Rankarumpu, e si torna a grigliare coi Korpiklaani

Seguo la discografia dei Korpiklaani in diretta dal primo album e ho continuato ad ascoltare indefessamente tutti i loro dischi anche quando è diventato impossibile distinguerli tra loro. Oddio, magari un paio me li potrei essere persi, ma è difficile stabilirlo quando li confondi gli uni con gli altri, e i titoli tutti in finlandese non aiutano di certo. Questo Rankarumpu dovrebbe essere il dodicesimo full, non considerando i primi due a nome Shaman e la costellazione di singoli, canzoni estemporanee e cazzatine varie tipo le duemila versioni di Beer Beer in altrettante lingue. Il tutto in poco più di vent’anni, quindi perdere la bussola è molto facile. Tutto questo per dire che era dai tempi di Ukon Wacka del 2011 che un disco dei Korpiklaani non mi prendeva così bene nei primi ascolti. Non che mi stia andando a tatuare la copertina sul cuore, eh, ma ha alcuni momenti particolarmente riusciti, un bel tiro e non ti fa mai venire voglia di saltare al pezzo successivo. Negli ultimi anni Jonne Jarvela e compari mi erano sembrati stanchi, come se si stessero stiracchiando un numero limitato di idee per riempire quel disco da fare uscire obbligatoriamente ogni tre anni; qui invece mi sembrano quasi frizzanti e addirittura, in certi passaggi, mi verrebbe quasi da dire che si stiano divertendo. Eppure lo stile è sempre quello e il nucleo storico è sempre lo stesso, e gli ultimi innesti (batteria e violino) sono già in formazione da qualche anno. L’unica spiegazione è che fossero presi bene pure loro.

Sempre tenendo fermo il fatto che, come detto, lo stile ormai è quello da parecchio tempo, il presente Rankarumpu è avvantaggiato dal fatto di essere molto agile e non avere troppe pretese. I pezzi sono corti e immediati, dodici per neanche tre quarti d’ora di disco: qualche tempo fa avevano fatto una canzone da quasi dieci minuti, qua invece non c’è nulla di tutto ciò. I ritmi sono perlopiù uptempo veloci, specie nella prima parte dell’album; hanno sempre avuto pezzi del genere, ma era da un po’ che non costituivano l’ossatura principale di un loro disco, mi pare; e le cose migliori si trovano in questo sottoinsieme, soprattutto Aita e Saunaan. Verso la fine invece cercano di sterzare in direzione opposta, con le ultime due più lente ed evocative (e noiose). Rimangono alcuni problemi, in primis la produzione troppo leccata; del resto l’impostazione alla Nuclear Blast rimane sempre quella e di conseguenza cambiare produttore non ha mischiato troppo le carte in tavola. Poi, ma questo è abbastanza fisiologico, è scomparsa da anni la magia bucolica dei primissimi album, che veniva per inerzia dal periodo Shaman, ma a questo punto ricercare sensazioni del genere nei Korpiklaani del 2024 sarebbe anche piuttosto stupido.

Detto ciò, e specificando che le aspettative al riguardo erano bassine, Rankarumpu alla fine è divertente da ascoltare ed esce proprio al momento giusto, nella stagione delle grigliate. Per farvi un’idea potete comunque guardarvi i cinque (!) video che sono stati girati per il disco. (barg)

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