Ellende // SVNTH // Duir // Still Wave @Traffic, Roma – 04.11.2023

Arrivo a metà del set del primo gruppo (i capitolini STILL WAVE) ed è già pieno di gente, di tutte le età ed estrazioni, ma prevalgono i giovani e giovanissimi. È il concerto di Ultimo? No, manco per il cazzo, è una serata di metal estremo al Traffic, e io sono semplicemente sbalordito.

Dicevamo? Ah sì, gli Still Wave. Una band nuovissima ma formata da musicisti esperti e non proprio adolescenti (tutti almeno over 35, a meno che non se li portino malissimo) che mischiano doom, post metal e shoegaze. Mi sono parsi assolutamente capaci e consapevoli, e l’aver suonato in apertura così presto non gli rende giustizia. Voglio vederli con più calma e non quando sono appena entrato e sto ancora decidendo se indossare il cappotto o tenerlo in mano (l’ho tenuto in mano alla fine, che poi mi si pezzano le ascelle).

Dopo gli Still Wave, è il turno dei DUIR, dalla terra dei pandori e delle bestemmie più belle: il Veneto.

Sono molto teatrali i Duir: luci colorate soffuse e macchina del fumo a cannone, ma talmente a cannone che a malapena riesco a distinguere le sagome dei musici l’una dall’altra. Vi giuro che sembravano dei fantasmi. Anzi per me possono esserlo stati benissimo, e magari il concerto loro me lo sono solo immaginato. Fosse così peccato, perché sono stati tra le proposte più convincenti della serata. Il loro folk/black metal è melodico e atmosferico, ma non manca di momenti riflessivo/introspettivi katatoneggianti. Alcuni passaggi di chitarra poi sono di una raffinatezza e delicatezza unici, tanto che potreste usarli per far addormentare vostro figlio mentre siete in macchina e state andando a fare una gita fuori porta a Borca di Cadore. Ma sono i momenti folk i più interessanti, e vi dirò di più, oltre al flauto mi è sembrato di vedere addirittura una ghironda sul palco, in mezzo al fumo. Sono esteticamente (e sessualmente) molto attratto dalle ghironde: mezzo punto in più per i Duir. Spero che la vostra esibizione sia avvenuta veramente e non me la sia solo immaginata, in mezzo a tutto quel fumo.

Nella pausa tra un gruppo e l’altro mi accorgo che i teenagers presenti sono più di quanto pensassi, alcuni ancora in età scolare, coi capelli colorati e lo zainetto tempestato di toppe delle band (zainetti contenenti il kit idraulico del vero metallaro, chiaramente). Un ragazzo addirittura sfoggia orgogliosamente il suo face-painting alla King Diamond (ancora perfetto dalla sua realizzazione all’ora di ricreazione del giorno prima).

Cambia decisamente atmosfera con i SVNTH. Il genere mi è sembrato dalle parti dei Panopticon, ma il look dei componenti è diversissimo da quello di tutti gli altri gruppi della serata: magliettine della salute monocromo, pantaloni dell’Oviesse, camicione da boscaiolo al limite del grunge. Se i Duir quasi eccedevano in teatralità, i Svnth sembrano volerti far scendere dai boschi montani infestati dagli spettri e portarti in qualche campetto da basket abbandonato di periferia con le siringhe usate per terra, almeno questa è l’impressione che si ha subito guardandoli. Oltre ai Panopticon, si sente molto il primo Alcest, e in generale una vena post-rock.

Poco dopo le 23, la festa si chiude con gli attesissimi headliner: ELLENDE, ormai decennale progetto solista dell’austriaco Lukas Gosch, circondatosi di turnisti in occasione del tour europeo. Uno di questi, uno dei due chitarristi, con i suoi rasta di una lunghezza impossibile, sembra il cantante degli Africa Unite da giovane in versione black metal. Me lo immagino seduto a rollarsi canne in qualche chiesetta di legno sconsacrata, dispersa nei boschi vicino Graz, mentre coi piedi sfoglia un’edizione economica dei Notturni di E.T.A. Hoffman.

Notturno ed elegante è infatti il black metal degli Ellende, epico a tratti, ricco di pathos, e poi il buon Gosch ha uno screaming illegale, che veramente perfora i muri del Traffic come un martello pneumatico.

Ho avuto la stessa identica sensazione qualche mese fa con i Batushka: questa new generation di cantanti black metal ha preso la voce di Legion e Mortuus ma ci ha aggiunto sopra gli steroidi, diventando delle specie di bodybuilder dello screaming. Complimenti davvero, avete le corde vocali in acciaio di Valyria, però occhio che tra un po’ vi ci vuole il porto d’armi per cantare in quel modo. Bravi, professionali, epici, perfetti, gli Ellende hanno solo un problema. Lo stesso fottutissimo problema di tutte le band di questo neanche troppo nuovo filone (atmospheric)-post-black metal): non fanno paura, manco per sbaglio. Non inquietano, non disturbano. Tolta qualche sfuriata decisamente in territori black e lo screaming perforante di Gosch, gli Ellende rilassano, confortano. Sì, gli Ellende suonano COMFORT Black Metal.

Se gli Ellende fossero un materasso, quel materasso sarebbe in memory foam.

Se siete in mezzo alla tempesta di neve di Battles in the North per l’ennesima volta (e cominciate a non poterne più), mettete subito qualcosa degli Ellende, e la tempesta piano piano volgerà verso una malinconica pioggerella, per poi placarsi del tutto. (Gabriele Traversa)

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