Quell’incredibile somiglianza tra Gervinho e Come Clarity degli In Flames

Ho avuto la folgorazione su un treno regionale di ritorno da una gitarella a Jesi, qualche giorno fa.

Stavo riascoltando, dopo all’incirca un’era geologica, Dead End degli In Flames, quarta traccia di Come Clarity, quando mi è balenata nella mente un’immagine accompagnata da un nome: Gervinho. L’imprendibile, il Furia cavallo del West della Costa d’Avorio.

 

Molti di voi se lo ricorderanno per i suoi trascorsi una decina di anni fa alla Roma e, dopo una breve parentesi in Cina di cui sappiamo poco o nulla, al Parma. Gervinho era uno di quegli attaccanti che restano nell’immaginario. Non tanto per le treccine e l’incipiente calvizie sapientemente mascherata da un onnipresente fascia in testa (cioè sì, anche per quello), ma per il suo particolare modo di giocare a calcio.

Gervinho prendeva palla e iniziava a correre, in linea retta, a testa bassa, tutto storto e sbilenco, quasi incespicando, quasi auto-sgambettandosi, sbattendo contro difensori, arbitri, guardalinee, bandierine del calcio d’angolo, venditori di Pepsi e patatine, generando nello spettatore una sensazione a metà tra lo stupore e il “MA CHE CAZZO STAI A FA?!?”.  Ma corri e corri, corri e corri, alla fine o dribblava il portiere e la insaccava, o entrava direttamente in porta col pallone, o si faceva fare fallo nell’area piccola.

Galoppava come un cavallo selvaggio appena uscito dal recinto, sì, in maniera storta, sbagliata, confusionaria, ma sempre per un’utilità. Raggiungeva l’obiettivo, in pieno, ma non sapeva neanche lui come. Il rischio era sempre quello che si sfracellasse sui tabelloni pubblicitari, e invece no; lui, all’ultimo, forse inconsapevolmente, ci fregava costantemente a tutti.

Ora, vi sembrerà un paragone un tantino fuori luogo, ma Come Clarity è la stessa cosa.

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Prendete la traccia d’apertura, ad esempio, Take this life.  Inizia come un palese cazzeggio da saletta; con quelle chitarre sparate a trecento all’ora, la batteria tupatupa e quel riff a minuto 0.22 che, non so perché, mi fa pensare a un ciccione sudato che agita un asciugamano (sudato) seduto sulle transenne sotto al palco.

Per il primo minuto e mezzo c’è un’atmosfera da “famo un po’ de casino, sbrighiamoci, e quel che sarà sarà, oh guardate quel ciccione sotto al palco che agita l’asciugamano, che tipo!” che fa spavento. Senza contare un Fridén (con una capigliatura in quel periodo non troppo diversa dal campione ivoriano sopracitato. Solo un caso?) sempre più accostabile a un micio in cerca di croccantini che ad un cantante death metal svedese, o sedicente tale.

Dopodiché arriva il ritornello, così pop, così leccato, sanremetalese, che ti chiedi se non ti stiano veramente prendendo per i fondelli. E poi di nuovo chitarre come Maserati, batteria Mondial Casa e miagolii Royal Canin (miglior marca di croccantini per gatti in circolazione, per chi se la può permettere)

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Ma quando finisce il pezzo, dopo quasi quattro minuti di “non ho capito… oddio ma che stanno a fà?”, sopraggiunge lentamente, strisciando, una frase: “Però, c’è da dire che mi sono divertito!”.

Ragazzi, che vi piaccia o no, obbiettivo raggiunto. Palla in fondo al sacco. Oppure rigore per gli In Flames e cartellino rosso per il difensore avversario.

Vogliamo parlare della sopracitata Dead End ? Dopo il solito antipasto a base di riff appena sfornato dalla saletta e macinato di batteria, la strofa si apre con quella che immagino sarà l’equivalente svedese di Elisa o di Annalisa, e ragazzi, qui è subito Sanremetal. Avete già la mia attenzione, sono già vostro, siete dentro l’area di rigore.

Poi, dopo il duetto Annalisa svedese vs miagolii di Fridén in cerca di cibo in un vorticoso, accelerato e disperato ritornello, non ti capaciti del perché, quasi te ne vergogni, ma la palla è già lì, in fondo al sacco, e pronta per essere rimessa al centro.

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Take This Life, Dead End, Crawling through Knives (la migliore in assoluto del disco) sono tutti brani che, proprio come Gervinho, hanno il punto di forza nella loro confusione, nella loro assurdità procedurale, nel loro schiacciare sull’acceleratore e poi vediamo che succede. Sarebbe bastato che Jesper Strömblad si fosse alzato un secondo dal suo sgabello in saletta per dire “oh fermi n’attimo, che cazzo stamo a fa?!?” e Come Clarity non sarebbe mai uscito.

È un brutto disco? BOH. Funziona!

Gervinho sapeva giocare a calcio? BOH. Ma ha fatto dei bei gol!

Ora scusate ma devo andare a dar da mangiare all’Anders Fridén di mio padre.

Dovesse registrare un disco pure lui. (Gabriele Traversa)

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