La lista della spesa di Griffar: EMINENTIA TENEBRIS, UAMH
Oggi proseguiamo la ricerca di gruppi orientati al black melodico, proseguendo idealmente questo precedente articolo.
I francesi EMINENTIA TENEBRIS vengono considerati i Dragonforce del black metal melodico. In questo caso forse per via della copertina, bella, colorata ed epica manco l’avessero concepita gli Stratovarius. Incuriosito da certe recensioni vergate da illustri colleghi del blog sono andato ad ascoltare qualcosa di questo gruppo che per me suona tipo power/speed, ma ammetto di non essere la persona più in grado di apprezzare quel genere di musica: per i primi tre brani non mi dispiace, poi però ho necessità di violenza e cerco qualcos’altro, e grazie al cielo non mi manca la scelta. Io tutte ‘ste similitudini non le sento, propendo per una parentela più stretta con i Mystic Circle di Drachenblut e Infernal Satanic Verses (cioè i loro due dischi migliori). Oppure con i Catamenia con un po’ più di tastiere.
Nei brani dei francesi il blast beat è praticamente continuo, il riff monocorda sulle note alte anche, le tastiere ridondanti pure, lo screaming un marchio di fabbrica. Però è vero che in talune digressioni (The Final Gathering, ad esempio) il black viene abbandonato e quello che si può ascoltare è un power/speed metal molto veloce con tante tastiere e tanta melodia. Rise of a New Kingdom è il loro disco più recente ed è il terzo di una discografia che comprende anche i due full precedenti Whirlwind of Dark Times uscito nel 2020 e Through the Deepest Skies dell’anno scorso. Velocissimo, triturante, maestoso, l’album coinvolge dal primo all’ultimo secondo perché non si dilunga troppo in sterili ed inconcludenti divagazioni; tutti i brani vanno dritti al sodo appena cominciano e spaccano con grandi melodie e riff sontuosi. Chi sbarella per il black melodico e veloce qui trova pane per i suoi denti, non è tenero ma si mastica bene.
Ritornano gli americani UAMH, dal Montana con fragore. Ve ne ho già parlato in passato – se non vi ricordate dove potete sempre usare l’utilissima applicazione “cerca” che trovate nella homepage, nulla vi sarà più precluso (per questa volta ve lo linko io, ndbarg). At the Edge of the Loch è il primo full ufficiale e prosegue il discorso iniziato con le tre uscite precedenti, teoricamente tutte singoli ed EP ma di sicuro composte in tempi ravvicinatissimi (e che quindi io continuo a considerare come un disco unico).
Quello degli Uamh (di Mr. Urisk Uaine per essere precisi, visto che il suo è un progetto solista) è cascadian black metal da manuale con intarsi post-black, tracce di folk gaelico (terra d’origine degli antenati del ragazzo, a quanto si evince) e radi passaggi ambient/atmosferici che ricordano tanto il volo delle aquile nei cieli di alta montagna, facendo fantasticare l’ascoltatore di essere sul loro dorso insieme a librarsi nel cielo. Quando si mettono a tirare sono belli pesanti e combattivi ma viene preferita un’impostazione dei brani più cadenzata, più maestosa, con batteria in bella evidenza a sfoggiare trick e fill trascinanti, ben studiati e rifiniti. Di nuovo, la voce è in screaming estremo puro (salvo l’intermezzo non lunghissimo di folk classico A’ Ghaoth, dove è pulita e suadente) e viene tenuta in secondo piano nel mixaggio, come se in realtà si preferisse evitare la sua sfortunatamente necessaria presenza. A mio parere va bene così, non troppo esposta né troppo celata: non credo che il responso sonoro dei brani sarebbe così azzeccato se fossero solamente strumentali, mia modesta opinione. At the Edge of the Loch è un altro disco bellissimo che questo meraviglioso 2023 ci ha portato in dono, è in programma anche una stupenda edizione in vinile blu trasparente per la piccola label americana Fiadh productions: 100 copie appena ma, come al solito, le spese postali sono proibitive. Il digitale va bene lo stesso, costa molto meno. (Griffar)


