Vanghe e altri utensili: MORNE – To the Night Unknown

Cominciai a seguire i Morne quasi da subito, quando scoprii piano piano quella sorta di seconda ondata post-metal (o atmospheric sludge, che dir si voglia) usciti dagli Stati uniti verso la metà degli anni 2000. Era composta da band sostanzialmente underground cresciute sulla scia dei capostipiti Neurosis e dei delfini Isis e Pelican. Tra quelli diventati poi più importanti si potrebbero forse citare gli Unearthly Trance e i Minsk.
Dopo l’ottimo debutto Untold Wait, ancora influenzato dal crust punk, i Morne provarono a distinguersi dai compagni di corrente grazie ad un tentativo di inserimento di elementi gotici sulla base post-metal, soprattutto col secondo album Asylum. Nel 2013 pubblicarono un terzo LP, Shadows, forse un po’ più anonimo rispetto agli altri, per arrivare infine a To the Night Unknown. Le carte in tavola non vengono mischiate quasi per nulla se non fosse per i ritmi tendenzialmente più lenti e cadenzati, che ricordano a tratti il doom metal. Per il resto lo stile rimane lo stesso e, pur mantenendo un certo gusto per la melodia come forse vi avrà suggerito la copertina à la Orchid, viene pressoché spogliato da ogni altro orpello. Si potrebbe dire che, se Untold Wait era l’equivalente sonoro della vanga di un redneck sul coppino, To the Night Unknown assomiglia maggiormente ad un caterpillar usato nelle miniere del Midwest.
Personalmente mi aspettavo di più dai Morne perché in passato erano stati capaci di alcune intuizioni niente male e di almeno un album sopra la media. Questo loro ultimo album non è male, anzi; solo non è nulla di speciale. Forse, nonostante la formazione stabile, il gruppo di Boston ha semplicemente perso piano piano l’estro creativo. (Edoardo)
