In Nomine Doomini: …quand’ella altrui saluta (speciale, parte II)

Seconda parte di questo speciale/crossover tra NWOTHM e doom. La parte doom, oggi, anche se tra gaze, epic e stoner l’ortodossia oggi non è proprio di casa. Partiamo dai germanici DAEVAR, sui quali io avevo scommesso. Mi piaceva che riprendessero il fantasma dei Windhand, come facevano agli inizi dei nostri compatrioti che poi la propria quadra l’hanno trovata eccome. I Daevar l’hanno cercata nello shoegaze sognante, quindi uscendo un po’ fuori dal doom ed andando in direzione doomgaze, come del resto hanno fatto tanti altri. I Daevar, con Sub Rosa, terzo disco, riescono a dire qualcosa di personale? A mio avviso mica tanto, è già mi chiedo che mossa sia intitolare un disco con praticamente il nome di una band che un po’ faceva quella roba lì, ma molto, molto meglio. Ai tre teutoni (la cantante Pardis Latifi è persiana di origine) non mancano mezzi e convinzione. Manca la capacità di tirare fuori o una melodia fatta e compiuta o un’atmosfera ammaliante, totalizzante. Resta un formato canzone se vogliamo un po’ grunge, con suoni doom e vocalizzi eterei e svenevoli.

Non è brutto, Sub Rosa, anzi. È un po’ qualunque, e ammetterete che in certi momenti essere qualunque anziché brutti è peggio. La strada ormai è quella e mi pare che si siano messi in un vicolo cieco, dopo tre dischi (tutti brevi). Musica che in un qualche stato di quasi alterazione, tipo già qualche birra, e ascoltata dal vivo, può coinvolgere. Su disco è una successione di melodie incompiute e di ih-iii-eh-eeee-oh-ooo che smaronano. E la chitarra mai che facesse qualcosa di “diverso”, un arpeggio, una frase. Assoli pochi e banali. Ne arriva uno in Mirrors, ma mi indispone. Noiosi, molto noiosi i Daevar. Mi dispiace, ci contavo parecchio all’esordio. Vedrai che crescono, mi dicevo. E invece.

Davvero promettenti invece gli americani SERPENT RIDER, californiani pare, che esordiscono dopo un paio di Ep con un album intitolato The Ichor of Chimaera, agguerritissimo incrocio di doom epico e di heavy epico, quindi anche un po’ più spedito di quanto ci si aspetterebbe trovandoceli qua, ma sempre grave nel tono. Sepolcrale ma magniloquente. Diciamo che dovrebbero ingolosire chi ha apprezzato di recente Dolmen Gate e Stygian Crown. Io vi dico che li preferisco pure. Asciutti e concreti, canzoni anche lunghe ma con sviluppi incentrati su riff, belli, e melodie cineree. Zero orpelli, zero effetti. Seriamente epici.

A me The Ichor of Chimaera sta piacendo molto. R. Villar, la cantante, non ha chissà quale estensione, ma interpreta bene, senza fronzoli e zero svenevolezze. È brava, ma, se lei cresce pure un po’, questa rischia di diventare una band serissima già alla prossima prova. Sotto, gli altri sono già prontissimi, batteria pressante, chitarre giustissime e un suono vero, da metallo vero, anni ’80, perché spoglio, non perché ci sono effetti. Pezzi come Tyrant’s March sono manna per chi non vuole decidere tra doom ed heavy epico. E nemmeno deve farlo. Per chi rimpiange giustamente i Manilla Road ma non per questo rifiuta di ascoltare le “novità”. Per chi si è gasato con l’ultimo Smoulder. Radiant è già un pezzone, signori, e i Serpent Rider una band già serissima.

Arrivati all’esordio sulla distanza anche gli spagnoli CRUZEIRO, già firmatari di uno split coi nostrani Stryx. Stoner doom ortodosso e voce stregonesca. Formula consolidata (da altri) e da loro interpretata piuttosto bene. Competenti, il che è ok, ma anche energici, riff buoni, grassi e circolari e basso e batteria che fanno fare su e giù con la testolina. Beatrice Onyx è l’officiante, voce alta, acida, maledicente. Anche qualche sussurro inquietante, ma i volumi sono quasi sempre piuttosto alti.

Non inventano davvero nulla, i Cruzeiro, ma un brano come Ankh è costruito davvero bene. Col dialogo tra voce e chitarra, una chitarra anche abbastanza fantasiosa, e dinamica forte. Quando invece chitarra e voce si acquietano per qualche secondo emerge un basso spesso così, sacrosanta scuola Sleep. Altro brano forte Galaxies Waltz, con l’aria un po’ space e certe tendenze necro. Ma pure Velvet Heart, con quell’aria di quando lo stoner faceva viaggiare davvero. Hanno margini di miglioramento i Cruzeiro? Sì, ovviamente. Sicuro nella varietà delle linee vocali (con l’andare dei minuti la voce di Onyx pesa un po’) e dei brani. Hanno margini di miglioramento perché la materia già è buona, a tratti molto, e viene gola all’idea che cresca, al prossimo giro. Per ora un validissimo album “in stile”. Ma su di loro mi sento di scommettere per il prossimo turno. (Lorenzo Centini)

Lascia un commento