UADA – Crepuscule Natura
Ai tempi del debutto impazzii per gli Uada. Devoid of Light era una ventata d’aria fresca, certo era influenzato dagli Mgla, ma in modo molto personale, tanto che il valore individuale del gruppo americano non è mai stato in dubbio. Le impressioni positive furono confermate dal secondo Cult of a Dying Sun, mentre già il terzo Djinn smorzava l’entusiasmo. Il fatto è che gli Uada non sembrano riuscire ad andare oltre i propri stilemi codificati, quelli che, appunto, al primo ascolto li resero una piacevole novità. Le loro caratteristiche erano già tutte in Natus Eclipsism, l’apertura del debutto, e qualsiasi cosa abbiano fatto dopo non ne è che una riproposizione. Avete presente: le accelerazioni, le aperture melodiche con le chitarre gemelle, le atmosfere tendenzialmente cascadiche, il groove. Tanta grazia, davvero, al punto che all’inizio pensai che gli Uada avrebbero potuto diventare un nome mediamente grosso nel genere, mantenendo una qualità grossomodo costante nel tempo. Ora arriva questo Crepuscule Natura, il quarto album, e direi che i nodi sono arrivati al pettine.
Si può ormai tranquillamente affermare che gli Uada non si sposteranno mai più di tanto da quei confini segnati da Natus Eclipsism o più in generale dal fortunatissimo debutto. Che non ne siano in grado, che non ne sentano la necessità o non ne abbiano semplicemente voglia è indifferente. L’unica cosa che è cambiata è una maggiore linearità strutturale, ma sono dettagli. Crepuscule Natura, nello specifico, si pone allo stesso livello di Djinn; non ha i picchi clamorosi dei primi due album, a parte qualche passaggio o spiraglio qua e là, e mentre lo ascolti sai già perfettamente dove vuole andare a parare. Certo la cosa può essere messa in connessione col fatto che ognuno di loro milita in svariati gruppi, abitudine comune nel black metal che porta come ovvia conseguenza l’estrema settorializzazione di ogni singolo progetto; ma non è una giustificazione, perché poi il risultato è che ci si ritrova con una quantità enorme di gruppi incapaci di qualsiasi evoluzione o quasi.
Sia chiaro che non ho nulla contro chi ripete sé stesso; anzi, arrivati all’anno 2023 e alla sostanziale saturazione dell’heavy metal, il mestiere ha assunto molto più valore che in passato. Però bisogna avere sufficiente spazio in cui muoversi, diciamo così. Perché poi un conto è fare sempre lo stesso album, un altro è fare la stessa canzone; e neanche gli Ac/Dc, al netto dello stereotipo, fanno sempre la stessa canzone. Gli Uada sì, e dopo quattro album credo sia molto difficile che la rotta possa cambiare. Crepuscule Natura non è un brutto album, ma mentre lo ascolti non puoi fare a meno di chiederti perché, a ‘sto punto, non tornare semplicemente a riascoltarsi per l’ennesima volta Devoid of Light o Cult of a Dying Sun. Però poi alla fine magari non cambi disco e continui a sentirti questo. La sensazione rimane quella di un’occasione mancata, ma di godertela, alla fine della fiera, te la godi lo stesso. Resta sempre il fatto che, se ritornano da queste parti per un concerto, io ci vado pure a piedi. (barg)


a me il secondo non è piaciuto per niente. uguale al primo ma dura il doppio e con pezzi meno belli. questo quarto mi piace, anche se è sempre la stessa menata.
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21 luglio caro Barg
passo a prenderti a piedi?
https://www.luppoloinrock.com/artists
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Dai, ci facciamo la via francigena del Luppolo in Rock
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Concordo con chi ha scritto che il secondo non vale il primo: album piatto con poche idee. Il primo invece resta un gioiellino.
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