Leprous // Gåte // Royal Sorrow @Live Music Club, Trezzo sull’Adda (MI) – 07/11/2025

Sembrerà strano, facendo io parte della sezione milanese di Metal Skunk e considerando quanti gruppi anche relativamente importanti passano di lì, ma questa era la mia prima volta in assoluto al Live Music Club di Trezzo sull’Adda, città situata circa a metà tra Milano e Bergamo – segnalo infatti dei coraggiosi casoncelli nel menù. Anche Einar Solberg ci scherzerà un pochettino su durante il concerto, quando, salutando il pubblico, dirà il solito “ciao Milano!” e aggiungerà “ma qua non siamo veramente a Milano, giusto?”. E chissà cosa avrà pensato quando per il suo concerto a “Milano” ha dovuto fare in realtà mezz’ora di autostrada. 

Tutto questo, forse a questo punto l’avrete capito, per dare una giustificazione al fatto che io non sia riuscito ad arrivare in tempo per i Royal Sorrow, band finlandese che aveva l’arduo compito di aprire la serata alle 19:15 e che io, tra gli spostamenti lavoro-casa e casa-locale e il traffico, mi sono impunemente perso. Avendoli comunque ascoltati prima per prepararmi per il oncerto – non farò qui finta di averli conosciuti e apprezzati da sempre – mi sono sembrati molto in linea come stile rispetto ai Leprous. Non sono certo una band di primo pelo (tra il 2012 e il 2022 hanno pubblicato sotto il nome di Edge of Haze) e immagino che siano stati apprezzati dal pubblico che si è interessato a questa serata. Rispetto ai norvegesi hanno un tocco ancora più pop, se possibile, in virtù anche del fatto che musicalmente e concettualmente mi sembrano essere molto meno complessi e andare più dritti al punto. 

Per fortuna arrivo invece in tempo per godermi i Gåte. Anche se a quanto pare stanno in giro addirittura dal 1999 e, sfogliando gli archivi del nostro carissimo blog, si può trovare un articolo di Giuliano che li cita; nel frattempo hanno anche partecipato all’Eurovision, non farò finta di conoscerli e apprezzarli da sempre. Negli ascolti in preparazione al concerto ho scoperto un gruppo che potenzialmente posso apprezzare molto e continuare ad approfondire. Stiamo difatti parlando di musica che forse è più vicina a quella dei Wardruna e degli Eihwar, il misterioso duo viking francese che arriverà in Italia a febbraio (ovviamente ci andremo), e che in parte mi ha riportato all’orecchio qualche sonorità cara a Björk e al progetto solista di Kari Rueslåtten che però forse è semplicemente dovuta a un comune sostrato culturale. Ad ogni modo, ci si potrà forse domandare che cosa c’entrino con i Leprous, ma in realtà non li ho trovati neanche così fuori luogo. Nelle loro composizione infatti c’è spesso un’anima rock che tutti i gruppi citati poc’anzi non hanno – o quantomeno non così spiccata – e che rende tutto sommato abbastanza accostabili i due gruppi norvegesi. Il pubblico apprezza molto e regala un lunghissimo applauso alla fine dell’esibizione.

Si può infatti dire, senza temere di essere smentiti, che i Leprous, quantomeno nelle loro ultime uscite, si sono definitivamente trasformati in un gruppo progressive rock che non ha pressoché più nulla a che vedere col metal da un punto di vista sonoro. Aggiungo anche che, a mio modesto parere, è un gran peccato, poiché quelle sporadiche parti in cui decidono di rallentare e andare su tonalità più gravi sono tra le mie preferite – ma suppongo di essere l’unico a pensarla così, dato che in coda all’ingresso avevo sentito un gruppetto di cosiddetti “riccardoni” che disquisisce su chi sia più bravo con i controtempi, se i Leprous, i Dream Theater o i Meshuggah. Io da parte mia non sono certamente uno dei fan più sfegatati del gruppo norvegese, ma per qualche motivo Pitfalls all’epoca mi era piaciuto molto, pur essendo tendenzialmente lontano dai miei ascolti abituali, e mi ha spinto a volerli vedere almeno una volta.

Il risultato è stato comunque molto soddisfacente. I gruppo capitanato da Einar Solberg ha dato l’impressione di divertirsi molto e il pubblico ha risposto molto bene, con tanto di gente che provava a replicare, con alterne fortune, gli acuti del cantante, i vocalizzi di Like a Sunken Ship e i fraseggi di chitarra di The Price. Il frontman della band cerca anche molto l’interazione con il pubblico e tende anche a scherzare molto volentieri – in questo mi ha ricordato Mikael Åkerfeldt, noto per essere un burlone. Un’altra cosa che ho apprezzato molto e che è stata rivendicata dal nostro virtuoso delle corde vocali è il fatto che la scaletta venga quasi sempre cambiata tra un concerto e l’altro. Essendo la prima volta che li vedo dal vivo non ne posso essere certo, ma non ho notato, come in altri concerti, gente che sa già quale sarebbe stata la canzone successiva e loro verso la fine hanno addirittura lasciato scegliere al pubblico per alzata di mano quale canzone avrebbero suonato tra quattro opzioni. E proprio la scaletta è stata anche il punto forte della serata. Se infatti all’inizio mi aveva un po’ perso, dalla cover di Take on Me (sì, avete letto bene) in poi è stato un continuo crescendo e appesantimento di sonorità, con molti pezzi proprio da Pitfalls e From the Flame da Malina a chiudere il climax. Il bis composto da Atonement e dall’outro di The Sky Is Red è stata una degna chiusura di un’esibizione pressoché perfetta. (Edoardo) 

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