Elogio della bellezza: i trent’anni di Tales from the Thousand Lakes

Parlare a trent’anni di distanza di un capolavoro come Tales from the Thousand Lakes non è facile, almeno per me: si tratta di uno dei miei dischi della vita che praticamente non ho mai smesso di ascoltare da quando acquistai il digipak della Nuclear Blast (quello con la famigerata cover di Light my Fire, per intenderci).

Nel 1994 il metal estremo è in piena evoluzione: è l’anno d’oro del black metal norvegese che spazza via tutto e tutti, compresa la scena death americana dell’epoca che, di rimbalzo, inizia a soffrire di un’enorme crisi sia creativa sia commerciale. Allo stesso momento, nel Vecchio Continente si comincia a guardare al death metal sotto una nuova luce. il genere rischiava di accartocciarsi su sé stesso, e invece ricevette nuova linfa e soprattutto nuove influenze che andavano dal doom al progressive, il tutto con una dose di melodia sempre più presente col passare degli anni (mi vengono in mente Phlebotomized e The Gathering in Olanda, gli sfigatissimi Miscreant o Cemetary in Svezia ma mi fermo qui, sennò esce un listone infinito).

E poi ci sono questi giovani imberbi finlandesi dal nome Amorphis, che dopo l’ottimo ma più canonico esordio The Kalerian Isthmus tirano fuori il loro capolavoro dal titolo di Tales from the Thousand Lakes, una serie di racconti e leggende dalla terra dei mille laghi inspirati al poema epico del Kalevala. La band di Helsinki era all’epoca molto particolare, a partire dall’abbigliamento (camice di flanella e maglie indossate di gruppi che con la scena estrema non c’entravano un cazzo) per finire con la giovanissima età di alcuni membri: mi ricordo in particolare nel booklet la foto del tastierista Kåsper Martenson e sfido chiunque guardandola a dargli più di 16 anni. Ma ovviamente la protagonista principale resta la musica, e quella di Tales from the Thousand Lakes semplicemente ti entra in testa e non ne vuole sapere più di andarsene. Ho usato l’avverbio semplicemente perché, a contrario di quanto si possa pensare, trattasi di un disco semplice, suonato da ragazzi tecnicamente ancora acerbi, ma dove tutto si incastra perfettamente alla perfezione: death metal dai tratti melodici, chiarissime influenze doom, rimandi folk da togliere il fiato, uno dei più possenti growl della storia del death metal e le sporadiche ma sensazionali voci pulite della comparsa Ville Tuomi a farne da contraltare, con Esa Holopainen che sembra essere veramente baciato dalle divinità del Kalevala, visto che tira fuori un riff più bello dall’altro in un continuo dialogare con la ritmica ipersatura di Tuomi Koivusaari.

Scusate se sono ripetitivo, ma tutto è veramente perfetto dalla prima all’ultima nota, e a me vengono ancora i brividi all’ascolto del break centrale con voce pulita di Into Hiding, al ritornello di The Castaway, a uno dei migliori inizi della storia della musica (In The Beginning) o al delizioso tormento di Drowned Maid, la più tradizionale del lotto.

Tales from the Thousand Lakes per quanto mi riguarda resta ancora oggi uno dei migliori dischi di metal estremo mai composti. Spero per voi che lo abbiate scoperto all’epoca ma in caso contrario non è mai troppo tardi, visto che tra l’altro nell’edizione odierna trovate anche l’Ep Black Winter Day che nel suo piccolo è un capolavoro pure quello.

11 commenti

  • Avatar di Renny

    Concordo con ogni riga. Questo e il successivo ELEGY sono due capolavori , Colonna sonora di una parte della mia adolescenza

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  • Avatar di weareblind

    Parole santissime. Aggiungo che me lo trovai in un Juke-box al mare, andava a cd. Non vi dico la goduria, dopo un pop italiano qualsiasi arrivavo, mettevo su questi Amorphis, calava il gelo finale sugli astanti.

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  • Avatar di Mirko

    Per non parlare della copertina e del titolo che in me hanno sempre scatenato un fascino inspiegabile ed irresistibile

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  • Metallaro scettico
    Avatar di Metallaro scettico

    quanti ricordi… uno dei 10-20 dischi della vita

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  • Avatar di Fanta

    Agosto 1994, da qualche parte sul litorale laziale.
    Che c’hai di buono, roba recente?
    È uscito qualcosa di clamoroso per me. Non te lo saprei manco spiegare a parole. Li conosci bene gli At the Gates, me lo ricordo. Beh, hanno rilasciato un cazzo di EP clamoroso. Una cosa mai sentita prima. Immagina Raped by the light of Christ, ecco, da With Fear I kiss the burning Darkness. Come attitudine melodica. Ma poi c’è qualcosa di rivoluzionario a livello ritmico/melodico. E bellissimo. Te lo preso dai. Insieme al quarto disco degli Hypocrisy. Bello veramente anche questo.
    Beh, pure io ho qualcosa che ti devo fare sentire assolutamente. Non te lo posso prestare perché l’ho preso in affitto (in affitto, cazzo. Porco dio, che ricordi) in negozio e glielo devo restituire. Ma l’ho doppiato in cassetta su più copie. Si chiamano Amorphis, finlandesi. Per me hanno cambiato il modo di fare death metal, come gli At the Gates in un certo senso. Ma dentro ci sento i Paradise Lost. Sono lenti come loro. Hanno sentito Gothic e lo hanno piegato alle loro esigenze.
    Minchia mi stai incuriosendo.
    Ti ci aggiungo pure una cassetta di una band svedese simile. Sì chiamano Gorement.
    Porco dio. Che tempi. Un saluto con grandissimo affetto, al mio vecchio e perduto amico Damiano. Un giorno ci incontreremo ancora.

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  • Avatar di mark

    Gruppone e discone! uno dei pochissimi gruppi con suoni e melodie originali e inimitabili. Mi ricordo che all’epoca imparai un sacco di riff di questo disco, erano una figata pazzesca perchè facili, molto melodici, ma si vedeva che erano usciti da uno veramente ispirato. Quando li suonavi ti sentivi trasportato su una barca in mezzo ad uno dei mille laghi. A proposito, ma il chitarrista sarà mica parente del tastierista dei nightwsh, quello che sembra sandokan ?

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  • GIANLUIGI RUBINI
    Avatar di GIANLUIGI RUBINI

    Black Winter Day è la colonna sonora del filmato del mio matrimonio… Ho detto tutto

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