Make America blues again: SHOTGUN SAWYER – st

Ok, questo è Metal Skunk, mica Blues Skunk o qualcosa del genere, ma che ci devo fare, Shotgun Sawyer non me lo tolgo dalle cuffie. E mi sta facendo venire una voglia matta di trasferirmi in qualche zona rurale degli States e comprarmi un pick-up, di quelli vecchi. E di passare ogni sera allo stesso bar con le bandiere a stelle e strisce all’ingresso. Presto detto il perché: perché Shotgun Sawyer, terzo disco di/degli Shotgun Sawyer (solista o gruppo? Poi svisceriamo) suona come un Classico. Perché suona classico, di Delta Blues elettrificato parliamo. Nulla di nuovo da inventare, nulla che non esistesse già prima del 1970 o poco più in là. Essenziale, giusto un po’ di slide e armonica a bocca. Il resto è chitarra elettrica e grassa (un gran bel tocco) e un basso e una batteria che sanno il fatto loro. Tipo che quando c’è il bisogno si serrano come Jones e Bonham, dagli stili secondo me ripresi in maniera piuttosto esplicita nella ritmica di Hopeless, di questo disco qui. Nove tracce di blues dicevo, ok, e di rock’n’roll. Sia quello classico, quello degli anni ’50, riaggiornato solo un poco in Bye Bye Baby Boogie (roba da incendiare letteralmente la pista da ballo del Summer Jamboree), però pure quello proto-stoner di gemme nascoste nei menadri del rock dei primissimi ’70 (appunto). Esemplare Isildur’s Bane, nome tratto da Tolkien e suono stoner-blues grasso, fangoso, ma che a un certo punto si libera dalle melme per un viaggio veloce, psichedelico e pachidermico (sotto pare di sentire Bonham pure qua, il suo modo di punire la cassa con colpi duri e precisi).

In foto, in copertina, c’è una persona soltanto. Non si chiama Shotgun Sawyer (o magari qualcosa tipo Jessie “Shotgun” Sawyer), ma Dylan Jarman, californiano, nessuna pubblicazione prima di questo gruppo qui, secondo Discogs (questo comunque è il terzo disco, quello più riuscito e più blues rispetto agli esordi heavy psych). Voce e chitarra, come un bluesman che si rispetti, e, nonostante sia giovane, credo anche un bel po’, ci sa fare come un veterano, come uno che mastica pane e Muddy Waters da tempo immemore. Rende onore a The Sky is Crying di Elmore James, portandola nelle sessioni di registrazione di Led Zeppelin II. I due sodali (Cody Tarbel alla batteria e Brett “The Butcher” Sanders al basso), come mi pare di avervi già fatto capire abbastanza, fanno tutto il baccano che va fatto, solidi, precisi, profondi. Disco secco, essenziale, caldissimo. (Lorenzo Centini)

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