Il nuovo VULTURE è più affilato di un rasoio
E quindi, dopo aver superato la prova del nove (ma anche del dieci e dell’undici) con Dealin’ Death, che faceva bella mostra di tutte le sfaccettature del diamante Vulture, includendo techno-thrash, heavy metal classico, speed e chi più ne ha più ne metta, eccoci al successore. Riusciranno i nostri eroi ad alzare l’asticella ulteriormente?
La risposta, breve e concisa, è sì. Chi ha seguito la lavorazione di questo Sentinels e ne ha atteso l’uscita impazientemente avrà magari visto questo video in cui il gruppo mostrava varie fasi della registrazione, inclusi i problemi avuti con l’amplificazione analogica, che li hanno portati a ricorrere a simulatori vari. Questi però contribuiscono al risultato finale in maniera egregia: chitarre sempre taglienti come rasoi (mi spiace, niente fulmicotone), suoni vintage come si deve e voce riverberata che stavolta si avvicina più a Zetro Souza che al misto tra Paul Baloff e Schmier dei precedenti dischi.

Sentinels è un album della Madonna, proprio come lo era per esempio Pleasures of the Flesh decenni addietro. No, non ho paura del paragone. Di mezzo vi sono ere geologiche intere, generi spuntati fuori e scomparsi, evoluzioni varie, eppure scalda sempre il cuore vedere che l’amore per il caro vecchio thrash fatto comme il faut e lo speed metal probabilmente non morirà mai. E credetemi quando vi dico che, tra i nuovi gruppi, non c’è davvero nessuno al livello dei Vulture nel fare quello che fanno. Il modo in cui trattano le strutture dei pezzi, che può essere piuttosto complicato, con vari cambi di tempo e un riff migliore dell’altro, oppure i cori da battaglia indimenticabili che appunto ricordano le cose migliori degli Exodus, gli assoli bellissimi, le armonie… fate voi.
Dopo un ascolto il cazzo è già bello dritto. Dopo il secondo ascolto vi troverete tra gli scaffali del supermercato a scegliere la marca migliore di carta da culo mentre cantate, strillando con voce in falsetto REALM OF THE IMPALEEEER, e non c’è assolutamente nulla che potete farci. Va così.
Un’altra cosa che mi ha sempre forse reso di parte verso i nostri amici teteschi è che sono fissati con i coltelli. Stiletti, pugnali, mollette, serramanici, “bowies”. Ogni volta che c’è un’occasione di mettere una lama, sia una copertina, un inserto, una maglietta, loro la sfruttano. Ecco, io sono un appassionato di coltelli. Non ne ho tantissimi per la verità, ma mi piace comprare quelli artigianali e non, se di buona fattura. In Sardegna abbiamo una tradizione secolare di coltelli di tutti i tipi. Sono proprio belli da vedere, da usare quando si fanno le grigliate o per altre faccende. Ai Vulture piacciono i coltelli, quindi non posso che parlarne bene. È una cosa che mi ha sempre reso simpatici anche gli Exciter, al di là degli storici meriti dei canadesi.
Musicalmente diciamo che i teteschi qua si assestano più sulla ferocia dei ritmi pre-Dealin’ Death, regalandoci solo pezzi studiati fino all’ultima nota, senza riempitivi (le piccole intro ad alcune canzoni non contano) e aggiungendo maturità in una crescita qualitativa esponenziale che fa domandare cosa faranno la prossima volta, visto che sono uno di quei rari gruppi di cui si può dire che hanno davvero fatto sempre meglio di album in album.
Vabbè, dai, dimenticate cosa ho detto sui coltelli: i Vulture spaccano e basta. Non c’è bisogno di essere di parte per capirlo: basta avere le orecchie. (Piero Tola)


L’album è cazzutissimo. Mi piace moltissimo che hanno virato lo stile sulla cresta dell’altro progetto di Stefan Castevet, LUZIFER, adoro le composizioni di quest’album, la produzione, l’uso delle melodie, tutto al TOP
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Tutto chiaro, per carità, ma LE ASCE ERUTTANO RIFF SPACCAOSSA? E poi LA BATTERIA AVANZA COME UNO SCHIACCIASASSI?
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a me piace più pensare che sia TELLURICA la batteria
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… il pezzo qui sopra mi ricorda di brutto i Raven!!!
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Quell’articolo fu geniale.
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