New wave of Greek black metal: Winter Eternal & Lunar Spells

Ma la santissima madonna, che dischi s’inventano? È una cosa inspiegabile da sempre, ma se esiste un popolo di blackster che più tra tutti si è avvicinato alle sonorità del black nordico è sicuramente quello greco. Sarà che hanno avuto in casa gente che ha dato una grossa mano a fare del black metal quel gioiello che è tutt’oggi, fatto sta che l’unica cosa che a mala pena li frega sono le vocals, in screaming sì ma “controllato”, sempre sui toni tipici di Rotting Christ e Necromantia (specialmente quelli più datati), quindi qualche difettuccio di pronuncia lo si percepisce, ma, se non vi curate di dettagli di questo genere, si può sfidare chiunque a riconoscere la provenienza della band, con buona probabilità di far fare al saputone di turno una figura di sterco (a meno che non sia uno sgamato che ascolta black metal 25 ore al giorno, ma dev’essere proprio sgamato).

Unica poi la loro capacità di tirare fuori riff dell’altro mondo con poche, semplici note. Già, ma la classe non è acqua. Non hanno bisogno di ghirigori ed arabeschi come quelli ricamati su di un tappeto del Turkmenistan: con poche, semplici note sono capaci di fare tutto quello che serve per rendere ogni loro disco un diamante grezzo. Di quelli che finisci di ascoltare e dici ad alta voce “porca troia”, e chissenefrega se quelli attorno a te ti guardano strano pensando che tu sia un pazzoide che parla da solo.

Tra le tante cose che questo 2021 ci ha offerto per deliziare i nostri martoriati timpani due arrivano proprio dalla Grecia: parliamo di due progetti con un’impronta musicale molto simile, ciascuno dei quali ha però un buon motivo per essere ascoltato e supportato senza dubbi né remore. Entriamo un po’ più nello specifico: il terzo full lenght dei WINTER ETERNAL è uscito a giugno e s’intitola Land of Darkness, ce lo si può procurare in digitale, CD o cassetta (con quest’ultima vi arriverà anche uno splendido poster della copertina espansa su carta patinata, però ce ne sono solo 100 copie), contiene 9 pezzi, dura una quarantina di minuti ed è un gran disco. Loro sono abituati a scrivere dei gran dischi, oramai sono attivi da 10 anni e fin dalla demo Darkness Guide Me (2012) hanno fatto capire di essere un passo avanti agli altri. Sono seguiti i due full Winter Eternal del 2013 e Realm of the Bleeding Shadows del 2019, inframmezzati dallo split con i conterranei (ed ugualmente fantastici) Sad del 2017. Non troverete in alcuno di questi dischi un solo riff sbagliato, banale, superfluo o cos’altro. Qui siamo in pieno nella quintessenza del black metal, con riff velocissimi impostati su poche sequenze di note in grado di far venire i brividi continui, di toccare le corde dell’anima di chi ascolta, di far venire freddo anche se motivi reali per avere freddo non ce ne sono. Ed anche se gli schemi compositivi sono più o meno sempre gli stessi ogni brano ha una sua storia, una sua motivazione ed un suo maledetto perché. Questa è roba che fa male, questo è un assalto votato alla diffusione dell’odio più nero. Cupi, grigioscuri, nebbiosi, malinconici, i brani funzionano alla grande, essendo tutti non eccessivamente lunghi e pertanto immediati, diretti, in-your-face. Dal primo stupendo Crossing the Black Skies fino al settimo Isolation è un’apnea, poi Shaped of Grief è un breve interludio acustico con azzeccate partiture di violino assai oscuro e la conclusiva è una cover dei melo-death svedesi Gates of Ishtar Dawn of Flames, qui incattivita e velocizzata secondo il loro stile. Non c’è un solo secondo di questo disco che faccia calare l’attenzione, una meraviglia di ossidiana. Per tutti, non solo per sfegatati blacksters. Un gran disco metal è un gran disco metal, poco importa il sottogenere che rappresenta.

I LUNAR SPELLS invece sono praticamente degli esordienti, hanno fatto un breve EP autoprodotto l’anno scorso (Medieval Shadows from an Ancient Netherworld, ristampato da Northern Silence) e debuttano ora con Where Silence Whispers, uscito proprio per Northern Silence, la quale sfoggia un fiuto nello scouting di nuovi gruppi validi che ha pochi uguali. Musicalmente non sono distantissimi dai loro compatrioti. I loro brani sono un po’ più lunghi ma la matrice compositiva è sempre il comporre riff con poche note sapientemente collocate per ottenere un risultato emozionante. Dei tre ragazzi solo il chitarrista/vocalist/tastierista Cryptic ha esperienza in altre band (i brutal deathsters Abnormal Inhumane e il progetto slow black metal Lykauges) ma poco importa, perché il risultato finale è una bomba. Loro accompagnano la loro musica con parecchi arrangiamenti di tastiera ma rimangono comunque quanto di più distante dal symphonic black si possa immaginare: ai Lunar Spells le tastiere servono per rendere più pieno e tragico il sound, ma per nulla più sopra le righe o più ridondante. Ricordano molto quelle dei primi tre dischi dei Gehenna per come vengono utilizzate. Le loro vocals inoltre sono più norvegesi ancora, ricordano un sacco quelle dei Nocternity (greci anch’essi, ovviamente).

L’insieme di queste sei perle è violentissimo e concorre a buon titolo per entrare nelle classifiche di fine anno (con buone chances di vittoria per quella dell’artwork), coinvolgente, trascinante oltre i limiti dell’entusiasmo. Merito anche di una registrazione impeccabile e di un mixaggio che garantisce il giusto spazio equilibrato ad ogni strumento. Impossibile restare fermi ascoltando pezzi come Praying for Redemption, quello che apre il disco e che ci proietta sin da subito (senza inutili intro, fronzoli fischi & lazzi… imparare, please) nell’atmosfera di tutta l’opera. O la successiva Among the Ashes. O quella dopo ancora, The Wounds of Salvation, che parte con un up-tempo thrasheggiante di circa 40 secondi e poi ritorna a blast beat fisso. Si potrebbero citare anche le altre tre, ma avrebbe senso? Forse sì, perché Anguish and Sorrow (che chiude il disco) è uno dei brani più riusciti. Il fatto è che quando sai comporre gran pezzi, con riff non confusionari anche se li suoni alle velocità più estreme e arrangiati come dio comanda, è impossibile che vengano fuori porcate, anche se per le composizioni usi sempre lo stesso collaudato schema. Where Silence Whispers contiene sei pezzi ma se fossero stati il doppio il risultato sarebbe stato comunque memorabile. In attesa di ascoltare il nuovo Necromantia possiamo dire che la Grecia tre carichi da 90 (Moonscar, Winter Eternal e Lunar spells) li ha già piazzati sul tavolo, gli Yoth Iria non sono distanti e insomma a livello di squadra sarà difficile far meglio. I francesi hanno i Seth, i romeni i Daius ma dietro non c’è quasi nulla, i greci spaccano di brutto e sono tanti, incazzati e tutti eccellenti. (Griffar)

5 commenti

  • Condivido l’ottima impressione sui Lunar Spells, nel loro piccolo uno dei nomi migliori del 2021 per chi cerca roba passatista al 100% ma comunque di prima qualità, insieme a gente tipo Hinsides e Grabunhold. Winter Eternal persi per strada ma interessanti, mentre invece Necromantia e Yoth Iria li ho trovati di un deludente raro, specie i secondi uno scimmiottamento dei già noiosissimi Rotting Christ attuali: pessimo periodo per il buon Daoloth, specie se paragonato ad un Necroabyssius che tra Varathron e Katavasia si è dimostrato in formissima.

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  • I winter eternal mi son proprio piaciuti. Grazie! lacrimuccia per la cover dei Gates of Ishtar…

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  • Grazie delle dritte, quello dei Winter Eternal è veramente un gioiellino.

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  • E parlando invece di old school… in questo zuccheroso antro di tenebra nessuno ha ascoltato il nuovo di Sakis??? Per me un capolavoro, al netto degli autoplagi sparsi

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