L’idra non ha più teste

Gestire la Hydra Head Records non è mai stata una cosa semplice. Abbiamo passato la maggior parte della nostra esistenza passando euforicamente da una cosa all’altra, affrontando più di quanto avremmo mai potuto sperare di ottenere, senza mai trovare un appoggio stabile nel vortice di caos che ci eravamo creati. Anche se ci sono stati momenti difficili, la Hydra Head è stato un progetto molto significativo e carico di soddisfazioni per me e, spero, per le altre vite a cui è stato direttamente connesso. Il fatto che sia durato quasi due decadi è strabiliante, e molto è cambiato in questo periodo: le vite di coloro che sono stati coinvolti nella gestione dell’etichetta, i gruppi e gli artisti con cui abbiamo lavorato, e la stessa natura dell’industria musicale. Anche se molti di questi cambiamenti sono stati positivi, o quantomeno illuminanti, l’impatto della nostra storia e le circostanze economiche attuali stanno culminando in una morte lenta e in qualche modo dolorosa per l’etichetta. Di sicuro non è un evento del tutto inatteso, ma non pensavamo che potesse accadere così d’improvviso, o (forse ingenuamente) mai. 

Aaron Turner, proprietario della Hydra Head Records e, tra le altre cose, membro di Isis e Old Man Gloom. Insomma, va così: apri la casella di posta e leggi la funerea newsletter, poi apri il link al sito dell’etichetta e, per sicurezza, ti colleghi pure a Brooklyn Vegan. In casi come questi, pure per la discrezione quasi liturgica del silenzio, non andrebbero dati spiegoni ma, giusto per capirsi, quest’etichetta ha contribuito alla promozione, produzione e consolidamento del culto intorno a band (che prima o poi hanno flirtato con Relapse, per dire della varia statura delle indie americane) come Coalesce, Oxbow, Harvey Milk, Dischordance Axis, GridLink, Old Man GloomJesu giusto per citare gli episodi discografici più riusciti. La label rimarrà in piedi sino a Dicembre, dopodiché sarà attivo solo il catalogo perché le bollette s’hanno da pagare. Chi non l’avesse ancora fatto, come quando ci si gode l’amaro di una storia che si chiude inesorabilmente, può coronare questa piccola storia ignobile con la visione di Blood, Sweat & Vinyls: DIY in the 21st Century.

Qui il comunicato ufficiale. Lo spirito continua.

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