Splendidi quarantenni: POSSESSED – Seven Churches

Quando si va a parlare di dischi così datati si rischia di perdersi nelle nebbie del troppo tempo passato e trascurare elementi preziosi che possano aiutare a comprendere cosa stava effettivamente succedendo quattro decenni fa. Il thrash metal era vivo, vivissimo; nuovi gruppi si affiancavano ai capostipiti e praticamente tutti aggiungevano sfumature personali che ne garantivano il successo, perché nessuno suonava nello stesso modo di un altro e la gente si comprava tutti i dischi, aggiornando costantemente la lista dei propri gruppi preferiti. Gran bei tempi, non c’è che dire. La storia ci narra che non è stato sempre così e che il genere si inflazionò fino a quasi sparire, ma questa è un’altra storia che verrà raccontata a tempo debito.

È chiaro che una copertina completamente nera con il logo infuocato del gruppo in rosso, croce rovesciata e coda luciferina solleticò non poco la curiosità dei metallari dell’epoca, e credo che qualcosa di simile accadrebbe anche oggi. Si pensava che fosse l’ennesimo progetto dedicato al più classico thrash metal allora imperante, solo che quando poi si ascoltò il disco (sempre grazie all’amico che comprava il vinile e lo doppiava su cassetta a quasi tutta la cumpa) praticamente tutti rimasero interdetti, a dire poco, ed è doveroso spiegare il perché, visto che si sta parlando di un disco che nel tempo è diventato semplicemente leggendario. La loro demo Death Metal circolò pochissimo quando uscì (quantomeno qui in Italia, ma ho motivo di credere che pure in Europa si vide raramente), di conseguenza Seven Churches fu letteralmente un fulmine a ciel sereno, e, come molto spesso accade quando ci si trova al cospetto di sonorità completamente nuove, ai tempi non fu capito. Da quasi nessuno, intendo, e non esagero. Nemmeno io, che cercavo di continuo musica sempre più violenta, di primo acchito riuscii ad apprezzare quello che sulle riviste specializzate dell’epoca non esitavano a definire casino, rumore puro e semplice. Ciò deriva dal fatto che comunque a metà anni Ottanta la stampa metal cercava disperatamente di affermare che il genere aveva pari dignità rispetto a tutti gli altri, un atavico complesso d’inferiorità che portava all’approccio negativo verso qualsiasi cosa non avesse sonorità nitide, elevato tasso tecnico, livello compositivo degno di Mozart, arrangiamenti studiatissimi, artwork impeccabili e via discorrendo.

Seven Churches non è thrash metal, ne rappresenta l’evoluzione più terminale e oggi viene giustamente considerato il primo album death metal della storia, visto che il suo principale contendente (Scream Bloody Gore dei Death) arrivò due buoni anni dopo, ma nel momento in cui venne alla luce credo che gli unici ad andarci matti fin dai primi istanti furono gli americani, ai quali si possono contestare le più svariate nefandezze ma, quando si parla di musica estrema, non c’è nulla da fare, sono sempre stati un passo avanti agli altri. Qui in Europa, in Italia specificamente, le recensioni furono prevalentemente negative tendenti al catastrofico, cosa che generalmente risulta essere un’arma a doppio taglio perché tanta negatività suscita altrettanta curiosità e si va ad ascoltare comunque il disco, e naturalmente si conclude che il recensore è un coglione che non capisce un cazzo. Non succede solo in questi tempi internettiani, succede da sempre.

Indubbiamente, invero, tutto si può dire tranne che Seven Churches sia un ascolto facile, immediato, delicato. Mike Sus (batteria) non sarebbe riuscito a tenere un tempo neanche se fosse servito a salvarlo da una condanna a morte (se la cavava praticamente improvvisando, inserendo pause, rullate, fill strani, qualunque cosa gli saltasse in mente per mascherare le sue – non indifferenti – lacune), la produzione di Randy Burns è strana, più compressa, più elettrica e vagamente slabbrata, e alla classica voce urlata aggressiva tipica del thrash Jeff Becerra sostituisce qualcosa di più rantolante, di più basso che oggi conosciamo come growl, solo che non era ancora strettamente growl, nessuno ebbe la sagacia di definirlo tale, era una via di mezzo comunque mai udita prima in un disco heavy metal. I riff, schietti, tesissimi, meno tecnici e rifiniti se paragonati al thrash classico, quasi tutti usciti dalla penna di Mike Torrao, portano ad un livello superiore qualsiasi cosa uscita in precedenza; neanche gli Slayer, all’epoca senza dubbio i più brutali, avevano osato qualcosa di simile. I pezzi sono frenetici, per l’epoca erano confusionari, per molta gente inascoltabili, e sono dovuti passare un po’ di anni prima che ne venisse riconosciuto l’effettivo valore di capostipiti.

I Possessed hanno inventato un genere consapevolmente, visto che già la loro demo s’intitola e si identifica in ciò che volevano suonare: Seven Churches ha influenzato tutti i gruppi death metal americano comparsi in breve tempo per causa sua e più fortunati per quanto concerne critica e gradimento del pubblico. Morbid Angel, Immolation, Obituary, Massacre, Incantation eccetera forse non sarebbero stati gli stessi, o ci avrebbero messo comunque molto più tempo a fare breccia se Seven Churches fosse stato un “semplice” disco thrash metal ortodosso. La cosa più “curiosa” è che Mick Harris dei Napalm Death ha sempre detto di considerarlo una delle sue più grandi influenze nel dare vita al grindcore, e almeno per quanto mi riguarda io mi riavvicinai a questo capolavoro solo dopo essere stato in grado di apprezzare i primi due album degli inglesi, pure essi maltrattati da stampa e critica eppure in grado di aprire le menti degli ascoltatori molto più di qualunque recensione. Oggi ne celebro l’assoluto avanguardismo, l’assoluta originalità, l’indiscutibile ruolo storico e mi rendo conto che, accidenti, dopo 40 anni anch’io sono ancora qui.

Qualche curiosità storica riguardo al disco, anche se penso che alcune le conoscano anche i sassi:

  • Il titolo dell’album è biblico, preso dal libro dell’Apocalisse, e si riferisce alle sette chiese in Anatolia ivi menzionate;
  • Mike Sus è stato a lungo considerato il peggior batterista ad aver suonato in un disco heavy metal;
  • Il brano The Exorcist si riferisce ovviamente al celeberrimo film horror, la sua intro riprende il tema di Tubular Bells e viene suonata alle tastiere da Randy Burns;
  • Jeff Becerra e Larry Lalonde quando incisero il disco avevano 16 anni (io ne avevo poco meno di 14…) e andavano ancora a scuola, mentre Sus e Torrao erano già sulla ventina;
  • Lalonde suonò con il gruppo fino a The Eyes of Horror del 1987, poi, dopo qualche altra esperienza minore nel metal, fondò gli schizzatissimi Primus;
  • Jeff Becerra cominciò a scrivere i testi delle canzoni quando aveva 11 anni, cosa che conferma la mia tesi che con la testa da metallaro ci nasci.

Nel 1989 Becerra si trovò per pura sfortuna nel posto sbagliato al momento sbagliato, fu colpito da un proiettile e rimase paralizzato. Tipper Gore (mai sufficientemente disprezzata creatrice del P.M.R.C, quello che metteva le etichette Parental Advisory sui dischi, per i più giovani) ebbe il coraggio di affermare che se l’era meritato vista la sua vita di violenza e satanismo (oh, mio dio), traviante le menti degli ascoltatori dei suoi disgustosi dischi (sic!). Quando il cantante riformò i Possessed nel 2007 e continuò l’attività dal vivo in sedia a rotelle molti furono perplessi, ma per me è semplicemente un Eroe. La gente non sa che si perde a non essere metallari. (Griffar)

4 commenti

  • Avatar di Old Roger

    Questo merita assolutamente una rispolverata ,!

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  • Avatar di Federico

    L’età anagrafica mi ha fatto arrivare a questo lavoro troppo tardi perché potessi apprezzarlo come nelle parole del Griffar, però ne riconosco il valore estremo dal punto di vista storico e di influenza.Il death metal nasceva qui…
    Continuo a preferirgli altre cose (Death e i nomi citati si) e non è un lavoro che ascolto probabilmente con il dovuto rispetto e impegno, ma non si può dire che non sia stato fondamentale per la scena che ancora doveva nascere.
    Per l’epoca registrato anche bene.

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  • Avatar di walterb2010

    Nient’altro da aggiungere al bell’articolo. Acquistato all’ uscita, mi conquistò subito, questa è STORIA!

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  • Avatar di AD

    Pura coincidenza, l’ho ascoltato proprio ieri! Gran bel articolo.

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