Thrash abbaiato (letteralmente): CRITICAL DEFIANCE – The Search won’t Fall
Il nuovo Critical Defiance è un evidente salto di qualità per quel che riguarda i suoni e il processo compositivo. In un certo senso è tutto quanto migliorato, e The Search Won’t Fall funge da punto di rottura con una fase della loro carriera che adesso possiamo tranquillamente etichettare come acerba. In realtà la stessa cosa si poteva affermare a riguardo di No Life Forms, il secondo e bellissimo disco in studio dei thrasher cileni. Che cosa è cambiato allora?
Innanzitutto i due chitarristi di ruolo. Stabile in formazione rimane Felipe Alvarado, unico reduce delle primissime annate, chitarrista, compositore e cantante dei Critical Defiance. Al suo fianco le sei corde hanno ora nuovi padroni e i loro nomi corrispondono a Mauricio Toledo e Nicolas Young. Quando attui una simile rivoluzione all’impalcatura del gruppo è chiaro che non tutto potrà suonare coerente col recente passato.
Il cambio di produttore è un altro perno della suddetta rivoluzione. Sebastian Palominos, che, scorro fra il suo curriculum, risulta aver lavorato con i Supreme Gore Delicatessen (!!!), ha svolto un lavoro egregio e al contempo innovativo. I Critical Defiance hanno rinunciato al loro suono scarnificato degno della seconda metà degli Ottanta in favore di una forma più corposa, ma non per questo plastificata.

Dal comparto sonoro emergono alcuni tratti distintivi che non posso affatto trascurare. Da una parte Nicolas Young è certamente un grande appassionato di hard rock: Absolut è fortemente debitrice degli anni Ottanta e l’attacco di Long Distance pure, almeno finché non vira ai confini del black metal, con un incedere che si fa più estremo man mano che si avvicina alla conclusione. Dall’altra, appunto, l’istantanea (quarantaquattro secondi netti) All the Powers e i blast beat annessi sono la certificazione che i Critical Defiance non suonano semplicemente un thrash alla Kreator (Terrible Certainty e non oltre) amplificato da una chiarissima vena tecnica – conferitagli tuttalpiù dalle capacità del bassista Ignacio Arevalo – ma lo hanno rimpinguato di metal estremo restando entro i limiti da noi tollerati.
Il pezzo forte è la title track. Attacco con arpeggio e armonizzazioni alla Metallica, anzi alla …and Justice For All, che apre a una melodia ampiamente europea e a un riff nel ritornello che terrei come suoneria del cellulare, se solo una pennata del genere si potesse ben distinguere su certi dispositivi. Il resto del disco è di amabile fattura eccezion fatta per qualche strumentale di troppo, su tutte Bulldog, in cui, non l’avreste mai detto, si sentono abbaiare dei cani un attimo primo dell’assolo di chitarra. Perché l’avete fatto? Che genere di problema vi affliggeva quel giorno? Ve l’hanno avvelenato al parco con polpette piene di chiodi e ratticida?
In sostanza li preferivo prima, un attimo prima. Meno giocati sui contrasti, meno rockettari da una parte ed estremi dall’altra, tant’è che questo binomio ce lo sorbiamo un po’ dappertutto oggigiorno. E più dritti, ottantiani, come oggi li godiamo nella suite Critical Defiance, che chiude dignitosamente il lavoro non appena decide di partire in sesta marcia. E più generalmente li preferivo come avevano suonato in No Life Forms, con quel thrash metal eccellente che ancora oggi ben ricordo: The Last Crusaders e Dying Breath erano due canzoni incredibili.
Buon ritorno per i Critical Defiance, con due capaci chitarristi nuovi in formazione e una vena melodica e sonora che certamente ho apprezzato. Ma che non preferisco a quella appena passata. Bene così, ma con qualche modifica potrebbe andare ancora meglio. A proposito: mica vi riferivate a quegli scorreggioni asmatici dei bulldog francesi? (Marco Belardi)

