Almanacco Gotico Italiano #6: quattro percorsi di hauntologia nostrana

Bollettino di informazione sul lato più oscuro delle uscite indipendenti nazionali – Foto di gotico_italiano

Piuttosto recente la nostra “conoscenza” con Eugenio Mazza, aka PAVOR NOCTURNUS, che l’anno scorso abbiamo incontrato in occasione del suo secondo album, intitolato allegramente Ecatombe. Recentissima invece la diffusione sul suo profilo Bandcamp (pubblica/produce/diffonde/spaccia l’ormai storica Dio Drone) dell’opera Liturgia Elettronica. Tranquilli: la musica non s’è fatta minimamente più serena o pacifica. Al contrario, il senso di tensione e straniamento è amplificato grazie all’uso, nel collage sonoro, di campioni di voci e strumenti di musica sacra, che, rimescolati e calcificati nella struttura sonora di base sintetica, paiono strane reminiscenze, fantasmi, spettri, vedete voi come volete chiamarli. Qualche scossa elettronica (non esattamente il mio campo) irrompe tra scenari lugubri che evocano messe sbagliate, riti ed esorcismi inquietanti. Dura poco più di mezz’ora, la messa. Ma anche se quel mondo fatto di droni, paesaggi sonori e taglia-e-cuci non è il vostro pane quotidiano, quand’è finita potrebbe capitare che non vi dispiacerebbe se ricominciasse da capo.

Vecchia conoscenza invece, direi quasi assidua, è il genovese REGEN GRAVES, mente oscura dietro quegli Abysmal Grief che a noi piacciono tanto tanto. Le atmosfere lugubri e macabre uno come Regen ce le ha nel sangue (e poi chiaro: è di Genova…), solo che non tutti sanno che in proprio si preoccupa anche di confezionare dischi di elettronica senza chitarroni né vocioni. L’ultimo arrivato, di quest’anno, ha un titolo, Ashes, di quelli che piacciono a noialtri. La musica, dicevo, è una dark ambient fredda, immobile. Cupa. Onde elettriche minimali senza nessuna voglia di cedere alla tentazione di rappresentare forme orrorifiche visivamente più accattivanti. Ortodossia elettronica e ambient. Molto suggestiva la copertina. Musica ideale per evocare i fantasmi nella stanza mentre fuori comincia a nevicare.

Nettamente più cinematografica la proposta dei milanesi LIQUIDO DI MORTE, che noialtri abbiamo mancato per poco in occasione della loro apertura alla data degli Sleep: space-post-rock che ha più di un contatto con quella strana scena che qualche anno fa chiamavano “italian occult psychedelia” e che qualche posto al sole sembrava essermelo guadagnato anche oltre i confini nazionali. ><, comunque si pronunci, è il nuovo disco. Come da copione, i rimandi all’immaginario “di genere” italiano di qualche decennio fa sono garantiti. Anche una generale cupezza, vista la ragione sociale, ma non moltissima, a dire il vero. Un po’ mi annoio e la monotonia delle strutture del post rock mi ammoscia. E non sento granché minaccia nel suono, quindi mi distraggo. Vuol dire solo che non fa per me, non che non siano bravi, nel fare quello che fanno. Sicuro piaceranno a più di qualcuno dei 24 Solitari lettori di MetalSkunk. E sicuro che le registrazioni analogiche (credo/spero) di Matteo Bordin agli Outside Inside Studio sono sempre una garanzia.

A proposito di italiani che trovano riscontro (anche) all’estero, controllando negli archivi di Metal Skunk, era dal 2014, dall’uscita di Kawax, che da queste parti non ci si occupava di LILI REFRAIN, romana di Roma, che da allora ha proseguito la sua carriera con dischi e tour ben al di là del raccordo anulare. L’ultimo, Mana, è del 2022 e ce lo siamo lasciati sfuggire. Ne hanno conseguito tour, immagino ben soddisfacenti, assieme a Heilung e Death Cult (i Cult prima dei Cult ma dopo i Southern Death Cult). In occasione della data britannica all’Hammersmith Apollo di Londra assieme agli scandinavi è stato ripreso questo live che ci offre l’occasione di tornare ad occuparci della talentuosa polistrumentista nostrana. Si intitola, giustamente, Live in London – Hammersmith Apollo ed è un bel compendio, breve, del meglio della sua discografia, con ovvio risalto dato all’ultimissima produzione. Sicuro contigua anche lei, anzi più, a quella strana non-scena di psichedelia occulta italiana, pare però ben internazionale nella proposta, che non mi sento di accostare troppo a quella sorta di moda viking-chic post (appunto) Vikings. Fa tutto da sola, loop su loop, canto su canto, e ne costruisce delle belle. Rispetto alle versioni su disco, queste qua guadagnano in tensione e soprattutto nel suono, beneficiando credo (ottima ripresa) dei riverberi della sala londinese. Pubblico rapito, cupezza ancestrale e semplice bellezza, pura, in più passaggi. Le potenzialità di Lili sono grandi e merita, merita davvero. Sicuro, per lo meno, di essere elencata tra il meglio della scena gotica contemporanea più libera dagli schemi, tipo Anna Von Hausswolff. Mami Wata prima è da brividi, poi si apre a scenari esotici. I Dead Can Dance sono davvero ad un passo. Terra 2.0 ha le chitarre, belle, tipo Emma Ruth Rundle (quando non se le dimentica a casa), ma più free form e meno introspettive. Earthling (terrestre) chiude drammaticamente. Non so se è ispirata al documentario quasi omonimo ma mi piace (si fa per dire) pensare di sì. Artista internazionale per davvero. (Lorenzo Centini)

Un commento

Lascia un commento