Avere vent’anni: TONY MARTIN – Scream
Scream è un album che offre numerosi piacevoli rimandi al passato dell’hard rock, oltre a un paio di brani raffinati e concreti. Risentito oggi sta a metà fra il buono e il furbo citazionismo. Tony Martin, lo saprete, è stato il cantante dei Black Sabbath in numerosi loro album. Per favore non fatemi fare la lista. Normalmente tutti parteggiano per Ozzy Osbourne o Ronnie James Dio, ed è normale che sia così. Tony Martin, tolti dal banco questi due nomi, è il cantante dei Black Sabbath che sento più mio e che ha contribuito a rendere giustizia e dignità a titoli dimenticati come Cross Purposes. Per non parlare dei migliori con Tony Martin, Headless Cross e via discorrendo: la lista la lascio completare o, nel caso peggiore, scoprire a voi.
Si era tutti d’accordo nel dire che la voce di Ronnie James Dio fosse calda e potente: per quanto Tony Martin partisse da uno stile diverso dal suo, era quello che sapeva calarsi meglio di ogni altro nella parte di Ronnie James Dio, laddove costretto a farlo. In un certo senso lo fece anche nel suo album solista Scream. Faith in Madness spingeva con una potenza assoluta, nel ritornello.
Molti però si ricordano di questo album per Raising Hell, la sua apripista. Aveva quelle tastiere settantiane che chiamarono subito in causa i Rainbow. Erano opera di Geoff Nicholls, che certamente conoscerete se conoscete i Black Sabbath. Il resto lo suonò interamente Tony Martin, fatta eccezione per una delle linee di chitarra, affidata al figlio, Joe Harford, e alla batteria sull’unica traccia iniziale, affidata niente meno che a Cozy Powell. Naturalmente la sua batteria Cozy Powell l’aveva già registrata da tempo, poiché morì in un incidente stradale, ubriaco fradicio, sul finire degli anni Novanta. Questo fece di Raising Hell un testamento, poiché Cozy Powell aveva lasciato traccia su album come Rising dei Rainbow, al fianco di Ritchie Blackmore e Ronnie James Dio, Slide it In dei Whitesnake al servizio di David Coverdale, vari a firma Black Sabbath, e tanto altro ancora.
Il meglio di Scream stava però subito dopo. Bitter Sweet un autentico inno ai Black Sabbath che furono, con tanto di accelerazione nella seconda metà, la sopraccitata Faith in Madness, anche lei bella ritmata a metà scorrimento, e poi alcuni episodi un po’ ariosi e radiofonici come I’m Gonna Live Forever, con quello stile recentemente ripreso dagli Alice in Chains in pezzi come Lesson Learned e Breath on a Window. Bella anche la traccia omonima.
Nel suo album solista con lo stesso titolo, Chris Cornell riuscirà, pochi anni più tardi, a fare incazzare un sacco di gente. Date piuttosto una chance a questo, se siete amanti delle sonorità più classiche. (Marco Belardi)


Grazie della segnalazione, domani provvedo.
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