Se al posto del cuore non avete un cassonetto arredate casa a FERNANDA LIRA

In Brasile hanno un metodo di trasferimento del denaro dall’estero chiamato Pix. Si appoggia a una app di nome Remitly e funziona grazie a dei codici, detti appunto Pix, associati a una e-mail del destinatario e al suo Cadastro de Pessoas Fìsicas, in pratica il codice fiscale.

In Brasile, come in ogni altra parte del globo terracqueo eccetto l’isola di North Sentinel, hanno anche i social network, e la combinazione di questi due fattori ha mandato a gambe all’aria la stimatissima Fernanda Lira, con le sue Crypta una delle realtà metal contemporanee in cui la redazione di Metal Skunk ripone i migliori auspici per il futuro.

Fernanda Lira è anche l’incarnazione del peccato originale, essendo stata la prima a litigare con Prika Amaral delle Nervosa, che la cacciò dalla band costringendola a formare un proprio gruppo. Naturale che questo lasciasse degli strascichi: le Nervosa sono attualmente sotto contratto con Napalm Records, una delle case discografiche contemporanee in cui la redazione di Metal Skunk ripone i migliori auspici per il futuro.

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Le Nervosa, che incidono gli album con il medesimo budget di Dune di Denis Villeneuve ottenendo comunque una merda fumante, per qualche fantascientifico cavillo di natura non artistica quegli album tuttavia li vendono, e, se ancora non avete adocchiato teenager in debito di diottrie con indosso la t-shirt del monumentale, fondamentale, monolitico Perpetual Chaos – qualcosa per cui rivalutare gli Arch Enemy con la Gossow o con Bulma – sappiate che ben presto il fenomeno si espanderà a macchia d’olio, come i ragazzi che escono con ai piedi calzini bianchi e ciabatte nere o le ragazze alla mercé dei vergognosi sandali marroni da bisnonna.

Motivo per cui, se il danaro si è spostato dalla parte delle Nervosa, sarà latitante dalla parte delle Crypta.

Fernanda Lira è nata a San Paolo nel 1989. A trentaquattro anni suonati ha scelto di andare a vivere per conto proprio e l’ignoranza del pubblico metallaro nei riguardi del monumentale, fondamentale, monolitico Shades of Sorrow – in uscita il quattro agosto prossimo, l’ho scoperto solo adesso che la Fernanda ha deciso di fargli un po’ di pubblicità col figurone di merda che a breve descriverò – fa sì che i bastioni bluastri di Ikea gli si siano posti d’innanzi come uno degli ostacoli della vita a fronte dei quali si rinuncia e si torna indietro mestamente.

Sui social sono usciti una serie di post nei quali Fernanda Lira ha dichiarato di voler iniziare una nuova vita e, conseguentemente, ha chiesto ai fan un sostegno economico per arredare la casa (!!!) entro le cui mura andrà a vivere. Il trasferimento, ha aggiunto Fernanda, non è stato pianificato con largo anticipo e così lei ha aperto un conto (anzi, una chiave Pix) per poterle inviare soldi.

Nell’epoca di OnlyFans e di David Draiman che si iscrive su Tinder, gli piovono asteroidi di merda addosso e si cancella. Peccato, però, a quest’ora poteva essere lì a mandare foto dei piedi in qualche chat, e Oh ma tu sei quello che era nei Megadeth, che ganzo, la formiamo una band insieme???

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Ma la shitstorm era appena cominciata.

Sono comparse foto che la ritraevano alle date europee di Beyoncé. Nel post di Instagram Fernanda Lira non risparmiava di puntualizzare: “Perché vado a vederla per la seconda volta? Ho pianificato di urlare le canzoni al primo show e di guardarlo al secondo”. Le pubblicazioni social sull’atteggiamento da giramondo in seguito al tour di Echoes of the Soul hanno fatto il resto, se ce ne fosse stato alcun bisogno.

A questo punto ha preso parola la difesa.

Ribadito che la mossa non era prevista (“sparecchiavo!”), secondo la brasiliana le persone ritengono i musicisti in carriera individui dediti a un hobby piuttosto che a un lavoro. In una carriera musicale ci sono sfide e rischi; insomma, il concetto è che, se voi bastardi che percepite mille euro netti al mese gliene girate qualcuno, ridurrete l’impatto di codesti rischi.

Fernanda Lira, non prima di una sviolinata ai seguaci, ha aggiunto che l’intenzione iniziale era di chiedere aiuto ai cari, come accaduto a chiunque nella vita (no Fernanda, non è accaduto a chiunque nella vita, e comunque tu ti sei rivolta non ai cari ma ai più perfetti sconosciuti che già si flagellano comprando il tuo disco).

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Nel suo passato, ha rivendicato solenne Fernanda, c’è una vita dedicata al volontariato: donazioni a centinaia di ONG, crowdfunding, campagne contro la fame sostenute solo perché un fan le aveva inviato un messaggio a riguardo. È riuscita a trovare lavoro per le persone che erano in ritardo per l’affitto ed è stata socialmente attiva anche durante la pandemia. In una comunità non si dovrebbe essere timidi a chiedere: e Fernanda, aggiunge lei, crede ciecamente nel senso di comunità. È a causa del pensiero individualista che il mondo è così come è: però, Fernandina, se sentiamo un certo pizzicore al culo nei riguardi del prossimo due domande fattele.

La difesa si è soffermata anche sul Beyoncé-gate. Le date in Europa? Non ha pagato: non aveva i soldi per pagare. Quindi le debbono avere offerto anche il biglietto aereo di andata e ritorno più vitto e alloggio, a meno che non abbia riposato nel furgone di un service. Inoltre il biglietto per i concerti di Beyoncé l’aveva acquistato mesi prima che prendesse forma questa situazione. Insomma, l’hai acquistato o ti hanno dato l’accredito?

E sul vacanzone in Europa? La risposta è geniale: se fosse tornata in Brasile avrebbe speso molto di più. L’altra sera, diretto in Val d’Orcia, mi sono fermato in Autogrill e di media per un piatto di pasta volevano quattordici euro e cinquanta.

In chiusura, ribadito che durante la pandemia ha fatto consegne con lo scooter, essendo stata in rimessa come qualunque artista nello stesso periodo storico, si è rivolta agli haters dicendo loro che vorrebbe non si trovassero mai in bisogno di aiuto.

Ma gliela hai scritta tu, Azzeccagarbugli, tutta questa roba a Fernanda Lira?

Io appoggio in tutto e per tutto Fernanda e le rivolgo i miei sentiti auguri affinché possa tramutare in realtà progetti che senza il nostro apporto assumerebbero l’effimera forma di un sogno: ora, però, ho voglia di un televisore nuovo, chi me lo fa? (Marco Belardi)

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