Avere vent’anni: FROZEN SHADOWS – Hantises

Autori nel 1999 di uno dei rari dischi (Dans les Bras des Immortels) che più si sono avvicinati a In the Nightside Eclipse nel corso degli anni – senza arrivare allo stesso livello, ma che sia impossibile oramai è assodato – i canadesi Frozen Shadows avevano compreso che continuare a tentare di imitare l’irripetibile non aveva senso, e che sarebbe stato meglio dedicarsi alla ricerca di qualcosa di nuovo. Il risultato fu Hantises, un disco che sembra suonato da alieni venuti da un mondo avanti di almeno vent’anni, perché arrivati oramai al 2024 è proprio questo disco a non essere mai stato pareggiato, oltre ad essere a mio parere migliore di quanto fatto dagli stessi Emperor a partire da Anthems to the Welkins at Dusk in poi. Perché? A livello compositivo è intricato come mai sentito prima d’allora nel black metal, ha una varietà di soluzioni nelle partiture, negli stacchi, nei bridge, nei moderati inserti di tastiere che sorreggono il riffing e non lo soverchiano, ma soprattutto è tenebroso, intimorente e glaciale a un livello al quale nemmeno gli Emperor sono arrivati quando hanno virato sul black metal tecnico.

Suonato da musicisti in possesso di una tecnica strabiliante (ascoltate attentamente il batterista Melkor, i trick che s’inventa e la disinvoltura con la quale prepara ed esegue ogni stacco: cito una per tutte Battered Souls, ma suona tutto l’album in questo modo; io l’ho sempre ritenuto superiore a Trym e secondo solo ad Alsvid dei Seth), in grado di eseguire con precisione assoluta le trame delle chitarre quasi atonali, dipingendo riff dalle melodie arcane, non immediate, lontanissime dal catchy, dall’usa-e-getta che non impegna fino al prossimo disco. Hantises è complicato quanto, giusto per fare un paragone con qualcosa di metal estremo noto ai più, Time Does Not Heal dei Dark Angel: si perde il conto a tentare di individuare quanti riff ci siano in questi 50 minuti, solo che questo è un disco di black metal, e pure di quelli tosti.

Myrkhaal

L’impressione di violenza celata nei meandri più inaccessibili, sebbene pronta a dilagare per spazzare via ogni forma di vita sul pianeta, è impagabile; tuttavia ciò viene proposto in un formato diverso da quanto si era potuto sentire in precedenza, formato forse mai replicato perché quattro musicisti in grado di suonare i loro strumenti in questo modo, coesi ed armonizzati con l’obiettivo di comporre qualcosa che sarebbe passato alla storia, non si trovano di frequente. Non se ne trovano mai, è quello il punto. Hantises non ha mai avuto un seguito. Penso che anche loro stessi abbiano ritenuto che sarebbe stato impossibile migliorare ulteriormente, di conseguenza i Frozen Shadows cessarono di esistere dopo poco tempo, e forse è meglio così. Non puoi scalare l’Everest a mani nude per poi morire su una collinetta andando a funghi. I vari componenti hanno lavorato con altri progetti di alto livello, ma il picco dei Frozen Shadows è rimasto inviolato, soprattutto il cantante Myrkhaal si è dedicato unicamente alla sua label Sepulchral Productions, i prodotti della quale, nella celeberrima quanto vituperata scala da uno a dieci, si collocano tutti oltre l’8. I canadesi sono sempre stati un passo avanti, in ambito black metal. Ascoltate Hantises con attenzione, vi farà rivedere alcune vostre certezze. (Griffar)

Un commento

Scrivi una risposta a Luca Helloween Cancella risposta