Splendidi quarantenni: AMEBIX – Arise!

Al giorno d’oggi si rischia di essere troppo superficiali o qualunquisti nel valutare un disco di quarant’anni fa, con tutta l’offerta, passata, presente e futura, disponibile orizzontalmente, immediatamente, per cui si perde spesso l’importanza del prima e del dopo. Si rischia anche, in maniera complementare, di essere pignoli e asettici nel catalogare le esperienze, i generi sono tag, i dischi sono cartelle organizzate in memoria per nome, data, genere. I Killing Joke sono post-punk, i Motorhead rock, i Venom NWOBHM, i Discharge hardcore, i Crass anarco-punk. E gli Amebix crust punk. E così il nostro bisogno di ordine catalogatorio è soddisfatto. Ma le cose sono sempre più complesse. O meno, dipende dai punti di vista. La scena, comunque, è l’Inghilterra dei primi anni ’80.

Fotografia di Shirley Baker (1932-2014)

Me la immagino come il centro del caos, non esattamente il primo posto dove mi verrebbe in mente di voler vivere, a parte che per la musica, se disponessi di una macchina del tempo o di un TARDIS, come quello del Doctor Who. Il caos di cui parlo era in azione già da qualche tempo, ma nel 1985 ribolliva ancora parecchio, anzi, era arrivato “a temperatura”. Punk e metal era da un po’ che si scambiavano i convenevoli, anche grazie ai parenti in comune (i Motorhead, appunto). La NWOTHM era già in parte imbevuta di punk e gli stessi Venom in fondo non erano che dei cazzoni che sbraitavano su tre accordi distorti con l’attitudine, appunto, dei cazzoni. Il primo punk inglese intanto aveva rivelato già quasi subito di essere una truffa e così in tanti si erano dati al post. Quelli che continuavano a suonare punk, di massima, o inseguivano l’estremismo dei Discharge o la dottrina dei Crass. Entrambe le band poi stavano già influenzando fior di scene anche fuori da Albione, si pensi agli olandesi The Ex, a tutto il D-Beat svedese, ai Ratos De Porão.

I fratelli Rob e Stig Miller erano un caso a parte. Rob, ex militare e motociclista, cantava e suonava il basso. Stig, chitarrista, da ragazzino pre-punk, ascoltava Bowie, Roxy Music, Hawkwind e Stooges (e Black Sabbath). Poi, si sa, arrivarono i Sex Pistols e quel che ne conseguì. Nati come The Band with No Name, in omaggio ai personaggi dei western all’italiana interpretati da Clint Eastwood, i due (il posto dietro la batteria è stato occupato nel tempo da musicisti diversi) formano la band a Davon, Cornovaglia, e cominciano in seno alla scena anarco-punk, tanto che la primissima apparizione è sulla compilation Bullshit Detector Vol 1: University Challenged, proprio su Crass Records, nel 1980. Da un’intervista rilasciata nel 2020 da Stig:

E&D: I Crass e la loro etica hanno avuto una grande influenza su Amebix? 

Stig: All’inizio credo di sì, il modo in cui facevano le cose era completamente nuovo per l’epoca.

Da (quasi) subito incamerano però anche il millenarismo apocalittico dei Killing Joke (che proprio nel 1980 esordirono su Lp). Non era una cosa da niente, in una scena che tendenzialmente rincorreva un suono essenzialissimo, senza orpelli o atmosfere, per veicolare meglio un messaggio politico centrale rispetto alla musica. Dichiarerà successivamente Rob Miller in un’intervista del 2011:

Mi sentivo claustrofobico in quella “scena” per molte ragioni, il puritanesimo dei Crass toglieva ogni gioia e spontaneità alle cose e le sostituiva con un libro di regole in cui non mi riconoscevo. È sempre stato così con i gruppi di persone: c’è un bisogno di conformismo tra i non conformisti, il desiderio di creare un codice di condotta, di abbigliamento, di credo, ecc. Devi uscire dall’unità tribale per poter assorbire nuove esperienze che siano veramente tue.

Intanto, The Band with No Name aveva già cambiato nome in Amebix, per l’assonanza con l’ameba, forma di vita elementare come la musica della band. E nel frattempo i nostri si erano trasferiti a Bristol, campando di espedienti e contendendosi gli squat disponibili (si fa per dire) coi Disorder. Come si diceva, gli Amebix cominciavano però a suonare (più o meno) come nessun altro nella scena. Non solo riferimenti post punk, comunque, quali Killing Joke, Joy Division, Cure, P.I.L. (che in quanto a violenza psicologica forse non erano secondi a nessuno) e Bauhaus (per l’alone gotico). Dopo un primo Ep (Who’s the Enemy) e prima del secondo (No Santuary), il singolo Winter del 1983 spinse ancora di più il suono verso un estremismo sonoro ancora più incompromissorio, con urla che anticipavano persino cose che si sarebbero sentite più in là nel decennio (o dopo ancora), in campo metal.

Su questa pista gli Amebix cominciarono quindi progressivamente ad inglobare sempre più influenze metal, in controtendenza con le scene anarco-punk e post-punk, indurendo il suono, però in maniera dissimile rispetto a quanto invece già succedeva nell’hardcore dei Discharge. Ancora Rob Miller, in un’altra intervista:

Non mi piaceva la musica thrash/fast di quel periodo, nemmeno i Discharge. (…) Vedevo nell’hardcore una dissipazione della potenza.

In particolare i fratelli Miller guardavano piuttosto al caos dei Venom (e nonostante Rob “The Baron” ne abbia negato l’influenza abbastanza palese, sul web circola una sua foto con in mano il singolo Die Hard del trio di Newcastle-upon-Tyne). E soprattutto all’archetipo comune, chiamato Motorhead. D’altronde, The Baron è lui stesso un biker e la sua voce comincia davvero a sembrare un misto di Lemmy, Cronos e Jaz Coleman. Molto più di recente, non potendo negare certe influenze pesanti, Miller sostiene, in un’intervista già citata in precedenza, che l’influenza sarebbe (stata) reciproca:

In un certo senso i Killing Joke hanno iniziato a suonare come gli Amebix in alcuni dei loro lavori più recenti, un po’ come fecero i Motorhead con Orgasmatron.

Sul piano squisitamente musicale, queste le coordinate generali che faranno di Arise!, nel settembre 1985, un album che è una sintesi di influenze più o meno recenti e al contempo una rottura sprezzante con le scene contemporanee. Per la pubblicazione intanto si era fatto avanti (con la sua Alternative Tentacles) nientemeno che Jello Biafra dei Dead Kennedys.

Gli Amebix nel 1985 partorirono nel caos un suono, oggi codificato come crust punk, che in fondo è tanto punk quanto metal (e molto altro). Nella realtà, alla nascita di questa sottocategoria hanno contribuito altri nomi coevi (come gli Antisect) e in realtà nella codifica stringente ed esatta del suono tramandato fino ad oggi io gli Amebix ce li riconosco fino ad un certo punto. Comunque, a conferma degli orizzonti molto più ampli della media dei punk dei tempi, Rob Miller ai tempi era persino in contatto assiduo nel circuito di tape trading con Thomas Gabriel Fisher (Morbid Tales era uscito l’anno prima, To Mega Therion sarebbe uscito a meno di un mese da Arise!). E Thomas “Warrior” non ha mai negato la sua stima per la musica dei fratelli Miller.

A livello di attitudine, i tre (col batterista Spider) erano sicuramente dei punk, tutti borchie, creste (Rob) e capelli lunghi (Stig), alti e allampanati, a volte con fattezze quasi vampiresche. Magari spiazzavano già qualcuno le giacche militari indossate dall’ex soldato Rob. Il disagio era qualcosa di vero, l’attitudine senza compromessi. Prendiamo il caso di quanto dichiarato dall’allora tastierista Jenghiz in un’intervista del 1984, che afferma di

aver trascorso un po’ di tempo in un manicomio dove uno dei migliori psichiatri d’Europa si è rifiutato di certificarmi sano di mente (…) La mia educazione è stata operaia. Negli Stati Uniti sarei stato classificato come white trash. Non mi considero un musicista. Il mio stile di vita è molto frugale e semplice. Vivo secondo le mie convinzioni, rifiutandomi di lasciarmi trasportare dalla corrente del consumismo.

Pur con realtà individuali più o meno difficili, tra malattia mentale e comportamenti al limite (o oltre il limite) della legge, non è che poi, nel giro anarco-punk di Bristol, i Miller puntassero comunque ad uniformarsi.

Campando di espedienti e dormendo in alloggi occupati per anni, per arrivare a padroneggiare un minimo gli strumenti, tanto da poter almeno portare il suono dove si vuole (senza rinunciare alla barbarie), ai due Miller ci erano voluti comunque anni. Eppure, a questo approccio, se vogliamo, di “nichilismo sonoro” non fa specchio altrettanto nichilismo in termini filosofici o ideologici. Arise! è tutt’altro che un disco arreso o distaccato dal reale. I due Miller, anarchici, non negavano certo la propria avversione verso la religione organizzata e il potere (quello delle istituzioni, dei partiti, quello coercitivo del conformismo di qualsiasi sottogruppo o setta). D’altronde, lo slogan storico della band è un lapidario No Gods, No Masters. Il fulcro delle liriche di Arise! si trova nell’incitamento all’unione e alla ribellione contro chi opprime l’individuo, specie se lo fa con il sorriso rassicurante di un falso amico (di un prete, di un partito). Dal testo della traccia che fornisce il titolo al disco:

Ci aspettano tempi duri
C’è odore di rivoluzione nel vento
Beh, stiamo affilando le nostre asce
Raccontando storie attorno al falò di notte
Partiremo con un fuoco nei nostri cuori
Quando questa oscurità cederà il passo all’alba
Nella luce saremo uniti come uno
Perché il regno dei cieli deve essere preso d’assalto!

ALZATI! ALZATI DALLE GINOCCHIA!
ALZATI IN PIEDI!

Certo, c’è l’incitamento ad unirsi insieme, nella ribellione, ma la prospettiva resta in realtà individualista e quindi non stupisce, nella chiusura apocalittica dello stesso pezzo, anche un certo disprezzo per chi, quieto, si lascia dominare inerme. Ovvero la maggioranza:

Sembrate le fila dei dannati
Nessun orgoglio, le masse trascinate di un’umanità torturata e contorta
Voi, che seminate i semi marci della disperazione tra le nostre stesse fila
Piccoli stronzi patetici e piagnucolosi
Assumete l’identità dei diseredati
Cretini, scoraggiati e pecoroni
Pagliacci senza speranza in un circo che è morto da tempo
Alzatevi, fottuti stronzi, e gioite
Parlate ora… o tacete per sempre

Poca voglia di uniformarsi alla massa (specie se diretta al macello), così come ai più ristretti gruppi di controcultura. Gli Amebix tanto comuni non potevano essere. Al realismo lirico e all’ideologia del punk attorno preferivano immagini evocative, allegorie e una tendenza a scavare più sotto, sotto il piano del materialismo. I due Miller pare fossero infatti anche piuttosto addentro a pratiche esoteriche e occulte, anche queste viste come percorsi per la vera liberazione dell’individuo. Rivela di recente The Baron in un’intervista:

(…) ho trovato il tempo per approfondire alcune delle questioni più esoteriche e filosofiche. Sia io che Stig eravamo cresciuti in una famiglia in cui si discuteva di queste cose abbastanza apertamente, quindi questo ci ha influenzati fin da piccoli.

Stig invece in un’altra intervista del 1988 spiega:

Le nostre canzoni parlano della vita, della morte e di tutto ciò che sta nel mezzo; alcune sono un po’ esoteriche e riguardano il potere che è in ognuno di noi e come attingere ad esso.

E quindi non ci stupisce trovare nel suono di Arise!, caotico, barbaro, recalcitrante, anche una certa profondità abissale, rara, rarissima in dischi punk, almeno fino ad allora. Ma ecco che forse è il caso di mettere da parte le categorie, perché pretendere che attitudine, idee, suono, testi e canzoni di Arise! coincidano con una definizione soltanto non avrebbe granché senso. Coi nove brani che lo compongono è facile sentirsi trascinati per i capelli in un universo barbaro, eppure realissimo, tra fobie e terrori. E anche dentro una singola canzone ci sentite una combinazione di elementi eterogenei che parrebbe quasi una costruzione postmoderna, fosse uscita oggi. E invece Arise! è del 1985, di pochissimo successivo alle uscite dei riferimenti più ingombranti.

Rispetto ai contemporanei, non credo sia una blasfemia particolarmente imperdonabile spingersi a dire che sono tra quelli (insieme a Bathory, Celtic Frost e altri) che all’epoca stavano contribuendo a definire il nostro concetto di musica estrema. Brani come Spoils of Victory e Slave, per suono, dinamiche e cupe dissonanze, non ci vuole chissà che fantasia per accostarli a quanto stavano facendo proprio gli svizzeri di Gabriel “Warrior”.

Più facile e scontato elencare le influenze che gli Amebix hanno avuto, trasversalmente, sulla generazione (di poco) successiva. Bolt Thrower, Napalm Death, Carcass, Cathedral e Godflesh, Sepultura, i Winter di Into Darkness (che il nome l’hanno preso proprio dal singolo degli inglesi del 1983), i Neurosis. Decine di gruppi che tra fine ’80 e inizi ’90 per plasmare il loro suono hanno aggiunto alla ricetta una certa dose di Amebix. Più recenti l’omaggio degli enciclopedici Darkthrone, che si sono dichiarati loro fan (come forse di qualsiasi gruppo abbia pubblicato un disco estremo negli anni ’80, ok…), una cover dei Cult of Luna, una collaborazione tra Rob Miller e gli At The Gates. Insomma, come disse Ciccio, gli Amebix sono “uno di quei gruppi che inizi a sentire dappertutto”, in frange di post metal, di black metal, di doom metal, di death metal, di crossover metal, di epic metal. Un’influenza mostruosa per un gruppo “punk”. E certo non abbiamo nemmeno menzionato tutta la scena crust punk che, appunto, per decenni ha proseguito (chi più, chi meno) la strada tracciata (anche) dagli Amebix. Giusto, ci terrei a menzionare i nostrani (e mostruosi) Contropotere.

Questa è l’eredità lasciata da un disco, Arise!, che, forse più del succesivo Monolith (comunque, altro capolavoro), ha seminato il caos anche oltre la cortina che separa (o separerebbe) il punk dal metal e che non ha ancora smesso di diffondere bagliori di luce scurissima. (Lorenzo Centini)

3 commenti

  • Avatar di Old Roger

    Boia che ricordi….da giovincello Thrasher , cominciai ad esplorare il lato punk del genere e la frequentazioni di giri anarco , più o meno insurrezionalisti , mi fece approdare agli Amebix( tra gli altri) Con cui condividevo la disistima per l’anarco-punk clericale e freakttone degli Hippies fuori tempo massimo come i Crass e la loro corte

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  • Metallaro scettico
    Avatar di Metallaro scettico

    bellissimo articolo, complimenti!

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  • Avatar di Cpt. Impallo

    Eccellente articolo.
    I Contropotere sono il primo gruppo a cui penso se sento “sottovalutato”. Erano e sono tuttora avanti di secoli.

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