Avere vent’anni: DARKSPACE – Dark Space I

Incredibile che il primo album dei Darkspace già compia 20 anni. A volte ho l’impressione che la vita mi stia franando sotto i piedi e che il baratro mi inghiottirà prima di quanto io creda. Darkspace, come penso molti di voi sappiano visto l’hype che ne ha sempre accompagnato il nome fin dagli albori, è il progetto parallelo di Wroth dei Paysage d’Hiver, nato con il preciso scopo di mescolare musica ambient, un black metal oscuro e opprimente e tematiche sci-fi. Che tutto questo avrebbe dato vita ad un intero sottogenere  – il cosmic black metal – forse non lo immaginava nessuno.

Indubbiamente, però, la musica di questo gruppo (che non è mai uscito dallo status di side project, precisiamolo, e attualmente è fermo da quasi un decennio) ha avuto un impatto più energico sulle menti di giovani adepti, entusiasti di dire la loro in un campo pressoché inesplorato, di quanto si potesse pensare all’epoca; l’ennesima opportunità che ha offerto la duttilità del black metal a ragazzi intraprendenti di esprimersi creativamente e lanciarsi nel mondo della musica. Senza i Darkspace progetti come Mesarthim, Astral Silence, Midnight Odyssey, Alrakis o Battle Dagorath, solo per citare alcuni dei più noti, probabilmente non avrebbero mai avuto vita, o comunque non nella forma nella quale li conosciamo oggi.

Reso dunque a Wroth e compagni il merito di questa progenie, musicalmente il primo album dei Darkspace è un attraente disco di atmospheric black metal che alterna momenti di furia parossistica ad altri più lenti e meditati, intersecandoli con i passaggi ambient di sole tastiere che in questo episodio sono sì importanti ma meno rispetto ai loro altri tre dischi successivi. Questo primo episodio paga molto al gruppo principale di Wroth, e secondo me anche ai Lunar Aurora periodo Mond, Zyklus o giù di lì, specialmente nelle sezioni più tirate. I 7 brani sono  – tranne la prima Dark 1.1 – eterni, tutti oltre i dieci minuti, e l’album intero ne dura quasi 77, lunghezza importante, per molti inarrivabile e per molti ascoltatori eccessiva. Ecco, se posso azzardare un’opinione l’unico vero problema dei Darkspace è l’aver scritto sempre composizioni immoderatamente lunghe.

A questo punto sorge spontanea la domanda: essendo questo modo di suonare il loro marchio di fabbrica, ed avendo creato essi stessi questo tipo di stile musicale, rendendolo quindi manipolabile a proprio piacimento, c’era veramente bisogno di scrivere sempre brani interminabili? Brani che, a bocce ferme, hanno tutti quanti lo stesso trademark, grosse varianti non ce ne sono. Innovatori sì, solo che, una volta trovata la formula magica, a quella ci si è sempre riferiti nel comporre i pezzi, senza divagazioni o deragliamenti. Per il fan duro e puro la cosa va benissimo – alla fine sono usciti solo 4 album in 11 anni, nulla di eccessivamente prolifico – difatti dici Darkspace e gli occhi di molti blackster diventano acquosi per la commozione, per tutti gli altri c’è il rischio che il commento più diffuso sia: “Ok, niente male ma suonano sempre le stesse cose”. Io rientro nella categoria “tutti gli altri”. Buonasera. (Griffar)

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