Arrivo giusto in tempo per l’inizio dei BLACK SATELLITE che entrano sulle note di un intro industrial quasi da colonna sonora cinematografica. La sala è ancora semivuota quando iniziano, ma ai ragazzi sembra importare relativamente, visto che entrano belli carichi e ce la mettono subito tutta. Autori di un unico album finora, il quartetto di New York propone un rock con tinte industrial bello intenso che ha aspirazioni da alta classifica, con dei bei break di doppia cassa che rendono il tutto gustosamente più ritmico. La cantante Larissa Vale tiene il palco alla grande, il chitarrista e il bassista si muovono molto dando dinamicità al palco. I pezzi sono molto orecchiabili e se vi capita di ascoltare il disco vi accorgerete che rimangono in testa immediatamente. Arriva poi il momento “cover della band di apertura che deve accattivarsi il pubblico”. Loro scelgono Sonne dei Rammstein. Fatta bene, personalizzata e coerente col set. Il loro concerto scorre via veloce e devo dire che mi hanno piacevolmente sorpreso. Magari servirebbe una chitarra in più, almeno dal vivo, ma già così spaccano. Bravi.

Black Satellite
Arrivano poi i MENTAL CRUELTY e la situazione si fa più pesante, data la partenza cattiva con un blast beat tirato. Suonano deathcore melodico e l’alternanza tra momenti epici e tremoli black metal rende la resa sonora ferocissima. Il gruppo è ben rodato visti i dieci anni di carriera e i quattro dischi alle spalle. Il cantante Lukas Nikolai, come d’altronde il resto della band, è tecnicamente molto preparato, e quello che mi stupisce sempre dei cantanti deathcore è la varietà di vocalizzi che riescono a fare. Il loro show si svolge con grande potenza e fino alla fine Lukas tiene il pubblico attivo e partecipe, tant’è che ad un certo punto parte un circle pit spontaneo nonostante ci sia ancora poca gente. Ultimo pezzo che inizia con un break di batteria devastante, foto col pubblico, urlo finale e saluti.

Butcher Babies
È ora il turno della terza band, i BUTCHER BABIES. Recentemente diventati un quartetto dopo l’uscita della seconda cantante, non ho mai ascoltato un loro disco, vi giuro, ma cazzo se spaccano dal vivo! Fin dal primo secondo sprigionano un’energia incredibile. Vista l’intensità con la quale suonano verrebbe da pensare che siano loro gli headliner della serata. Il palco è allestito con dei neon a terra che rendono il tutto molto più fico, facendo risaltare le sagome della cantante e dei musicisti con quell’effetto posa plastica che in questo caso però è visivamente molto efficace. Dosano con grande intelligenza momenti più rilassati a momenti più tirati. Heidi Sheperd, la cantante, chiede al pubblico di aprirsi, scende a cantare in mezzo al circle pit, incita, urla, ringrazia, insomma è una performer della madonna. Hanno preso tutti i presenti a pugni in faccia, un’esibizione devastante. Se passano dalle vostre parti andate a vederli. Vi assicuro che non ve ne pentirete.

Cradle of Filth
Siamo pronti ora per gli headliner
CRADLE OF FILTH, band per me mitologica, visto che il loro massimo picco compositivo corrisponde con la mia adolescenza e che quindi le loro canzoni hanno accompagnato le mie giornate per anni. Essere ad un loro concerto è, che so, come per un credente essere all’udienza con Peter H. Gilmore (chi è Peter H. Gilmore? Mi stupisco debba spiegarlo su queste pagine, ohibò!). Entrano i musicisti e arriva Dani Filth sulle note di
Existential Terror. Poi arriva
Saffron’s Curse da quel capolavoro di
Midian (uno dei tre album che ho dovuto ricomprare per averlo consumato troppo). La scaletta procede pescando qua e là ovunque dalla loro discografia con uno o due pezzi per album. Dopo circa un’ora escono per una pausa e a riempire la sala rimane
Creatures that Kissed in Cold Mirrors, dopodiché tutto si chiude con una sequenza da paura:
Cruelty Brought Thee Orchids,
Scorched Earth Erotica e, immancabilmente,
Her Ghost in the Fog. Gli anni saranno passati anche per Dani e soci, ma il loro è stato un concerto di tutto rispetto dove a farla da padrone, più che l’esibizione dei musicisti in sé, sono stati dei pezzi immensi che, piacciano o no, fanno parte dell’Olimpo del metal. La prova? Un ragazzino di massimo dieci anni sulle spalle del padre che cantava e alzava il braccio con le corna sui pezzi più famosi. Totale. (Luca Venturini)
Non avrei dato un soldo per i Butcher Babies.
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Gran concerto! A mio figlio (sulle mie spalle) è piaciuto tantissimo 🤘🤘🤘
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Allora mi sa che ho visto voi. Padre dell’anno!
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