Un viaggio alle radici di FALKENBACH: Heralding – The Fireblade
Chi mi conosce da un po’ di tempo (giornalisticamente parlando) sicuramente sarà a conoscenza della mia oramai trentennale fissa per Falkenbach, che dura precisamente da un giorno di fine 1996 quando, in un vecchio From The Crypt (una rubrica di Metal Shock dedicata al death e black metal), notai la foto di questo strano tipo con solito spadone medievale in mano e una mini-intervista in cui quest’ultimo, ovvero Markus Tümmers (in arte Vratyas Vakyas), presentava il disco d’esordio per No Colours, …En Their Medh Riki Fara…, intervista ovviamente caratterizzata dalle vecchie e care risposte scazzate e monosillabiche tipiche dei gruppi estremi dell’epoca. Se ancora conservate quel numero della rivista tenetevelo stretto, anche perché, incredibile ma vero, mostra la prima e anche ultima foto esistente di questo riservatissimo personaggio, se si esclude quella da incappucciato dell’epoca di Ok Nefna Tysvar Ty. Su internet ne gira una da tempo, ma non trattasi di Tümmers bensì di Lars Jensen dei Myrkgrav. I motivi di ciò mi sono oscuri.
È innegabile comunque come il grandissimo successo sia di pubblico che di critica di Ok Nefna Tysvar Ty abbia inevitabilmente influenzato Vratyas in questo successivo Heralding – The Fire Blade, che incredibilmente segue solo di due anni il disco precedente, una sorta di evento considerati i tempi biblici che intercorrono tra un lavoro e l’altro dell’artista tedesco-islandese. In realtà il motivo è presto detto: Heralding – The Fireblade non è un disco di inediti bensì una raccolta di materiale già edito nei demo e nei primi due immortali lavori, il tutto rivisitato in una chiave prettamente più folk, sullo stile per l’appunto del disco precedente.
Lo si capisce subito dall’iniziale The Heathen Foray, che si presenta in veste completamente rinnovata rispetto alla versione presente in Magni Blandimm Ok Megintiri e che corregge alcuni difetti del brano originario, come la batteria altissima e la voce che si sentiva a malapena, anche se da buon nostalgico continuo a preferire la prima versione. Of Forest Unknown e Roman Land sono due classici pezzi black oriented sullo stile dell’esordo, mentre la successiva Havamal è una vera e propria chicca in quanto risale al primo elitarissimo demo del 1989, distribuito in ben 9 copie (!!!), che nella versione rinnovata, e molto bathoryana, è diventato uno dei pezzi più belli e conosciuti di Falkenbach. Riguardo Heralder il discorso è praticamente lo stesso fatto per The Heathen Foray: altro pezzo splendido pubblicato originariamente sul picture disc di …En Their Medh Riki Fara… ma qui presentato in una versione più bucolica e folkeggiante rispetto allo stile più minimalista e dalle chiare influenze pagan-viking metal del disco in questione.
L’unica rimasta bene o male fedele all’originale è Læknishendr, mentre Walkiesjar dovrebbe essere l’unico inedito ma se sbaglio correggetemi, perché, tra sta miriade di demo pubblicati e non, è facile perdere il bandolo della matassa. In ogni caso è un brano della madonna così come l’immancabile corno di Gjallarhorn che fa da preludio a Gjallar, presente solo nella versione digipak del disco, una delle più belle strumentali abbia mai ascoltato, roba che ti viene veramente voglia di andare indietro nel tempo ed imbarcarti su un drakkar ad assaltare qualche sperduto monastero cristiano.
In definitiva Heralding – The Fire Blade è un ottimo modo per riscoprire sotto una nuova veste le primissime cose composte da Vratyas Vakyas, magari non lo consiglierei come punto di partenza per chi non ha mai sentito una nota di Falkenbach, ma per tutti gli amanti della sua musica ed in generale del folk-viking-pagan metal più puro, sognante e incontaminato. Nella speranza che il buon Markus si risvegli dal suo torpore e si decida a pubblicare qualcosa di nuovo, anche se comincio purtroppo a perdere le speranze. (Michele Romani)


