Bruce Springsteen and The E-Street Band @Barcellona – 22.06.2024

Dopo aver annullato le due date milanesi – e non solo – per essersi beccato una laringite a 74 anni, perché era rimasto due ore quasi a torso nudo sotto la pioggia e il vento inglese, non potevo aspettare un anno per rivedere Bruce Springsteen dal vivo, forse il più grande performer rock della storia. Quindi, dopo aver copiosamente bestemmiato per settimane, mi sono affidato a Viagogo, ai consigli di chi mi accompagnato, che ha esplorato il mondo e conosce tutti i trucchi del caso, e, dopo aver trovato l’unico concerto programmato di sabato, si è deciso che il 2024 springsteeniano sarebbe stato a Barcellona.

Per me è stata la settima volta, ma, come sa chi è stato ad un concerto di Springsteen, non ci si abitua mai. Perché non è solo un concerto: è una celebrazione, una festa, un film (perché le scalette ad un certo punto diventano quasi tematiche) e… una prova di resistenza, dato che le oltre tre ore di concerto che la E-Street Band regala ogni sera mettono a dura prova il fisico di chi è sul palco e di chi sta sotto.

E così, dopo aver girato in lungo e in largo la capitale catalana in una fresca e uggiosa giornata di giugno, arriviamo al villaggio olimpico di Barcellona poco prima dell’inizio del concerto: organizzazione impeccabile, file rapide, controlli cordiali e semplici. Un altro mondo.

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Lo stadio Olimpico del 1936 è molto bello e accogliente, il pubblico abbraccia tutte le età ed è carico (a differenza di quello di Monaco dell’anno scorso) e, nonostante la tendenza spagnola a parlare COSTANTEMENTE durante tutto il concerto, anche durante i pezzi più raccolti che richiederebbero un minimo di silenzio, ha accompagnato per le tre ore di concerto una E-Street band in ottima forma, con un Max Weinberg a dir poco sensazionale che sembra non soffrire minimamente il passare degli anni.

Descrivere un concerto di Springsteen senza cadere nella retorica non è mai facile: si tratta di rivivere i fasti di un passato che ovviamente non può essere più brillante come un tempo, sopperendo a naturali “cali” dovuti all’età, con personalità da vendere, un’intensità senza pari – tre ore e dieci senza pause – e tanto sentimento. Un sentimento che si percepisce sin dall’iniziale My Love Will Not Let You Down, capace ogni volta di scuotere chiunque e per chi scrive resa immortale dal finale di Ricki and The Flash (Dove Eravamo Rimasti), commiato di quello straordinario regista che era Jonathan Demme.

La scaletta ripercorre successi passati e recenti, ripescando dopo anni l’esaltante Lonesome Day, dando una scossa con il vero e proprio nuovo classico Ghosts, tratto dall’ultimo Letter to You, che ha infiammato le arene di tutto il mondo negli ultimi due anni e attingendo a piene mani da Born in the U.S.A., da cui vengono eseguiti ben sei brani, tra cui si segnala una sentitissima Bobby Jean.

In tutto questo, al di là del momento recital – davvero commovente e a cui non ci si abitua mai – composto dal dittico Last Man Standing/Backstreets dedicato allo scomparso George Theiss, ultimo membro rimasto in vita dei Castiles, prima band adolescenziale del Boss, la E-Street Band ha saputo regalare momenti di pura estasi anche a chi, come il sottoscritto, è ben rodato. In tal senso la doppietta di Nebraska composta da Atlantic City/Reason To Believe ha emozionato non poco, pur essendo eseguita nell’arcinota versione elettrica, la prima, e in una versione blues elettrica la seconda (già eseguita anche negli anni ’80 e molto vicina a certe atmosfere à la John Lee Hooker).

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E poi, all’improvviso, in mezzo a tanti classici, ad un’esaltante Wrecking Ball, alla solita messa soul di Spirit in the Night e alla necessaria The Promised Land, a distanza di venticinque anni dalla mia “prima volta”, ho finalmente potuto ascoltare dal vivo Racing in the Street, tra i miei brani della vita che ho accolto con sentita commozione e che ha “contagiato” anche chi era al mio fianco, per un momento che difficilmente dimenticherò finché campo.

Il resto è stata la solita, meravigliosa festa, con una Badlands che ha fatto tremare le mura dello stadio, una Radio Nowhere che dal vivo è davvero notevole e rodato, meraviglioso, tripudio di classici che accompagna la fine del concerto: da Thunder Road a Dancing in the Dark, da Born to Run a Because the Night, ovvero il miglior regalo che un artista abbia mai fatto ad una suo collega.

Si arriva al termine di questa celebrazione con le ossa rotte e il cuore colmo di gioia, la E-Street Band abbandona il palco e, come da tradizione degli ultimi anni, resta solo Bruce che, armonica al collo e acustica in mano, esegue la toccante I’ll See you in My Dreams, che resta uno dei suoi brani migliori degli ultimi trent’anni, e saluta il pubblico con una nuova promessa di ritornare presto – smentendo le voci di tour di addio –  ancora una volta.

Non c’è molto altro da dire: la solita lezione di come si sta su un palco e di come riuscire ad emozionare anche all’ennesima volta. Come fosse sempre la prima. (L’Azzeccagarbugli)

Scaletta:

01. My Love Will Not Let You Down
02. Lonesome Day
03. Ghosts
04. Darlington County
05. Working On The Highway
06. Radio Nowhere (with Jay Weinberg)
07. Atlantic City
08. Reason To Believe
09. The Promised Land
10. Spirit In The Night
11. Waitin’ On A Sunny Day
12. The River
13. Racing In The Street
14. Nightshift
15. Last Man Standing
16. Backstreets
17. Because The Night
18. She’s The One
19. Wrecking Ball
20. The Rising
21. Badlands
22. Thunder Road
23. Born In The U.S.A.
24. Born To Run
25. Bobby Jean
26. Dancing In The Dark
27. Tenth Avenue Freeze-Out
28. Twist and Shout
29. Glory Days
30. I’ll See You Iny Dreams

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