DEFTONES – private music
private music arriva a ben cinque anni dall’ottimo Ohms, uno dei dischi del 2020 e tra i migliori dei Deftones del periodo successivo a quel White Pony che, personalmente, reputo una sorta di totem inarrivabile e uno dei migliori dischi in assoluto degli anni ’00. Ed è un album che, con il passare dei tanti ascolti che merita, mi ha colpito particolarmente, in quanto lavoro di “conferme” e di “smentite” sulla concezione che ho sempre avuto della band di Chino Moreno e soci. Conferme, in primis, dell’impareggiabile capacità dei Deftones di scrivere brani di un certo livello, ben al di sopra della media di gruppi dello stesso ambito, soprattutto dopo decenni di attività: non hanno mai scritto un brutto album, non ne sono proprio capaci e in ogni nuovo lavoro è presente una manciata – quantitativamente variabile – di brani da potenziale greatest hits. Smentite per due ordini di motivi: il primo perché, negli ultimi anni, i loro album migliori sono quelli che non mi colpiscono sin da subito, mentre quelli che di primo acchito mi sembrano clamorosi (l’omonimo, Koy No Yokan, Gore) sono finiti per diventare quelli che apprezzo di meno. Il secondo perché, guardando alla discografia dall’omonimo in poi, c’è sempre stata un’alternanza: un disco più riuscito/uno meno riuscito, con una cadenza perfetta.
private music annienta questa tradizione, perché non solo colpisce al cuore fin dai primi ascolti e continua a crescere andando avanti, ma si pone sullo stesso elevatissimo livello di Ohms risultando, in alcuni momenti, addirittura superiore, raggiungendo quasi Diamond Eyes che, per quanto mi riguarda, è il “canone” dei dischi dei Deftones degli ultimi due decenni. E il bello è che lo fa continuando a cambiare pelle, pur rimanendo coerente con lo spirito che ha sempre contraddistinto la carriera del gruppo di Sacramento. Volendo trovare dei facili termini di paragone, si potrebbe dire che la decima fatica dei Nostri sia un punto di incontro tra l’aggressività di Around the Fur e le melodie di White Pony, ma una tale definizione non renderebbe giustizia ad un lavoro così sfaccettato e ricco. Se l’iniziale e primo estratto my mind is a mountain, infatti, esemplifica alla perfezione tale paragone grazie a un’ostentata “pesantezza” dei riff che si uniscono alle aperture melodiche di Moreno, questa “doppia anima” si arricchisce di brano in brano aggiungendo sempre qualcosa di più.
E così, tra composizioni che alternano momenti più tirati ad altri melodici, come l’ottima locked club, con un testo che è quasi una rivendicazione di appartenenza, e la fantastica ecdysis, quasi un ponte tra passato e presente, i Nostri riescono anche a osare qualcosa di relativamente nuovo. E forse è proprio in questi momenti che private music si eleva rispetto agli ultimi album, come accade nella ballata romantica con un’atmosfera dream pop di i think about you all the time, o in souvenir, brano più lungo dell’album, che partendo da atmosfere à-la White Pony diventa sempre più rarefatto, fino a culminare in una coda ambient. Ma si tratta di un disco che non finisce mai di sorprendere, come nella cla-mo-ro-sa infinite source, capolavoro dell’album e brano che oggi gli Smashing Pumpkins (da sempre un’influenza per i Deftones) farebbero carte false per scrivere. L’influenza del gruppo di Billy Corgan fa capolino anche in alcuni riff del secondo singolo, dal titolo esilarante, milk of the madonna, brano che introduce la parte finale dell’album in cui i Nostri tornano a graffiare con una foga che riporta al passato remoto (la parte rappata e i riff stoppati di cut hands e nella successiva, notevolissima, metal dream), per poi placare i propri demoni nella conclusiva departing the body con il suo incipit quasi tooliano e un Moreno crooneristico, inizialmente irriconoscibile, che regala una prestazione maiuscola su tutto l’album.
Segni inequivocabili di una band che, pur restando fedele a sé stessa, non rinuncia mai a cambiare pelle, come il serpente raffigurato in copertina, pubblicando un album personale, estremamente ricco ed emozionante, senz’altro una delle migliori uscite del 2025 e conferma un motto che continua a risultare attuale dopo decenni: Deftones, sempre! (L’Azzeccagarbugli)



Nessun momento debole, qualità enorme dall’inizio alla fine. Disco per me eccezionale. E non sono un loro fan.
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Gran bella recensione per un grande album. Sono d’accordo, colpisce a primo impatto e cresce ogni volta che si scoprono tutti i dettagli meno “evidenti”. È una sorta di bignami del suono Deftones: come se avessero letto nella mia mente quando penso a come suonano le loro canzoni, senza focalizzarmi su una in particolare.
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Più lo ascolti più lo apprezzi,nulla da aggiungere.. Grandioso.
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