamento geniale, non so davvero cosa cercate voi nel cinema (a parte scene atroci, ok). E se questo non è un bel modo di salutarci ed augurarci delle buone festività, pagane o no che siano, a me non me ne viene uno migliore. Occhio che a farsi infinocchiare da stregoni e ciarlatani ci vuole davvero poco. Pure da quelli che col Nazareno non vanno troppo d’accordo. (Lorenzo Centini)

16 commenti

  • Avatar di ignis

    Se non ricordo male, l’importanza del film in area neofolk veniva trattata anche in “Looking for Europe. Neofolk und Hintergruende”, di Andreas Diesel e Dieter Gerten.

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    • Lorenzo Centini
      Avatar di Lorenzo Centini

      Si, citato più volte nel corso del libro, ma non ricordo un capitolo a sé stante.

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      • Avatar di ignis

        Forse, nel libretto (in tedesco e inglese) che accompagnava i cd c’era una piccola sezione? Dovrei controllare, non ricordo bene.
        L’altro giorno, mi hanno segnalato questo articolo: https://www.barbadillo.it/112182-artefatti-musica-in-nero-e-rune-capovolte-ai-funerali-deuropa/

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      • Avatar di mark

        articolo molto interessante quello su Wicker Man (a cui penso sia ispirata pure la copertina di Souls At Zero dei Neurosis) e soprattutto quello sul neofolk segnalato da Ignis su Barbadillo: indimenticabile il concerto di Der Blutharsh al Vittoriale annullato a causa dei soliti articoli infamanti per il logo della band con la croce di ferro e recuperato piu tardi al ristorante… In quegli anni certe estetiche del neofolk erano quasi rivoluzionarie e parecchio controcorrente, non certo come oggi dove i politici cattocomunisti si fanno le foto con i neonazisti in divisa.
        Sul neofolk sono rimasto stupito di quando sia passata sotto silenzio la scomparsa di Albin Julius, uno dei creatori piu originali del genere, nonchè scopritore di grandi talenti, Derniere Volonte su tutti.

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      • Lorenzo Centini
        Avatar di Lorenzo Centini

        Cazzo verissimo, come ho fatto a dimenticarlo

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      • Lorenzo Centini
        Avatar di Lorenzo Centini

        Der Blutharsch visti al Riadburn, nella chiesa sconsacrata. Uno dei concerti migliori cui abbia mai assistito.

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  • Avatar di ignis

    Film molto importante e articolo molto bello! Ho sempre pensato che l’album citato di Nature And Organisation sia una summa del neofolk. Attenzione: The Gospel of Inhumanity è di Blood Axis, progetto di Michael Moynihan. Lui e Boyd Rice sono stati sodali per vari anni, per poi prendere strade diverse.

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    • Lorenzo Centini
      Avatar di Lorenzo Centini

      Grazie, errore mio, corretto ora. P.S.: aspetto ancora la precisazione su Colli e Montinari.

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      • Avatar di ignis

        Scusa, pensavo non l’avessi presa bene… Dunque, per me è stata significativa la scossa che Domenico Losurdo diede agli studi nicciani, vari anni fa. Posso consigliarti la lettura dell’appendice del suo “Nietzsche. Il ribelle aristocratico”. Si intitola “Come si costruisce l’innocenza di Nietzsche. Editori, traduttori e interpreti”.

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      • Lorenzo Centini
        Avatar di Lorenzo Centini

        Ma quindi (ho studiato purtroppo ingegneria, non filosofia) il punto è che studi più recenti mettono in discussione l'”innocenza” di Nice (così non si sbaglia) di fronte all’accusa di avere comunque una responsabilità sul nazismo?

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      • Avatar di ignis

        Ci sono molte interpretazioni (e continue polemiche). Non so dire quale sia l’indirizzo più recente: le prospettive si avvicendano continuamente… Se vuoi farti un’idea, oltre all’appendice di quel testo molto voluminoso, puoi leggere, sempre di Losurdo, l’agile volumetto “Nietzsche e la critica della modernità. Per una biografia politica”. Ricordo che lo lessi mentre studiavo ingegneria!

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  • Avatar di weareblind

    Midsommar pizzoso. Vi amo. Per me è una gran cacca

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  • Christian Princeps
    Avatar di Christian Princeps

    No dai, “Midsommar” è un gran film, come tutti quelli fatti da Aster(anche se Eggers lo preferisco)…

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  • Avatar di Adler

    Da ricordare anche l’ottimo Ep degli Agalloch “The White” con intermezzi tratti dal film.

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  • Avatar di ignis

    Potresti scrivere un libro sul tema! Hai la struttura e molti riferimenti. Poi, potresti provare a sottoporre il progetto a un editore serio e coraggioso (Tsunami, ad esempio).

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  • Avatar di ignis

    Segnalo anche, nel nuovo numero di Occidental Congress (appena uscito), un articolo dal titolo “The Wicker Man: La natura del sacrificio”. Non so, però, di che cosa si tratti.

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