Si fa presto a dire NWOTHM: sei dischi da portarsi sotto l’ombrellone

Puntuali come uno speciale del TG sul caldo estivo (occhio agli anziani nei reparti frigo dei supermercati) son tornati i californiani HAUNT. In realtà Dreamers è di marzo, ma in California l’estate comincia prima. E quale miglior modo di riaprire gli ombrelloni dopo le piogge che parevano non terminare più che non con la solita playlist di “nuove” canzoni NWOTHM romanticamente malinconiche ed energiche? Perfettamente uguali a quelle dell’anno scorso e di quelli precedenti, come tutte le hit delle estati dovrebbero essere. La volta precedente ci chiedevamo se Trevor William Church stesse iniziando per caso ad indurire la proposta e a “modernizzarla”, e invece no: il singolo Send Me an Angel ha quei synth anni ’80 così synthwave (appunto) che è un attimo far partire poi il Dj set sul bagnasciuga, la sera. Tanto altro da dire non c’è in realtà. Se vi piacciono gli Haunt, anche senza distinguere i dischi, vi piace questo qua pure. Non li conoscete, partite pure da questo. O da qualsiasi altro.

Pare poi davvero il caso di occuparci del fiorentino ELLE TEA, one man band di metallo leggerino, positivo e sognante. Un poco epico. Al confronto gli Haunt sono i Pantera, ma l’accostamento ci sta. The Past from Which I Ran lo scambiereste in alcuni tratti facilmente pure per un disco indie coi riferimenti giusti. Non è nemmeno chissà che assurdità, già parlando dei Mega Colossus mi ero reso conto di come tanti gruppi della frangia più leggerina della NWOTHM in realtà stiano suonando pure altro, sotto sotto. E il nostro fiorentino? A me garba. Essendo lui in fissa col fantasy (si vede dalle copertine) mi piacerebbe avesse qualcosa di più epico, per davvero, non per forza più pesante. Essendo da solo, sarà pure un’autoproduzione, ma non mi pare suoni malaccio. In Memories I Roam è davvero un buon pezzo, con strofe emo in italiano e un arrangiamento aggraziato che giustifica la copertina fantasy. Non è detto faccia per voi, che di solito in media siete tutti dei cattivoni, ma ammetterete che, per mettere l’asciugamano in spalla e mettersi in moto per Follonica o Marina di Grosseto, Elle Tea va benone.

Per strada, diretti alla spiaggia, ci spariamo anche un bell’uno-due propinato dalla Dying Victims, benemerita etichetta cui quest’anno già dobbiamo gli esordi eccellenti di Coltre e Vendel, tra i tanti. Partiamo con gli ANGEL SWORD, tornando su lidi più metallici ed ortodossi, anzi, proprio priestiani. World Fighter ha una copertina che potrebbe piacere ad Elle Tea, ma le chitarre dei finlandesi son più rocciose. Leggiadria zero. Anzi, Weekend Warrior, che ci starebbe bene a rappresentare il disco, non solo per il titolo, ha ritornello che suona scoglionato come chi non vede l’ora di essere già in vacanza. Insomma, se avete voglia di metallo salsiccia e patate gli Angel Sword vanno pure bene. Cercaste qualcosa di diverso, un’atmosfera, una melodia sognante, una semplice evasione balneare, vi toccherebbe cercare altrove. D’altronde non si va mica in Finlandia per andare al mare. In questo caso, nemmeno per la musica.

Ancora scuderia Dying Victims, ma ci spostiamo in Cile coi LUCIFER’S HAMMER. Paese che l’estate può mettere d’accordo tutti davvero, il Cile, visto che è praticamente una catena montuosa che sta sul mare. Scegliendolo per le vacanze si risolverebbe l’annosa questione del dove è meglio passare le ferie. Il problema è che là l’estate è d’inverno… Comunque anche i Lucifer’s Hammer possono mettere d’accordo parecchi (non tutti), col nuovo album. Non perché viva di momenti e stili contrapposti, anzi. Be and Exist è semmai un compendio di NWOBHM media, scritta nella media, suonata nella media. Dischi del genere se ne sentono e se ne continueranno a sentire a decine e non c’è un momento particolarmente riuscito, in questo qui, più degli altri momenti. O più degli altri gruppi NWOTHM di fascia media. Però questi qui scorrono molto meglio dei finlandesi di prima. Vanno bene se ce li siamo messi sulla chiavetta USB in auto. Mentre si comincia a vedere la costa all’orizzonte, una bela galoppata fresca maideniana ci sta sempre.

Ci sono poi quelle brutte, bruttissime persone (lo so, son brutte ma ci sono) che non si recano alla spiaggia per godersi gli effluvi di creme solari e sudore, i rifiuti lasciati sulla sabbia e le grida di ragazzini simpatici come ulcere. Costoro invece usano le sdraio sotto l’ombrellone esclusivamente per recuperare le energie spese la notte precedente ad offrire (con successo o meno) le proprie affettuose attenzioni ad esemplari femminili di fauna preferibilmente bionda. Bene, costoro, benché deprecabili, dovrebbero godersi The Silver Key, il nuovo album (il nono) dei polacchi CRYSTAL VIPER. Benché li guidi la valchiria Marta Gabriel che bionda non è o non lo da a vedere. Comunque, da non confondersi con i/le Cobra Spell di Sonia Anubis. Solido, solidissimo heavy power europeo. Inni di quelli che guidano le truppe crucche corazzate non appena il loro signore feudale ordina loro di salire su di un low cost per andare a devastare isole greche e spagnole e contenderle ai cavalieri inglesi. Disco solido e rigoroso come da copione, dunque. Piaccia o meno lo stile. Inni fieri, originalità tenuta al minimo, produzione che un granello di polvere non ne senti. Si segnala la presenza di un fiero guerriero siculo/normanno, Giuseppe Taormina, alle sei corde. In conclusione, una cover di Gods of Thunder of Wind and of Rain sempre gradita, indipendentemente dal risultato.

Chiudiamo infine come abbiamo iniziato, con un gradito ritorno, quello degli indiani KRYPTOS. Che poi Bangalore, la loro città d’origine, sta proprio in mezzo alla penisola, equidistante dalla costa di ponente come da quella di levante. Insomma, dove vadano al mare i Kryptos non lo so, nemmeno se ci vanno (se vanno a Goa però me lo dicano, che ho pure un amico che mi ospiterebbe, credo), però l’effetto che fanno loro e le loro canzoni è sempre quello. Energico, rinfrescante. Di questo nuovo Decimator segnaliamo innanzi tutto che è stato registrato solo da due membri della formazione del disco precedente. Uno, il fondatore Nolan Lewis, chitarra e voce, mentre l’altro membro originario Ganesh K., per cui facevamo il tifo, non è più della partita. Segnaliamo poi la splendida copertina priestiana, un vero e proprio capolavoro di ortodossia che, rispettando in pieno tutti e cinque gli archetipi originali, vincerà senza dubbio alcuno il titolo di copertina più priestiana del 2024. E la musica, coerentemente, viaggia su quei binari lì. La voce di Lewis resta ruvida cartavetrata un po’ monotona, il lavoro delle due chitarre invece brilla ben bene. Offrono refrigerio nelle ore più tropicali dell’estate, come un lemon mint o meglio ancora come una birra tirata fuori dal congelatore un secondo prima di diventare ghiaccio. Al gusto mio, un buon disco dell’estate, o per lo meno il migliore di quelli del lotto di oggi. Ma si sa, quando si parla di estate è difficile mettere d’accordo tutti quanti. (Lorenzo Centini)

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