War Against All non sembra un disco degli Immortal

Ancora una volta Demonaz fa uscire un disco dei suoi Immortal a ridosso dell’estate. Non so se sia una precisa scelta concettuale, ma a questo punto non posso fare a meno di immaginare di sì. Il gruppo che più di tutti rappresenta IL FREDDO si manifesta quando l’asfalto brucia e la gente rischia di sclerare nel traffico col cervello che bolle a quaranta gradi e le mani che si appiccicano al volante. Non può essere casuale. Forse è una strategia commerciale per combattere l’industria dei condizionatori e aiutare la gente a consumare meno corrente, fatto sta che, effettivamente, in questo periodo di caldo asfissiante non c’è niente di meglio che aprirsi una birra ghiacciata e spararsi gli Immortal a cannone, sognando montagne innevate, tempeste di neve, ghiacciai e crudeli winterdemons che escono fuori dal permafrost per sterminare quello che ti suona il clacson dopo cinque microsecondi che è scattato il verde.

Ma questo discorso lo abbiamo già fatto. Ora però è urgente specificare una cosa: War Against All è molto diverso dal precedente Northern Chaos Gods, e di conseguenza non è in linea con la storia evolutiva degli Immortal, che del resto non sono mai stati famosi per variare troppo sullo spartito. Anche giustamente, ché squadra che vince non si cambia. Qui invece cambia tutto, al punto che quello stile consolidato è quasi sempre irriconoscibile. Cerchiamo di capire in che modo.

Northern Chaos Gods era un disco degli Immortal praticamente in tutto e per tutto. Ne aveva i suoni, la velocità tendenzialmente sostenuta, le atmosfere glaciali declinate come da tradizione, eccetera. La produzione era curata da Peter Tagtgren, dietro alla consolle per tutta la seconda parte della loro carriera, quella da At the Heart of Winter in poi, e bastava ascoltarne pochi minuti per riconoscere immediatamente quel caratteristico suono tagliente che ti faceva percepire i cristalli di ghiaccio in faccia a cento chilometri all’ora. Nulla di tutto questo si ritrova in War Against All. Qui il produttore (nonché bassista) è Arve Isdal, ormai storico chitarrista degli Enslaved da Below the Lights in poi, e cucù: il suono Immortal non c’è più. E adesso subentra l’elemento chiave di tutta la faccenda: Isdal era stato il produttore (nonché bassista) anche del meraviglioso March of the Norse, unico album uscito a nome Demonaz nel lontano 2011, che io personalmente considero un capolavoro assurdo, anche se a pensarla come me forse ci sono solo Ciccio, Charles e un paio d’altri.

Questo per passare alla fase successiva del discorso: War Against All non sembra un disco degli Immortal. Sembra un secondo disco solista di Demonaz, ma estremizzato più o meno a forza, dato che March of the Norse tutto era meno che un disco black metal. Quindi sì, i primi pezzi sono più o meno veloci perché un disco degli Immortal deve iniziare sparato; sì, ci sono i riferimenti a Blashyrk e tutta quella mitologia perché ormai sono diventati i Manowar del black metal (cosa che in sé non ha nessuna accezione negativa, intendiamoci) e quindi bisogna aspettarsi riferimenti multipli incrociati ai vecchi titoli, ai vecchi testi eccetera; sì, ci sono gli arpeggini in stile Blashyrk (Mighty Ravendark) perché così dev’essere per forza; sì, è tutto cantato in screaming perché ovvio che un disco degli Immortal deve avere il cantato in screaming, e così via. Ma, cari fratelli e cugini di secondo grado del black norvegese, questo non è un disco degli Immortal proprio concettualmente, oltre che stilisticamente. Mi sono state segnalate alcune recensioni in cui si parlava di ritorno a Battles in the North, ma forse sta gente non l’ha mai ascoltato, Battles in the North. E dire che basta sentirlo una volta sola quel disco, per ricordarselo, ché non è che abbia tutte ‘ste sfumature nascoste. Di più: molti si sdilinquivano per Nordlandihr, la strumentale di sette minuti da più parti acclamata come migliore del disco, il pezzo in cui si dovrebbe riconoscere il vero spirito dei vecchi Immortal in chiave bathoriana. Ma pure qui, porca puttana: ma l’avete sentito sto pezzo? È una roba lenta, epica, vagamente sognante, da viaggio in macchina col gomito fuori dal finestrino, e riprende in tutto e per tutto quel disco solista di Demonaz, peraltro con lo stesso suono visto che il produttore (nonché bassista) è lo stesso. Non ha nulla degli Immortal. Non è un pezzo in stile Immortal. E pure citare i Bathory è pleonastico, ché infilare Quorthon in qualsiasi contesto epicheggiante a tema scandinavo sarebbe come citare i Black Sabbath e i Judas Priest in qualsiasi recensione metal perché ci sono i riff di chitarra.

Quindi il nuovo disco degli Immortal non è un disco degli Immortal. Altro che Battles in the North o li muerti loro. Ascoltatevi March of the Norse e poi sappiatemi dire, ché mi sa che l’abbiamo ascoltato in quindici. Un’altra cosa straniante è il cambio di batterista, perché lo stile di Horgh era inconfondibile e ormai faceva parte integrante del suono della band. Il suo sostituto è tale Kevin Kvale, che fa il suo compitino senza mai strafare. Lo stile di quest’ultimo è sicuramente più adatto all’album rispetto a quello di Horgh, ma questo accade perché, appunto, sono generi diversi.

Detto delle caratteristiche oggettive, entriamo nel campo della soggettività: personalmente di War Against All non mi rimane in testa molto. Mentre Northern Chaos Gods era una sequenza di pezzoni assurdi che si concludeva con la clamorosa Mighty Ravendark, qui forse le canzoni che mi prendono di più sono Return to Cold e l’ultima Blashyrk my Throne, che tanto per cambiare sembrano scarti di March of the Norse, specie la prima. Wargod invece pare la vecchia Tyrants suonata col piglio dei Sodom dell’ultimo periodo, e non è un complimento. La pur bellina No Sun dal canto suo comincia con una specie di tributo (chiamiamolo così) a Euronymous, visto che il riff assomiglia inquietantemente a quello di De Mysteriis Dom Sathanas, la canzone, sia nella sequenza di note che nel modo di suonarla. Le altre vanno dal carino al trascurabile, con qualche bel passaggio qua e là.

Ora non voglio che sembri che io stia dicendo che War Against All è brutto, perché non lo è. Però a me piace tantissimo lo stile degli Immortal e lo stile del Demonaz solista: questo album è una sorta di via di mezzo, certo molto più spostata verso il secondo elemento, ma comunque almeno nelle intenzioni una via di mezzo. Demonaz avrebbe potuto fare due bei dischi diversi tra loro, invece ha scelto di fare questo che non è né carne né pesce. Molto triste. La cosa che mi spaventa di tutto questo è l’aver letto tutte quelle recensioni in cui se ne parlava come di un classico disco in stile Immortal, e vabbè che qui a Metal Skunk siamo dei buzzurri cazzoni che girano con le mutande di pelliccia alle sagre del cinghiale arrosto, ma quantomeno i dischi li ascoltiamo, prima di scriverne. Quindi, ritornando al discorso iniziale, se quest’estate volete abbassare la vostra temperatura corporea rimettete nello stereo Northern Chaos Gods, o Pure Holocaust, o Sons of Northern Darkness. Ma non War Against All, che non c’entra nulla. (barg)

4 commenti

  • Avatar di Ameelus

    Ti aspettavo al varco Barg, e come sempre non hai deluso.
    Chi ha deluso è proprio Demonaz, al quale si vuole gran bene, ma che dovrebbe decidere cosa fare da grande senza tutta sta questione legale sulla proprietà della band, resa ancora più ridicola proprio dall’esistenza di questo ultimo album. Che facciano abbath i dischi di abbath e demonaz i dischi di demonaz, capisco che commercialmente abbia più peso il nome degli Immortal ma ora abbiamo la prova provata che anche demonaz vorrebbe fare il suo. Che lo faccia, cazzo. Torno a sentirmi march of the norse.

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  • Federico Bacc0
    Avatar di Federico Bacc0

    L’ho ascoltato un paio di volte e non so onestamente cosa pensarne, il solista di Demonaz era decisamente più ispirato, così come il precedente degli “Immortal”. Vediamo se cresce con gli ascolti e comunque, no, gli esimi recensori i dischi non li ascoltano.

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  • Avatar di Fanta

    Se non a sprazzi, questo non è un disco black metal. Se volevi dire questo con il panegirico sul disco solista di Demonaz, siamo d’accordo.
    Ho sentito licks presi pari pari da Dark Tranquillity (Lethe, in Nordlandihr) e Necrophobic (plagio totale all’inizio e alla fine di No Sun), tra l’altro.
    Ma da qui a doversi allineare per forza ad Angry Metal Guy ce ne passa. Il disco non è per nulla brutto. Per nulla. Anzi.

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  • Avatar di Federico

    Credo si sia un po’ più di quindici ad apprezzare March of the Norse…

    Il resto lo sentirò appena mi arriva, ma avevo anche io un sentore strano dopo l’ascolto di 2 singoli usciti.
    Ora mi è più chiaro perché.

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